Alcuni ricercatori americani stanno studiando un vaccino jolly contro le future pandemie
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Alcuni ricercatori americani stanno studiando un vaccino jolly contro le future pandemie

La nuova tecnologia prevede l'uso di nanoparticelle a mosaico. Risultati confortanti dai primi test effettuati sui topi

Vaccino jolly contro altri virus
Vaccino jolly contro altri virus
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19 Gennaio 2021 - 09.42


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Grossi passi in avanti per lo sviluppo di un vaccino ‘jolly’ che funzionerà non solo contro SarsCoV2, ma anche contro altri coronavirus che dagli animali potrebbero fare il salto di specie all’uomo causando future pandemie.

Questa nuova tecnologia prevede l’uso di nanoparticelle a mosaico, che una volta iniettate nell’organismo presentano al sistema immunitario pezzi di proteine di otto diversi coronavirus: sperimentate sui topi, hanno indotto la produzione di anticorpi ad ampio spettro, capaci di riconoscere e attaccare SarsCoV2 e altri virus simili non presenti nel vaccino.

Il risultato è pubblicato su Science dai ricercatori del California Institute of Technology (Caltech).
La nanoparticella a mosaico, inizialmente ideata all’Università di Oxford, è strutturata come una gabbia composta da 60 proteine identiche fra loro, ciascuna delle quali presenta in superficie una piccola ‘etichetta’ che agisce come un velcro.

I ricercatori californiani guidati da Alexander Cohen hanno pensato di attaccarci i frammenti delle proteine Spike di otto diversi coronavirus che circolano nel mondo animale, in particolare tra pipistrelli e pangolini.
Queste nanoparticelle a mosaico, iniettate nei topi con una sola somministrazione, hanno addestrato il sistema immunitario a riconoscere i tratti tipici che accomunano i vari coronavirus, determinando la produzione di anticorpi capaci di attaccare non solo SarsCoV2, ma anche nuovi coronavirus emergenti che potrebbero causare una pandemia.

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Il prossimo passo sarà quello di verificare nel modello animale se questo tipo di immunizzazione previene l’infezione e l’insorgenza di sintomi.
“Se riuscissimo a dimostrare che la risposta indotta dalle nanoparticelle protegge dalla malattia che deriva dall’infezione, allora potremmo sperare di portare avanti questa tecnologia per testarla sull’uomo, anche se la strada sarebbe comunque molto lunga”, spiega Cohen.

“Non pensiamo che questa metodologia possa rimpiazzare i vaccini esistenti, ma è bene avere più strumenti per affrontare future minacce virali emergenti”.

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