Migranti, guerra alle Ong: nel governo securista Salvini batte Meloni
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Migranti, guerra alle Ong: nel governo securista Salvini batte Meloni

Nella trista gara a chi è più securista in un governo securista, ad aggiudicarsi la “tappa” di Cutro è stato Matteo Salvini.

Migranti, guerra alle Ong: nel governo securista Salvini batte Meloni
Tajani, Meloni e Salvini
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

10 Marzo 2023 - 13.43


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Nella trista gara a chi è più securista in un governo securista, ad aggiudicarsi la “tappa” di Cutro è stato Matteo Salvini.

Matteo vs Giorgia

A confortarci in questa valutazione è anche l’analisi, puntuale e argomentata, di Luca Gmbardella su il Foglio.

“A Cutro – annota Gambardella – vince la Lega e l’atteso compromesso fra pugno di ferro e regolarizzazione dei flussi dei migranti esce molto più attenuato dal caotico Consiglio dei ministri di ieri. Nella bozza pre Cdm, fatta circolare ieri mattina prima della riunione in Calabria, l’unica voce che lasciava presagire un intervento organico e innovativo era quella che potenziava il monitoraggio del mare e portava in capo alla Marina militare, e quindi alla Difesa, il coordinamento delle attività di salvataggio. Ma in serata, quella norma scompare dal testo finale approvato all’unanimità dal governo. Il ministro Matteo Salvini ne ottiene lo stralcio, lui che nel 2018 aveva ottenuto di accentrare le competenze per i soccorsi al ministero dell’Interno. Nulla cambia, quindi, in tema di catena di comando ed è paradossalmente questo l’elemento che passa dal Cdm di ieri e che più da vicino riguarda la strage di Cutro. 

 Gli errori – e forse i reati, ma su questo verificheranno gli inquirenti – che hanno portato alla morte di 72 persone e a lasciare in mare altre decine di dispersi restano senza contromisure politiche e organizzative. La resa di Meloni sul punto è sintetizzata da una presunta richiesta esplicita, avanzata nel corso della giornata, dallo stesso ministro della Difesa, Guido Crosetto, che a dire della premier avrebbe spontaneamente fatto un passo indietro. Tutto, pur di ammansire l’ira di Salvini e dei suoi.

Ma oltre al tema dei salvataggi in mare resta ben poco. Del Consiglio dei ministri di Cutro si ricorderà l’unico “ritocco” indiretto alla contestatissima legge Bossi-Fini, il meno significativo. Cioè l’inasprimento ulteriore della pena per i famigerati scafisti, che rischiano ora fino a 30 anni di reclusione per chi sarà considerato responsabile di naufragi causando la morte di chi è a bordo. “Daremo la caccia a questi criminali in tutto il globo terraqueo”, è la promessa di Meloni che però si candida a restare simbolica, quasi quanto la targa in marmo lasciata a Cutro e voluta dal governo, con sopra scolpite le parole di condanna del Papa contro i trafficanti di esseri umani.

Al netto della risonanza mediatica, sono tante le problematiche su questo punto. Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ieri in conferenza stampa ha detto che si crea un allargamento della giurisdizione italiana per contestare un reato commesso da uno straniero (lo scafista) contro altri stranieri (i migranti) in acque internazionali. Un reato cosiddetto “universale”, che però necessita che il “il barcone sia diretto verso le coste italiane”, ha specificato Nordio. Una condizione difficile da stabilire con certezza se si parla di un’imbarcazione in mare aperto. Ma tanto basta a deviare l’attenzione generale sulla caccia al colpevole. Nessun riferimento al fatto che gli scafisti – a cui si rivolge la norma – non coincidono mai con i trafficanti – a cui si rivolgeva invece il Papa: i primi sono la manovalanza, spesso suo malgrado, dei secondi, che restano impuniti in patria. 

A confermare che difficilmente gli scafisti, con le loro “parabole” (Rampelli dixit), seguano gli aggiornamenti del Codice penale italiano c’è il fatto che mentre Meloni era a Cutro, a Lampedusa sbarcavano 1.300 persone. Numeri che lasciano presagire il peggio per i mesi a venire. 

