Migranti: ancora insistono con la "guerra ibrida"
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Migranti: ancora insistono con la "guerra ibrida"

Niente da fare.  Il governo securitario proprio non ce la fa ad ammettere uno straccio di negligenza, non arriviamo fino alla responsabilità, per le stragi di migranti nel Mediterraneo

Migranti: ancora insistono con la "guerra ibrida"
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

22 Marzo 2023 - 18.20


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Niente da fare.  Il governo securitario proprio non ce la fa ad ammettere uno straccio di negligenza, non arriviamo fino alla responsabilità, per le stragi di migranti nel Mediterraneo. Loro non hanno colpe. Le colpe vanno scaricate su altri: su Frontex, sulle Ong “taxi del mare”. E ora quel mascalzone di Vladimir Putin che utilizza i mercenari del Gruppo Wagner per portare avanti la “guerra ibrida” contro l’Italia. E i migranti sono lo strumento di guerra. E se le cose stanno così, in campo, e in mare, deve scendere la Nato (leggi l’America) a sostegno di un Paese membro dell’Alleanza atlantica sotto attacco nel Mediterraneo. 

Dopo Tajani, Piantedosi, Crosetto a rilanciare il teorema della “guerra ibrida” è uno dei ministri più vicini a Giorgia Meloni: Adolfo Urso.

Il teorema senza fondamento

Ne scrive Annalisa Girardi su Fanpage.it: “La Russia utilizza i migranti come arma ibrida contro l’Europa. Lo ribadisce il ministro delle imprese ed ex presidente del Copasir, Adolfo Urso, a qualche settimana dall’avvertimento lanciato da Guido Crosetto sulle infiltrazioni russe in Africa, che secondo il governo sarebbero la ragione dietro l’aumento degli sbarchi. “La prova che la Russia usa i migranti l’abbiamo avuta nel settembre del 2021 – dice ora Urso, intervenendo ad Agorà su Rai3 – La Russia trasportò migranti afghani in Bielorussia che poi sono stati sospinti al confine europeo. Quali forze li hanno spinti? Come mai erano lì al confine con l’Europa poco prima dell’invasione russa dell’Ucraina? La Russia utilizza i migranti come arma ibrida contro l’Europa. Crediamo che questo non accada nel Sahel?”.

Il governo torna quindi a puntare il dito contro la presenza russa in Africa, specialmente per quanto riguarda i mercenari del gruppo Wagner. Urso però non parla solamente di Mosca, ma anche di Pechino, per quanto riguarda le pressioni e le influenze nel continente africano che stanno ridisegnando gli equilibri geopolitici mondiali. “Putin ha accettato di utilizzare la moneta cinese. Si è formato un altro mondo, il mondo dello yuan, dei sistemi autoritari all’ombra della moneta cinese, che attuano ad esempio in Africa una politica di sottomissione tramite il debito. Poi in molti Paesi africani ci sono anche i mercenari russi della Wagner. Le due potenze agiscono in modo diverso ma coordinato”.

I megafoni mediatici

Augusto Minzolini, direttore de Il Giornale, rilancia:: se davvero c’è lo zampino di Wagner allora tanto vale far intervenire la Nato. Se n’è parlato durante la puntata di Tagadà in onda il 21 marzo su La7.

“La prima cosa da salvaguardare è la vita delle persone che per disperazione usano questi mezzi. Sui migranti c’è un problema squisitamente organizzativo. Ora faccio una provocazione: se davvero la denuncia che hanno fatto il nostro ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e quello della Difesa, Guido Crosetto, e cioè che all’origine dell’aumento degli sbarchi c’è anche un’iniziativa militare della Wagner, allora tanto vale utilizzare la Nato. E’ l’unica organizzazione che potrebbe intervenire in loco distruggendo i barconi perché hanno il materiale bellico che glielo permetterebbe. E’ solo una provocazione ma pensare che in Italia ci si divide tra chi vuole salvare e chi non vuole salvare i migranti mi sembra una discussione un po’ oziosa, polemica e soprattutto poco veritiera”. 

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Sarà una “provocazione” ma quando a sparare sono 4 ministri di primissimo piano del governo Meloni c’è da preoccuparsi.

Cose serie

La task force tripartita Ua-Ue-Onu sulla situazione dei migranti e dei rifugiati in Libia, ha invitato la comunità internazionale e le autorità libiche a collaborare per migliorare la situazione dei migranti e dei rifugiati in Libia. Nel corso di una riunione tenutasi nei giorni scorsi  a Bruxelles, il Commissario per la Salute, gli Affari umanitari e lo Sviluppo sociale della Commissione dell’Unione Africana, Minata Cessouma Samate, il Commissario europeo per gli Affari interni, Ylva Johansson, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati Filippo Grandi e il Direttore generale dell’Oim, António Vitorino, hanno discusso e avanzato le priorità della task force. I membri della task force tripartita hanno ribadito il loro impegno a sostenere gli sforzi delle autorità libiche per affrontare i bisogni urgenti sul campo. “Lavorando a fianco di altri attori, intensificheranno gli sforzi per sostenere ulteriormente lo sviluppo di sistemi giuridici e politici di riferimento, non discriminatori, per migranti e rifugiati, basati sugli standard internazionali e dell’Ue e sui diritti umani, con l’obiettivo di proteggere e salvare vite umane lungo le rotte migratorie e in particolare in Libia”, si legge in una nota congiunta. Hanno inoltre esortato le autorità libiche a “porre fine alla detenzione arbitraria di migranti e rifugiati, a partire da donne e bambini e da altri individui con esigenze specifiche o disabilità”.


