L’infettivologo Di Perri: “La gente teme AstraZeneca perché sono stati fatti troppi pasticci”
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L’infettivologo Di Perri: “La gente teme AstraZeneca perché sono stati fatti troppi pasticci”

L'infettivologo piemontese: "Il vaccino funziona bene, ma ci sono stati troppi cambi di idea che hanno generato insicurezza. Cosa farei io? Lockdown duro per 15 giorni e 30 milioni di vaccini"

L'infettivologo Di Perri
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9 Aprile 2021 - 17.13


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Non sono state settimane facili per AstraZeneca, dopo i casi di trombosi che, anche senza nesso, sono stati collegati alla somministrazione.

La gente fugge dalle prenotazioni nonostante il vaccino sia sicuro.

Giovanni Di Perri, professore e responsabile delle Malattie infettive all’ospedale Amedeo di Savoia di Torino ha preso posizione sulla questione AstraZeneca.

 “Questa è una delle storie più disgraziate della medicina moderna. Non perché il vaccino non funzioni, anzi, funziona bene. Ma è come si è arrivati a questo risultato che ha creato perplessità e paure nella popolazione. Ovvio, quindi, che ci sia tanta gente che quando sente quel nome dice no: tutta colpa dei pasticci in fatto di comunicazione”.

“Siamo passati – dice Di Perri – da un vaccino ad una dose, a due dosi. Poi continui cambi di idea sui tempi della seconda dose. Poi sull’efficacia: fino ai 55 anni, poi fino ai 60, ora si dice over 60. Passaggi che per un non addetto ai lavori sono sconcertanti. E generano insicurezza”, commenta.

Ma non dovrebbero decidere Ema ed Aifa? “Il guaio è che qui non ha deciso nessuno, e allora mi domando a cosa servono questi organismi? Sentire Locatelli dire che quel vaccino va bene per gli over 60 mi lascia perplesso”.

Si immagini i cittadini: uno su quattro dice no. “Le loro obiezioni sono sacrosante. Ma poi bisogna spiegare che conteggiando le dosi fatte in Inghilterra, e analizzando i dati, si scopre che AstraZeneca ha avuto 1,6 casi di reazioni avverse per ogni milione di vaccinati. E questo è confortante”. Resta il fatto che i frigoriferi sono vuoti e le dosi in Italia non arrivano. Non è vero? “Vero”, risponde Di Perri.

‘Andiamoci cauti su riaperture’ – “Guardi, Draghi ha fatto bene a dirlo: basta con le interpretazioni regionali. Certe categorie possono aspettare: prima si mettano in sicurezza i più fragili”, sottolinea Di Perri. Quindi l’Italia ha sbagliato per un bel po’? “Il governo centrale a volte un po’ è mancato. Ma resta il fatto che adesso mancano i vaccini”.

E allora come si fa? “Speriamo in Johnson & Johnson che, se rispetta gli accordi, ci permetterà di andare veloci”.

Ma stiamo parlando del futuro. Intanto la gente è stremata. Si può riaprire? “Andiamoci cauti”, avverte Di Perri. “Se avessi 30 milioni di dosi e potessi decidere io, farei lockdown duro per 15 giorni. Nel frattempo immunizzerei 30 milioni di persone. E poi si riapre. Ora, io capisco chi è sfinito, i problemi del lavoro, la gente che protesta, ma se riparte il virus, e con tutte le varianti in circolazione, sono guai”.

Come se ne esce? “Aspettando le forniture. Nel frattempo si tentenna. Si media. E non va bene”.

 

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