La vittoria della linea salviniana prende forma però soprattutto alla voce accoglienza. Se la grandissima parte di chi è morto sulla costa di Cutro erano persone in fuga da paesi come l’Afghanistan e l’Iran, il governo ha deciso di rispondere limitando ulteriormente la concessione della protezione speciale, quella che consente ai richiedenti asilo, che non avevano le caratteristiche per ottenere né lo status di rifugiato né la protezione sussidiaria, di ottenere un permesso di soggiorno perché rischiavano di subire persecuzioni nel paese di origine per motivi di razza, di orientamento sessuale, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza a un gruppo sociale. “La sua fattispecie era stata allargata a dismisura: l’intento del governo è abolirla e sostituirla con una norma di buonsenso che corrisponda alla normativa europea di riferimento”, ha detto ieri Meloni. Una misura che sembra dettata proprio dall’anima leghista del governo ed è proprio su questo punto che, con ogni probabilità, si è verificato quella che Salvini ha definito l’integrazione di alcuni aspetti dei decreti Sicurezza nel nuovo provvedimento di Cutro. 

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  La legge Bossi-Fini, vero nodo gordiano della politica migratoria italiana, rimane intonsa. Al di là di un allargamento triennale del decreto flussi, finora aggiornato anno per anno, resta poco. Si afferma la “linea Rampelli”, quella fatta di migranti “che hanno le parabole” e che quindi possono essere dissuasi dai loro rispettivi stati di partenza sulla pericolosità dei “viaggi illegali” verso l’Italia. E quindi, nel testo del decreto si prevede la concessione del permesso per chi abbia conseguito in patria un diploma di formazione organizzato dal nostro ministero del Lavoro, ma solo se le autorità dello stato di partenza si siano impegnate in campagne mediatiche per dissuadere i migranti dal partire verso l’Italia. 

Al capitolo rimpatri, il governo – come annunciato – decide per velocizzare le pratiche “per lo svolgimento delle procedure” autorizzando nuove deroghe al capitolato degli appalti. Un modo per costruire più centri di rimpatrio più velocemente ma con meno controlli a livello amministrativo. 

Spicca infine, nel decreto, un riferimento alla lotta alle agromafie. Il testo prevede l’assegnazione del ruolo di agenti o di ufficiali di polizia al personale del dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari. Si tratta dell’organo di controllo del ministero dell’Agricoltura che fino a oggi si occupava di reprimere le frodi relative ai prodotti agroalimentari e ai mezzi tecnici usati in agricoltura. Sorge il dubbio di come si articoleranno le competenze di un organo che fino a ieri si occupava di controllare mangimi, sementi, fertilizzanti e prodotti fitosanitari e che, secondo il decreto, dovrebbe essere in prima linea contro il caporalato”.

La solidarietà non si fa affondare

Di grande interesse è il report-intervista di Annalisa Cangemi per Fanpage.it: “La nave Life Support di Emergency arriverà a Brindisi venerdì mattina, dopo aver salvato in mare 105 persone, 59 uomini e 16 donne. La segnalazione del barcone in distress in acque internazionali, di fronte alla Libia, era arrivata due giorni fa da Alarm Phone, il call center per i migranti che affrontano il viaggio lungo la rotta del Mediterraneo Centrale.

Sulla Life Support ci sono 6 minori accompagnati sotto i dieci anni, il più piccolo ha due anni, e 24 minori non accompagnati, tra cui un ragazzo di 14 anni. Oltre a una donna incinta al settimo mese di gravidanza. La nave Ong ha raggiunto il barcone a rischio naufragio nella notte, verso le 3. Le condizioni del mare erano preoccupanti, e le operazioni sono state per questo molto complesse. Ce lo racconta al telefono Emanuele Nannini, Capo missione Sar di Emergency, che si trova a bordo della nave umanitaria, costretta ad affrontare 30 ore aggiuntive di navigazione prima di raggiungere il porto pugliese di Brindisi, in linea con la prassi del governo Meloni, che costringe le navi da soccorso a effettuare viaggi più lunghi, ufficialmente per “decongestionare i porti di Sicilia e Calabria”.

