Il 2022: annus horribilis di tragedie umanitarie e di un mondo in guerra
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Il 2022: annus horribilis di tragedie umanitarie e di un mondo in guerra

Un anno in cui alle tante tragedie umanitarie già in corso, alla sfida della pandemia si è aggiunta una guerra nel cuore dell’Europa. Una guerra che ci ha colto di sorpresa il 24 febbraio scorso e che ha costretto alla fuga milioni di persone

Il 2022: annus horribilis di tragedie umanitarie e di un mondo in guerra
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22 Dicembre 2022 - 18.03


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2022. Ovvero quello che può senza dubbio definirsi come uno degli anni più difficili, più drammatici e più faticosi che si ricordi. 
Un anno in cui alle tante tragedie umanitarie già in corso, alla sfida della pandemia non ancora superata, si è aggiunta una guerra nel cuore dell’Europa. Una guerra che ci ha colto di sorpresa il 24 febbraio scorso e che ha costretto alla fuga milioni di persone, portando a oltre 110 milioni il numero di quanti oggi vivono in condizione di sfollamento forzatoDalla Siria, allo Yemen, dal Sahel, all’Ucraina, dall’Afghanistan all’Etiopia, è un mondo senza pace.

Almanacco delle guerre nel mondo

A stilarlo, con grande capacità analitiche, è Patrizia Caiffa per l’agenzia Sir.

“E’ un mondo senza pace. La Siria, lo Yemen, il Sud Sudan, la Repubblica Centrafricana, il nord del Mozambico (Cabo Delgado), nel Nord Kivu e Ituri della Repubblica democratica del Congo, la guerra civile nel Tigray in Etiopia. Sono ancora tanti i conflitti nel mondo: almeno 22 guerre ad alta intensità nel 2021, 6 in più rispetto all’anno precedente, quando erano 15 (dati Caritas italiana). Con l’Ucraina, purtroppo, si è arrivati a 23. Se invece si tengono in considerazione anche le crisi croniche e le escalation violente si arrivava a 359 conflitti nel 2020, tra cui quello storico e cronico tra israeliani e palestinesi. Tra il 2020 e 2021 erano già aumentate del 40% le persone che avevano bisogno di assistenza umanitaria, per un totale di 235 milioni di persone coinvolte. Il conflitto in Ucraina ha aggiunto oltre 12 milioni di persone in difficoltà all’interno del Paese – di cui 6,5 milioni sfollati interni – e più di 4,2 milioni di persone fuggite all’estero. Il punto su alcuni dei conflitti di cui non si parla più (o molto poco).

Siria 
Il confitto in Siria dura da 11 anni e ha radici lontane. Nel corso della Primavera Araba del 2011, nell’ambito della strategia governativa di lotta contro il gruppo ribelle “Libero Esercito Siriano” (Free Syrian Army), il governo di Bashar al-Assad ha ripetutamente colpito obiettivi civili. Circa 500.000 le vittime. Più di 13 milioni di persone sono fuggite dal Paese o sono sfollate all’interno dei suoi confini. Oggi il 60% della popolazione soffre la fame, con i prezzi dei beni alimentari che sono raddoppiati nell’ultimo anno. 14,6 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria. Di questi, 6,5 milioni di bambini hanno bisogno di assistenza umanitaria, 2,5 milioni di bambine e bambini non vanno a scuola e quasi 800.000 sono malnutriti.

Yemen
Il conflitto in Yemen ha avuto inizio il 26 marzo 2015. Oggi la più grave crisi umanitaria al mondo, con 17,4 milioni di persone che soffrono la fame. Potrebbero salire a 19 milioni entro la fine dell’anno e hanno tutti bisogno di assistenza umanitaria. In 7 anni di conflitto tra la coalizione governativa appoggiata dall’Arabia Saudita e i ribelli Houthi filo-iraniani oltre 24.600 attacchi aerei hanno distrutto il 40% delle abitazioni nelle città, causando più di 14.500 vittime civili dal 2017. La guerra ha costretto 4 milioni di persone a lasciare le proprie case in cerca di salvezza, 1 milione al momento si trovano nel governatorato di Marib. E’ di pochi giorni fa la notizia che il presidente dello Yemen, Abd Rabbo Mansour Hadi, ha ceduto il potere a un nuovo consiglio direttivo che negozierà una soluzione politica per porre fine al conflitto. La decisione di Hadi segue l’entrata in vigore, il 2 aprile, di una tregua di due mesi, mediata dalle Nazioni Unite e concordata dalle parti.

