Uno studio svedese ha scoperto che molti negativi al test sono comunque immuni al Covid: ecco perché
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Uno studio svedese ha scoperto che molti negativi al test sono comunque immuni al Covid: ecco perché

La ricerca del Karolinska Institut di Stoccolma, pubblicata per ora solo su un sito di preprint, ha analizzato le cosiddette cellule T.

Test per il covid
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3 Luglio 2020 - 08.26


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Fino a questo momento i risultati dei test sierologici in Europa, Italia compresa, danno una percentuale minima della popolazione protetta dal Covid-19, ma in realtà gli immuni potrebbero essere molti di più, forse il doppio. A suggerirlo è uno studio svedese, secondo cui anche in chi, dopo essere entrato in contatto con il virus, non ha sviluppato le immunoglobuline (Ig) specifiche, quelle cercate dai test sierologici, potrebbe essere comunque presente una protezione dovuta ad un altro tipo di cellule immunitarie.

La ricerca del Karolinska Institut di Stoccolma, pubblicata per ora solo su un sito di preprint, ha analizzato le cosiddette cellule T, che fanno parte dei globuli bianchi e che sono specializzate nel riconoscere e distruggere i virus con un meccanismo diverso rispetto alle immunoglobuline. Nello studio sono stati analizzati campioni di più di 200 persone, molti dei quali asintomatici, scelti tra i pazienti dell’istituto e tra i familiari oltre che su un campione di donatori di sangue.

“Le cellule T sono una parte essenziale del sistema immunitario – spiega Marcus Buggert, uno degli autori -. Il nostro risultato indica che circa il doppio delle persone hanno sviluppato l’immunità mediata dalle cellule T rispetto a quelle in cui sono stati trovati gli anticorpi con i test sierologici”. Il risultato potrebbe avere implicazioni importanti per la salute pubblica. “Una osservazione interessante è che non erano solo le persone con Covid-19 confermato ad avere l’immunità delle cellule T, ma anche molti dei familiari esposti asintomatici.

Inoltre il 30% dei donatori che hanno donato il sangue a maggio avevano le cellule T specifiche, una percentuale molto maggiore di quanto abbiano mostrato i test sierologici. Lo studio indica che l’immunità pubblica al Covid-19 sia significativamente più alta di quanto i test suggeriscano – afferma Hans-Gustaf Ljunggren, un altro autore -. Se verrà confermato sarebbe un’ottima notizia dal punto di vista della salute pubblica”.

Al momento, afferma il Centro Europeo per il Controllo delle Malattie (Ecdc), in nessun paese Ue si è andati sopra il 10% della popolazione ‘coperta’ dalle immunoglobuline, con percentuali che variano tra il 2% e l′8,5%. Anche in Italia i primi risultati resi noti sembrano andare in questa direzione, con ad esempio il Lazio che ha una sieroprevalenza del 2,4%.

“Gli anticorpi sono solo una manifestazione della risposta immunitaria, ma il cuore della risposta adattativa, quella che viene dopo la ‘prima linea’ di difesa, sono le cellule T. Lo studio” svedese suggerisce che, se si misura la risposta mediata dalle cellule T, si trova che soggetti che sulla base degli anticorpi non hanno avuto una risposta, in realtà la risposta l’hanno avuta. Gli anticorpi sono solo una spia di una risposta immunitaria e lo studio suggerisce che possano non essere la migliore”. Commenta Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’Istituto clinico Humanitas, in un’intervista al ‘Corriere della Sera’.

 
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