“In questo momento non ci sono emergenze sanitarie a bordo – ha detto Nannini a Fanpage.it – Abbiamo trascorso una notte tranquilla. Il nostro medico ha controllato le condizioni della donna al settimo mese di gravidanza, e al momento non c’è necessità di evacuarla, sta bene. Ci sono molte persone con ustioni, dovute alla miscela di acqua salata e benzina, che spesso si forma in questi gommoni. Anche i bambini più piccoli, di 6, 5, 4 e 2 anni stanno bene. Anche se i migranti non hanno ferite fisiche è evidente la disperazione che hanno vissuto. Ieri erano tutti molto stanchi, hanno praticamente dormito tutto il giorno. Oggi hanno iniziato a raccontarci le loro storie, alcuni di loro sono stati nei centri di detenzione in Libia, dove hanno subito violenze. Ci vuole un po’ prima che si aprano con i nostri mediatori. Soprattutto le donne sono ancora in stato confusionale”.

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Le condizioni meteomarine sono buone, sabato è previsto un peggioramento, ma per fortuna arriveremo prima. La notte del salvataggio il meteo invece non era buono, sarebbe stato molto rischioso per i naufraghi continuare a stare in mare. Andavano alla deriva, non avevano quasi più benzina, perché avendo iniziato a imbarcare acqua ci hanno raccontato che avevano iniziato a svuotare taniche di benzina per usarle per togliere l’acqua dal gommone. Secondo noi non avrebbero avuto molto tempo prima che l’imbarcazione di rompesse. E tra l’altro i naufraghi non avevano i giubbotti salvagente, nemmeno i bambini li avevano, perché avrebbero comportato un costo extra. L’imbarcazione era proprio stracarica, oltre 100 persone su un gommone di una decina di metri, era una scena abbastanza scioccante. I tubolari erano quasi sgonfi da un lato, il gommone stava per assumere una forma di V, perché stava per cedere sul centro”.

La nave costretta a fare 3 giorni in più di navigazione

Dalla segnalazione di Alarm Phone la Life Support ha impiegato tre ore e mezza per arrivare sul posto: “Ci trovavamo a circa 30-35 miglia di distanza”. Ora l’assegnazione di un porto in Puglia ha allungato il tempo di permanenza dei migranti in mare, 30 ore in più, e naturalmente costringerà l’Ong a spendere più soldi di carburante. Anche perché poi la nave da Brindisi deve fare rotta verso Augusta per una sosta tecnica necessaria per fare rifornimento. Praticamente l’assegnazione per l’ennesima volta di un porto lontano, una prassi ormai consolidata negli ultimi mesi, causa giorni in più di navigazione alla nave di Emergency.

“Dicono che si vuole distribuire il carico tra i diversi porti italiani, a noi però non risulta che in questi giorni in Sicilia e Calabria ci siano stati altri sbarchi, oltre a quello di Cutro, quindi dire che i porti sono sovraccarichi non è vero. Non vediamo insomma ragioni tecniche, ci sembra un approccio politico”, ha sottolineato il Capo missione Sar di Emergency a Fanpage.it. “Le volte che ci è stato assegnato un porto lontano abbiamo chiesto l’accesso agli atti, per verificare le ragioni di questa prassi. Fino ad ora ci è stato negato”.

Secondo il decreto anti Ong varato dal governo Meloni la nave umanitaria, una volta effettuato il salvataggio, deve dirigersi immediatamente verso il posto assegnato, a meno che non venga autorizzata dalle autorità a fare diversamente. In teoria quindi, pur avendo altro spazio a bordo, non potrebbe effettuare alti salvataggi. A meno che, ha spiegato il ministro dell’Interno Piantedosi, le Ong non incontrino barconi in difficoltà lungo il tragitto verso il porto di sbarco. Il punto è però che secondo le nuove regole non sarebbero consentite deviazioni.