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Etiopia 
In Etiopia si sta consumando una drammatica crisi nella contesa regione occidentale del Tigray. A marzo è stata annunciata una tregua ma una terribile carestia, e la difficoltà di accesso degli aiuti umanitari, rischia di affamare milioni di persone. Il conflitto tra il governo etiope e i combattenti affiliati al Fronte popolare di liberazione del Tigray è iniziato nel novembre 2020 e si è diffuso dal luglio 2021 in altre regioni dell’Etiopia settentrionale. Le organizzazioni per i diritti umani hanno denunciato una campagna di pulizia etnica, con massacri, esecuzioni extragiudiziali, violenze sessuali e arresti arbitrari da parte delle forze governative, delle milizie alleate e delle forze armate eritree alleate con quelle dell’Etiopia. Il 2 dicembre 2021 l’Ufficio Onu per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha) ha dichiarato che dall’inizio del conflitto il numero dei tigrini sfollati era arrivato a un milione e 200.000. Un rapporto Onu del 9 dicembre scorso ha riferito che tra il 25 novembre e il 1° dicembre vi sono stati più di 10.000 nuovi sfollati. Circa 1,7 milioni di bambini in tutto il Tigray sono stati privati dell’istruzione in questi due anni.

Mozambico
Nel nord del Mozambico, nella provincia di Cabo Delgado, dal 2017 la popolazione è vittima di violenti attacchi da parte di formazioni di matrice jihadista che mirano al controllo delle risorse, con migliaia di morti, feriti e circa 800.000 sfollati. Nelle prime settimane del 2022, nei distretti di Meluco e Macomia meridionale, ci sono stati oltre 20 attacchi in 4 villaggi, con 2.800 case danneggiate o distrutte dal fuoco. Dalla fine di gennaio, più di 14.000 persone sono state costrette a lasciare le proprie abitazioni a causa dell’inasprirsi del conflitto e ancora oggi sono alla ricerca di sicurezza e beni di prima necessità.

Sud Sudan
Il Sud Sudan sta affrontando la sua peggior crisi alimentare di sempre in 10 anni di indipendenza, presto sfociata in cinque anni di guerra civile sino all’avvio di un processo di pace che nell’ultimo anno e mezzo ha fatto deboli passi avanti. Secondo un recente dossier di Caritas italiana la situazione umanitaria resta critica, con 8,3 milioni di persone in stato di bisogno; 1,4 milioni di bambini malnutriti; 1,62 milioni di sfollati e un significativo aumento di rifugiati e richiedenti asilo, pari a 2,3 milioni.

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Repubblica Democratica del Congo
L’Ituri è una delle province più colpite da una violenza folle nella RD Congo, insieme al Nord Kivu, al Sud Kivu e al Tanganica. Intere famiglie – compresi bambini – sono state uccise a colpi di machete, centri sanitari e scuole sono stati saccheggiati e interi villaggi dati alle fiamme. Gli attacchi dei combattenti in tutto l’est hanno costretto intere comunità a fuggire. Perfino Medici senza frontiere è stata costretta un mese fa a sospendere le attività in due zone dell’Ituri a causa dell’insicurezza crescente. Secondo le Nazioni Unite che ci sono attualmente 5,2 milioni di sfollati nella Repubblica democratica del Congo, più che in qualsiasi altro paese eccetto la Siria. Il conflitto ha spinto 1,6 milioni di persone a lasciare le loro case solo nei primi sei mesi del 2020. Si stima che più di 3 milioni di bambini siano stati sfollati nell’est della RD Congo. Più di 8 milioni di persone soffrono di una grave insicurezza alimentare.

