Uno scontro tra esaltati. Il dittatorello nord-coreano con il suo apparato di propaganda da museo delle cere e il miliardario xenofobo che conosce solo la prepotenza: Donald Trump mostra i muscoli a Pyongyang, col Pentagono che invia alcuni caccia bombardieri in volo sopra i cieli vicino al confine con la Corea del Nord.
L’operazione – ha spiegato il dipartimento alla difesa Usa – «è per dimostrare che il presidente Usa ha molte opzioni militari per sconfiggere ogni minaccia».
Nelle stesse ore la Cina ha tagliato l’export di greggio e azzerato l’import di tessile dalla Corea del Nord, attuando le ultime sanzioni dell’Onu decise poco più di una settimana fa in risposta al potente test nucleare di Pyongyang del 3 settembre. Quasi una mossa a tenaglia per neutralizzare le minacce di Pyongyang.
La decisione di Pechino è stata accompagnata per diverse ore dal “giallo” del sisma di magnitudo 3,4 con epicentro vicinissimo al sito nucleare delle detonazioni di Punggye-ri: la China Earthquake Networks Center ha parlato di terremoto causato «da esplosione» correggendosi in tarda serata, mentre la Korea Meteorological Administration a Seul ha sposato la «causa naturale».
Quanto basta per moltiplicare le ipotesi di un’azione del leader Kim Jong-un anche contro Pechino, a stretto giro dalla minaccia di esperimento di bomba all’idrogeno nel Pacifico.
La Ctbto, organizzazione che monitora i test nucleari e promuove la ratifica del Trattato sullo smantellamento degli arsenali atomici, ha invece definito, dopo le relative verifiche, «improbabile che (le scosse) siano state causate dall’uomo». Il Ctbto ha individuato due scosse, di cui la più forte con similitudini tra sisma “da collasso” di magnitudo 4,1 seguito al test nucleare del 3/9 e quello di oggi di 3,4.
L’ipotesi di detonazione atomica è tra le opzioni possibili nel durissimo scontro, sfociato negli insulti reciproci, tra Kim e il presidente Usa Donald Trump. Parlando in Alabama, il tycoon ha rincarato la dose dicendo che il mondo non può «avere un piccolo pazzo che spara missili sugli altri. Qui stiamo parlando di armi di distruzione di massa e non possiamo permettere che qualcuno metta il nostro popolo in pericolo». E dalle parole, il presidente è passato ai fatti: una flotta di bombardieri B-1B Lancer è stata scortata da alcuni caccia F-15C fino a ridosso del confine della Corea del Nord e il sorvolo è avvenuto sopra le acque internazionali. «Quello inviato è un chiaro messaggio» a Pyongyang, ha dichiarato il Pentagono. Il portavoce del dipartimento alla difesa Usa ha sottolineato «la serietà con cui gli Stati Uniti prendono i comportamenti sconsiderati della Corea del Nord».
Non si tratta della prima dimostrazione di forza da parte degli Usa nelle ultime settimane, mentre al confine con la Corea del Nord sono in corso esercitazioni congiunte Usa-Seul.
«Le parole incoscienti e violente di uno chiamato presidente degli Usa hanno indignato il popolo nordcoreano», ha ribadito il ministro degli esteri nordcoreano Ri Yong-ho all’assemblea generale dell’Onu a New York, rilevando che «anche Trump è in missione suicida: se dovesse succedere qualcosa al nostro popolo le conseguenze saranno oltre ogni aspettativa». E a Pyongyang oggi circa 100mila persone, secondo i media ufficiali, si sono radunate in piazza Kim Il-sung, tra slogan e striscioni del tipo «tuoni nucleari contro gli Usa».
Quanto alle sanzioni, la mossa della Cina, se attuata fino in fondo, potrebbe essere salatissima per Pyongyang: l’export di prodotti raffinati saranno limitati a 2 milioni di barili annui e la vendita di gas liquefatto bandita con effetto immediato. Lo stop all’import di tessile, tra le voci principali dell’interscambio con Pechino, vale il 90% dei flussi totali di Pyongyang.
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