“La nostra nave è certificata per 170 persone. In situazioni emergenziali potremmo però accogliere anche più persone – ha spiegato ancora Emanuele Nannini – Se venissimo a conoscenza in questi giorni di altre imbarcazioni in difficoltà interverremmo sicuramente, è nostro dovere farlo. La Convenzione internazionale SOLAS (acronimo di Safety Of Life At Sea ndr) obbliga il capitano a intervenire, non è facoltativo. È un obbligo, una responsabilità che va sul penale se non si interviene, a meno che non ci siano altri asset disponibili nell’area. Noi fino alla zona a Nord di Lampedusa restiamo in Search attivo. Da lì in poi restiamo con le radio accese, e qualsiasi segnalazione dovessimo ricevere valuteremo se c’è qualcun altro, e se non c’è nessuno interverremo. Come dovrebbe fare qualsiasi nave in mare, non è una prerogativa delle Ong, come la narrazione del governo vorrebbe far passare”.

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Quando la Life Support è intervenuta per il soccorso due giorni fa, gli operatori avevano ben presente la tragedia di Cutro di domenica scorsa. “Tutti noi avevamo in mente le immagini di Cutro. Anche per questo eravamo molto felici di essere arrivati in tempo questa volta, perché il destino di queste persone sarebbe stato assolutamente lo stesso delle vittime del naufragio di Crotone, se non ci fossimo stati noi non ci sarebbe stato nessun altro a salvarli”. Piantedosi ieri ha tenuto un’informativa alla Camera e al Senato, in cui però non ha chiarito perché non è stata aperta subito la procedura Sar per il caicco che poi si è schiantato su una secca davanti alle coste calabresi, e non ha spiegato perché sono state tenute ferme le unità della Guardia Costiera, che avrebbero potuto navigare anche con mare forza 4. Il ministro ha anche detto che il decreto anti Ong non ha nulla a che vedere con questa strage, perché in quella rotta, quella ionica, non ci sono navi da soccorso.

“Innanzi tutto quel caicco era lì per colpa di un accordo tra l’Europa e la Turchia: questi migranti avrebbero potuto percorrere poche miglia in mare e arrivare in un’isola della Grecia, territorio europeo. Ma per legge, se si fossero approdati in Grecia li avrebbero rimpatriati subito, per questo sono arrivati in Italia. Poi è evidente che c’è un clima politico che non favorisce in generale gli interventi in mare, non li sostiene, anzi cerca di criminalizzare la flotta civile che li effettua”, ha aggiunto Emanuele Nannini.

“Fino ad oggi noi abbiamo collaborato, stiamo rispettando tutte le regole, non siamo stati ancora colpiti dal decreto. Però se non ci fosse stato questo provvedimento del governo, per esempio, saremmo rimasti un po’ in zona, per provare a salvare altre persone. Ma avevamo l’obbligo di abbandonare immediatamente l’area. Sicuramente queste norme stanno avendo degli impatti negativi sulla nostra attività”. “Mentre torniamo verso l’Italia oggi non c’è nessuna nave presente nelle acque internazionali davanti alla Libia, che sono la zona più letale, dove sono morte oltre 20mila persone negli ultimi 10 anni. E c’è una nave che potrebbe essere lì in quel momento, che è la Geo Barents di Msf che è ferma per 20 giorni a causa del decreto”.

La presidente di Emergency Rossella Miccio parteciperà alla manifestazione dell’11 marzo a Cutro, per pretendere verità e giustizia per le oltre 70 vittime del naufragio dello scorso 26 febbraio avvenuto a pochi metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro. “La drammatica assenza di canali sicuri e legali di accesso al territorio europeo obbliga chi fugge da guerre, persecuzioni e povertà a rischiare la vita: l’obiettivo di organizzazioni e associazioni è sollecitare un’inversione di rotta delle politiche migratorie in Italia e nell’Unione europea”, si legge nell’appello sottoscritto dal Tavolo Asilo e Immigrazione, dalla rete 26 febbraio, dalle Ong impegnate in operazioni di ricerca e soccorso, dalle reti locali della Calabria, dall’AOI, dalle tante organizzazioni locali e nazionali che hanno deciso di promuovere la mobilitazione sulla spiaggia di Cutro, a partire dalle 14:30.

Il mondo solidale non si arrende. I securisti al governo sono avvertiti. 

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