Mali

 In Mali i jihadisti impediscono ai contadini di mietere le risaie, bruciano i loro campi e attaccano gli stessi lavoratori quando cercano di provvedere al raccolto. Secondo Acs (Aiuto alla Chiesa che soffre) la situazione è particolarmente instabile nella regione di Ségou, nel Mali centrale, a causa di scontri tra milizie della comunità locale e gruppo di autodifesa dei cacciatori di Donso, da un lato, e jihadisti dall’altro. Fonti locali parlano dell’esistenza di un terzo gruppo di banditi armati, difficile da identificare ma non appartenente né ai jihadisti né ai cacciatori di Donso. Dai dati Unhcr il numero di sfollati maliani interni ha superato i 400.000 alla fine di settembre 2021. I rifugiati includono sia musulmani sia cristiani, anche se il numero di musulmani supera di gran lunga quello dei cristiani, dato che quasi il 90% (88,7%) della popolazione del Mali è islamica”.

La denuncia dell’Unhcr

“Il numero delle persone costrette a fuggire dalle proprie case è aumentato ogni anno nell’ultimo decennio ed è ora il più elevato da quando si è cominciato a registrare il dato. Si tratta di una tendenza che può essere invertita solo compiendo uno sforzo rinnovato e concertato per costruire la pace, rimarca l’Unhcr, l’Agenzia Onu per i rifugiati. Alla fine del 2021, le persone in fuga da guerre, violenze, persecuzioni e violazioni di diritti umani risultavano essere 89,3 milioni, un aumento dell’8 per cento rispetto all’anno precedente e ben oltre il doppio rispetto al dato registrato 10 anni fa, secondo il rapporto statistico annuale dell’Unhcr Global Trends.

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Da allora, l’invasione russa dell’Ucraina – che ha causato uno degli esodi forzati di più ampia portata e quello in più rapida espansione dalla Seconda Guerra Mondiale – e altre emergenze, dall’Africa all’Afghanistan ad altre aree del mondo, hanno portato la cifra a superare la drammatica soglia dei 100 milioni.

“Ogni anno, nell’ultimo decennio, i numeri sono aumentati”, ha rimarcato l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Filippo Grandi. “Se la comunità internazionale non unirà le forze per far fronte a questa tragedia umana, risolvendo i conflitti in corso e individuando soluzioni durature, questa terribile tendenza continuerà”.

L’anno scorso è stato particolarmente degno di nota per il numero di conflitti che si sono riacutizzati e di nuovi conflitti che sono esplosi: secondo la Banca Mondiale, 23 Paesi sono stati teatro di guerre di intensità media o alta, per una popolazione totale di 850 milioni di persone.

Contemporaneamente, carenze alimentari, inflazione ed emergenza climatica stanno aggravando la già difficile condizione delle persone, riducendo le capacità di risposta umanitaria proprio in una fase in cui le prospettive di raccogliere fondi, in numerose situazioni, appaiono cupe.

Nel 2021, il numero di rifugiati è cresciuto arrivando a 27,1 milioni. Il numero di arrivi è aumentato, tra gli altri Paesi, in Uganda, Ciad e Sudan. Alla maggior parte dei rifugiati, ancora una volta, è stata assicurata accoglienza da Paesi confinanti dotati di scarse risorse. Il numero di richiedenti asilo ha raggiunto i 4,6 milioni, un incremento dell’11 per cento. L’anno scorso ha fatto inoltre registrare per il quindicesimo anno consecutivo un aumento del numero di persone sfollate all’interno del proprio Paese a causa di conflitti, arrivate a 53,2 milioni. In alcune aree, per esempio in Myanmar, l’aumento è stato causato dall’inasprirsi di violenze o conflitti. Il conflitto nella regione etiope del Tigray e in altre regioni ha innescato la fuga di milioni di persone all’interno del Paese. Le rivolte scoppiate nel Sahel hanno provocato nuovi esodi interni, in particolare in Burkina Faso e in Ciad.

Se gli esodi continuano a svilupparsi sempre più rapidamente e ne aumenta la portata vediamo che le soluzioni a disposizione delle persone in fuga  – quali il ritorno volontario, il reinsediamento o l’integrazione locale – non fanno che diminuire”.

Così l’Unhcr.

Questo è il mondo che ci lascia il 2022. Non è un bel mondo. 

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