Un dipendente di Twitter zittisce Trump per 11 minuti, bloccando il suo account
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Un dipendente di Twitter zittisce Trump per 11 minuti, bloccando il suo account

Il social network aveva addebitato inizialmente il black out ad un errore, ma è stato costretto ad ammettere che si è trattato di un sabotaggio

L'account Twitter di Trump
L'account Twitter di Trump
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3 Novembre 2017 - 10.58


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E’ come se, ad un bimbo, togliete l’uso del ciuccio per undici minuti; come se ad un appassionato delle due ruote, mentre è al massimo della velocità, sfilate da sotto la moto o la bicicletta; è cose se togliete ad un astronomo il cannocchiale o ad un musicista il suo strumento. Ecco, bisogna pensare a questo per capire come si è sentito il presidente Trump quando, per undici minuti, per lui lunghissimi, interminabili, è stato privato dell’estensione in termini di comunicazione del suo cervello, Twitter.
Il buio di undici minuti di Twitter non è stato conseguenza, come pure il social network aveva tentato di accreditare, di un banale errore, ma dell’azione volontaria di un dipendente che, prima di lasciare definitivamente il suo posto di lavboro, ha pensato bene di colpire ed affondare il giocattolo comunicativo del presidente americano.

Così, tutti coloro che per lavoro (giornalisti), per mandato (uomini politici, americani e no) o per curiosità (il resto dell’umanità Internet-dipendente) cercavano di accedere all’account “@realDonaldTrump” si trovavano davanti ad un messaggio inequivocabile, “sorry, that page does not exist” (“spiacenti, la pagina non esiste).
Una cosa del genere nel titolare di un account genererebbe, nella quasi totalità di casi, sorpresa e qualche protesta, timida e garbata, nei confronti del social network.
Non vogliamo nemmeno pensare cosa sia accaduto, in termini di perturbazione atmosferica tendente alla tempesta, nella testa di Trump, momentaneamente privato dello strumento per comunicare che ha scelto come preferito.
L’ipotesi che l’accaduto fosse conseguenza di una attacco messo in atto da un hacker ha perso di credibilità quasi subito, come l’altra secondo cui l’account Twitter tra i più seguiti al mondo (quasi 42 milioni di follower) potesse essere stato sospeso da Twitter  per motivi ignoti. Poi la spiegazione di un ”errore umano”, subita sostituita con un’altra, quella vera: l’account era stato disattivato ”da un dipendente di Twitter addetto al servizio clienti che ha agito nel suo ultimo giorno di lavoro”. Per quali motivi non è dato ancora sapere, ma in breve, una volta chiarito il mistero, ”l’uomo che è riuscito a zittire, anche se solo per undici minuti il presidente più ciarliero della storia degli Stati Uniti”  è stato per molti un eroe civile. 
Possibile, si sono chiesti in tantissimi, che tutto abbia come responsabile un dipendente arrabbiato? Certissimo, certo, forse, si sono detti in molti pur avendo qualche difficoltà a pensare che l’account non di un Pinco Pallino qualsiasi, ma del presidente degli Stati Uniti, non abbia una soglia superiore di sicurezza rispetto agli altri e possa essere cancellato da un clic di una singola persona, peraltro un quadro, non un dirigente come sarebbe naturale, visto di chi si sta parlando.
Comunque, Donald Trump ha superato benissimo la prova degli undici minuti di ‘black out’ sparando messaggi a raffica svariati argomenti: fisco, finanziamneti della campagne elettorali, lJames Comey. Ah, dimenticavamo, attaccando i media a lui ostili.

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