Il virologo Menichetti: "Meraviglia e dolore per la morte di De Donno"
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Il virologo Menichetti: "Meraviglia e dolore per la morte di De Donno"

Il primario di Malattie infettive dell'ospedale di Pisa: "Inizialmente c'erano state tensioni perché gestivamo noi lo studio sul plasma ma poi tutto si era superato"

Il virologo Menichetti
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28 Luglio 2021 - 16.20


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De Donno era diventato uno dei protagonisti delle cronache per il plasma iperimmune che si riteneva avesse aiutato molti pazienti durante i primi mesi del 2020, i più tragici nella lotta al coronavirus.

La paternità della cura con il plasma iperimmune la sentiva sua, e ci fu una sorta di scontro con l’ospedale di Pisa perché furono proprio loro a gestire lo studio nazionale.

Di Donno si è tragicamente tolto la vita ieri e molte sono state le polemiche, alcuni colleghi però lo hanno voluto semplicemente ricordare.

“Meraviglia e dolore per qualcosa di inatteso che penso riguardi intimamente la persona. Posso solo esprimere rammarico e dolore e porgere le condoglianze ai familiari”.

Così il virologo Francesco Menichetti, primario di Malattie infettive dell’ospedale di Pisa e coordinatore nazionale dello studio sul plasma iperimmune contro Covid-19, commenta la morte di Giuseppe De Donno, pioniere della plasmaterapia nelle prime fasi della pandemia di coronavirus.

“Per l’aspetto professionale – ricorda Menichetti – c’è stato un approccio iniziale un po’ ruvido, perché De Donno si era molto risentito del fatto che gestissimo noi lo studio nazionale sul plasma ‘Tsunami’. Ma poi, superata rapidamente l’incomprensione iniziale, l’ospedale di Mantova con il professor Franchini e con De Donno ha contribuito allo studio che attende di essere pubblicato. Dunque la questione era stata chiarita e composta nel migliore dei modi”.

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Del resto, spiega il medico, “De Donno ha usato il plasma in terapia intensiva”, mentre “noi abbiamo ideato e condotto uno studio del plasma più precoce, utilizzandolo prima che i malati avessero bisogno della terapia intensiva. Sono due cose diverse. La sua è stata un’esperienza preliminare condotta insieme all’ospedale di Pavia molto importante e anche pubblicata che segnalava le potenzialità del plasma; il nostro è stato uno studio rigoroso nazionale che voleva approfondire il ruolo del plasma in una fase di malattia più precoce.

Erano due progetti completamente diversi. Tsunami è il nostro progetto scritto e realizzato da noi che poi è diventato protocollo nazionale.

Non era contro nessuno – conclude – Era una cosa semplicemente diversa, sempre che riguardava il plasma”.

Il plasma potrebbe risultare utile contro le varianti – Con la circolazione delle varianti” di Sars-CoV-2, “donatori di plasma guariti da malattie provocate da varianti sono donatori potenzialmente molto utili, perché è molto probabile che quel plasma iperimmune abbia gli anticorpi diretti contro la variante che ha infettato il donatore, continua Menichetti.

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Insomma la terapia con il plasma iperimmune potrebbe tornare a essere usata contro le varianti? “Io penso che la raccolta di plasma iperimmune, se viene proseguita, è sempre un fatto positivo e potenzialmente utile”, sottolinea Menichetti.

“E’ sempre importante – conclude – perché le cose hanno la loro evoluzione e poi si vedrà”.

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