Una cosa di può dire: in Iraq l’Isis è un po’ come è stato Gheddafi in Libia. Tutti uniti contro di lui, ma un minuto dopo la sua morte tutti divisi su come governare il paese.
Una dinamica simile ora che curdi e sciiti-iracheni cominciano a litigare su chi e come si gestirà il dopo Stato Islamico.
Infatti mMentre sembra avvicinarsi l’offensiva per strappare Mosul all’Isis, imperversano in Iraq le polemiche sul futuro di questa città multietnica, la seconda più grande del Paese.
Antony Blinken, il sottosegretario di Stato americano per il Medio Oriente, ne ha discusso in questi giorni con le autorità di Baghdad e quelle curde durante una missione in Iraq, accompagnato dall’inviato della Casa Bianca per la Coalizione anti-Isis, Brett McGurk.
Un rappresentante del governo della regione autonoma del Kurdistan, Falah Mustafa, ha detto che durante un incontro con il presidente curdo Massud Barzani, Blinken ha assicurato che gli Usa “sono favorevoli alla partecipazione delle milizie Peshmerga all’offensiva ma si oppongono a quella delle forze degli Hashid Saaby”. Cioè le milizie di volontari anti-Isis sciite.
Nelle ultime settimane il primo ministro iracheno Haidar al Abadi aveva invece affermato che al contrario i miliziani curdi non sarebbero dovuti entrare a Mosul, ma quelli sciiti avrebbero potuto partecipare all’offensiva.
Al che il governo curdo ha risposto che i Peshmerga continueranno la loro avanzata, e poi non si ritireranno dalle aree conquistate anche al di fuori della regione attualmente sotto amministrazione curda, laddove sia presente una popolazione curda. Come è il caso di Mosul.
Curdi e sciiti già litigano su chi governerà Mosul dopo la caduta dell'Isis
Gli Usa non vogliono le milizie nell'offensiva militare ma Baghdad non vuole i peshmerga
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16 Settembre 2016 - 11.16
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