La task force è pronta ad assistere le autorità libiche per “garantire alternative concrete, come il rilascio nella comunità o la sistemazione nei Centri di risposta per migranti, dove possono ricevere supporto psicosociale e assistenza sanitaria”. La task force ha invitato la comunità internazionale a “sostenere le autorità libiche nella lotta contro la tratta di esseri umani e il traffico di migranti, in particolare facilitando un’efficace azione penale e prevenendo i rischi di ricadere nel traffico di esseri umani e sparizione”. Ha inoltre deciso di “sostenere attività di sensibilizzazione sui pericoli dei viaggi lungo le rotte migratorie e di cercare soluzioni durature per migranti e rifugiati”. Tra gli altri impegni, “sostenere gli sforzi del governo libico per garantire una migliore governance della migrazione e la gestione delle frontiere”, sostenere “l’intensificazione dei rimpatri umanitari volontari dalla Libia”. Hanno inoltre chiesto di abolire le tasse amministrative di uscita per coloro che partono dalla Libia e invitato la comunità internazionale, comprese l’Unione africana e l’Unione europea a prendere in considerazione “l’espansione di percorsi legali, sicuri e regolari per i migranti e i rifugiati. Ciò include corridoi umanitari e potenziamento di posti per il reinsediamento per i rifugiati e per i rimpatri volontari e la reintegrazione”.

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Il diritto a non emigrare

Da Vatican News: “Qualsiasi persona migrante, al di là del suo status, ha un diritto che quasi mai si considera: quello a non emigrare. A non abbandonare la propria casa, la propria terra, la propria comunità. Ad accendere un faro su questo aspetto è il tema della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, del 24 settembre prossimo, la 109.ma della serie.

“Liberi di scegliere se migrare o restare” recita il titolo della Giornata, diffuso dal Dicastero per lo Sviluppo Umano integrale con l’esplicita “intenzione di promuovere una rinnovata riflessione su un diritto non ancora codificato a livello internazionale: il diritto a non dover emigrare, ossia – in altre parole – il diritto a poter rimanere nella propria terra”. “Il diritto a rimanere – si legge nella nota del Dicastero – è precedente, più profondo e più ampio del diritto ad emigrare” e riguarda “la possibilità di essere partecipi del bene comune, il diritto a vivere in dignità e l’accesso allo sviluppo sostenibile”. Si tratta, si legge ancora, di un diritto che al pari degli altri dovrebbe godere di tutela internazionale “attraverso un esercizio reale di corresponsabilità”.  

A proposito di rimpalli di responsabilità

Frontex ha “assolto al compito di segnalazione alle autorità italiane, la decisione se fare intervenire la Guardia di Finanza o istituire un’operazione Sar spettava a loro”. Questo quanto spiegato dal direttore esecutivo della stessa agenzia Ue, Hans Leijtens, in audizione al Parlamento europeo, presso la commissione per le Libertà civili (Libe), rispondendo a una domanda sul naufragio al largo di Cutro avvenuto il 26 febbraio scorso e che finora ha fatto contare oltre 80 vittime. Il direttore ha evidenziato che “le immagini” condivise “in tempo reale con il Centro di coordinamento” mostravano “un’imbarcazione che in quel momento non era in pericolo ma che sollevava interrogativi” e “tutto il resto era una decisione che spettava all’Italia

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Leijtens ha poi aggiunto che Frontex ha “segnalato quello che si vedeva: una persona sul ponte e tracce termiche sottocoperta e ciò dava l’impressione di qualcosa di strano. Ed è quello che abbiamo trasmesso alle autorità italiane assolvendo al nostro compito della segnalazione. La decisione se fare intervenire la Guardia di finanza o istituire un’operazione Sar spettava a loro”, ha ribadito.

“Ogni vita persa è una vita persa di troppo e penso che” trovare modi per “salvare vite debba essere in cima alla lista dei pensieri”, ha sottolineato ancora Leijtens rivolgendosi agli eurodeputati della commissione Libe. Nel caso vi sia “un qualche segnale” di “pericolo” per “un’imbarcazione”, Frontex “lancia il may-day e fa in modo che ognuno sia informato di quello che avviene in mare”, ha riferito il direttore esecutivo, deplorando il ripetersi “su base regolare di incidenti tragici”. Il compito dell’agenzia Ue, ha aggiunto Leijtens, riguarda “le operazioni congiunte” per “cooperare con i Paesi sul campo, in mare aperto, e dare un contributo tangibile a ciò che è necessario fare per salvare vite”, e “la sorveglianza aerea multifunzionale che dispieghiamo attorno a Grecia, Italia e nel Sud del Mediterraneo” allo scopo di “fornire in tempo reale informazioni ai Paesi membri”. 

Siamo in attesa di una controreplica da Roma. Ma i ministri in “trincea” hanno altro a cui pensare: come contrastare la “guerra ibrida”. E convincere Biden, più di Stoltenberg, al soccorso Nato. 

Il resto è propaganda. Di brutta qualità, peraltro. Come la panzana che l’Italia conti qualcosa in Libia. 

Globalist ha scritto tomi in questi anni per documentare l’assoluta inconsistenza dell’Italia sullo scenario libico. Per verità storica e onestà intellettuale va detto e scritto che la marginalità italiana non nasce col governo Meloni ma era già chiara con i governi Conte 1 e Conte2 e anche con il governo Draghi, per restare alla precedente legislatura. In “soccorso” arriva l’analisi, come sempre puntuta e documentata, di Luca Gambardella su il Foglio. Basta il titolo: “In Libia anche Haftar ci ricatta con i migranti, ma ditelo a bassa voce”.

Noi di Globalist lo diciamo a voce alta e chiara. E non da oggi. 

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