Europa, l'anno della crisi
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Europa, l'anno della crisi

Un'inchiesta dell' "Economist" prevede un 2015 segnato dall'affermazione dei movimenti popolusti e di sinistra,a partire dalla imminente vittoria di "Siryza"

Europa, l'anno della crisi
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22 Gennaio 2015 - 09.59


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Secondo l’ “Economist Intelligence Unit (FHE)” quello che si è appena aperto sarà un anno di disordini politici in Europa, scrive Mike Wooldridge della BBC.L’ascesa di partiti populisti potrebbe portare alla loro vittoria alle elezioni ed a coalizioni finora poco inimmaginabili fra i partiti tradizionali che si sono alternati al potere negli ultimi decenni .

“Dove dovrebbero essere grandi idee al centro della politica europea c’è un buco profondo”, afferma il rapporto, l’affluenza alle urne semre più bassa per le elezioni e un netto calo del numero dei membri dei partiti tradizionali sono indicatori chiave di questo fenomeno.

Le elezioni parlamentari britanniche sono attese a maggio, e secondo il sondaggio degli esperti dell’ “Economist” il Paese è “sull’orlo di un periodo potenzialmente lungo di instabilità politica ” con una forte possibilità che le elezioni portino a governi instabili, in quanto il populista UKIP potrebbe portare via un gran numero di voti ai conservatori ad al Partito laburista. La frammentazione degli elettori, unita al sistema elettorale britannico, renderà più difficile la formazione di governo a partito unico che possa avere una maggioranza parlamentare.

Ma la più grande sfida politica e una sorta di test della popolarità del populismo in Europa, si svolgeranno con le elezioni greche. Le elezioni anticipate si svolgono domenica prossima e tutti i sondaggi mostrano che la vittoria potrebbe toccare a “Syriza”, partito populista di estrema sinistra.

Se “Syriza” riuscirà a formare un governo dopo le elezioni, causerà una scossa in tutto il continente e servirà da catalizzatore per sconvolgimenti politici anche in altri Paesi con effetti destabilizzanti in casa e nella regione. Quasi certamente porterà a una crisi nei rapporti tra Grecia e creditori stranieri, perché il programma di “Siryza” si basa sulla riduzione del debito,sostiene il rapporto.

“Un impatto prolungato delle turbolenze in Grecia potrebbe influenzare altri Paesi in cui quest’anno si tengono elezioni generali, e dove l’influenza dei partiti simili è destinata a crescere.” EIU prevede che in Danimarca, Finlandia, Spagna, Francia, Svezia, Germania e Irlanda le prossime elezioni potrebbero portare a risultati imprevedibili, e a questo elenco si può aggiungere liberamente la Croazia, dove le liste indipendenti attirano di più gli elettori.

Il comune denominatore in questi Paesi è la crescita dei gruppi , populisti con una crescente insoddisfazione con le istituzioni statali nella zona euro, dunque cresce il rischio di disordine politico e di crisi potenziale.” L’ analisi mostra che i partiti populisti e movimenti provenienti da tutto lo spettro politico vengono spinti nella spazio che si è creato con lo spostamento dei partiti tradizionali e della loro base nella società’.

La resistenza all’ amministrazione di Bruxelles, e l’opposizione all’ immigrazione e alle misure di austerità sono i principali temi delle grida di guerra di nuovi partiti e movimenti. Allo stesso tempo, all’aumento dei movimenti populisti si accompagna un rapido aumento delle manifestazioni e anche una rivoluzione attorno al mondo.
EIU stima che negli ultimi cinque anni sono apparsi significativi movimenti di protesta apparso in più di 90 Paesi di tutto il mondo: per lo più sono guidati da giovani istruiti della classe media, persone che disprezzano i leader politici e contano più su reti sociali che sui meccanismi politici tradizionali.

Tutti questi fattori, in primo luogo l’aumento del populismo e altre proteste, portando alla domanda se la democrazia sia in pericolo, o piuttosto questi fattori provano che la democrazia funziona perfettamente?Finora, il destino imprevedibile delle “vecchie” democrazie in Europa sarà sotto l’occhio vigile di governi e attivisti politici di tutto il mondo. Dopo tutto, la storia ci insegna che i cambiamenti in Europa producono ancora ampi effetti su tutti, dall’Australia all’Alaska.

Fonte: The Economist

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