Meloni, Piantedosi e Salvini: in una "Norimberga del Mediterraneo" sareste sul banco degli imputati
Top

Meloni, Piantedosi e Salvini: in una "Norimberga del Mediterraneo" sareste sul banco degli imputati

Dovreste vergognarvi presidente Meloni, ministri Piantedosi e Salvini che avete svuotato il Mediterraneo dalle navi Ong.

Meloni, Piantedosi e Salvini:  in una "Norimberga del Mediterraneo" sareste sul banco degli imputati
Naufragio e strage di migranti davanti alla coste di Cutro
Preroll

Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

26 Febbraio 2023 - 12.59


ATF

VERGOGNA. VERGOGNA. E ancora VERGOGNA. Sì, dovreste vergognarvi presidente Meloni, ministri Piantedosi e Salvini. Voi che fin dal primo giorno del vostro governo avete dichiarato guerra abbracciando una politica securista disumana, varando un decreto legge, trasformato poi dalla vostra maggioranza parlamentare in dl, che ha come obiettivo svuotare il Mediterraneo dalle navi Ong. Voi che avete accompagnato un decreto condannato dalle Nazioni Unite e dal Consiglio d’Europa, con un lessico sprezzante, da squadrismo dialettico. Avete definiti i migranti su quei boat people in balia del mare, dei “carichi residuali” e le Ong dei “taxi del mare” pure in combutta con i trafficanti di esseri umani. E come non bastasse avete inaugurato la “logistica della crudeltà” assegnando porti di attracco le navi Ong distanti giorni e giorni dai luoghi del salvataggio. Voi che subito dopo la traduzione in legge del vostro decreto scellerato, e illegale rispetto alle norme del diritto del mare, avete fermato per venti giorni la Geo Barents e affibbiato 10mila euro di multa. Il “crimine” commesso è quello di aver salvato vite umane.

Voi, presidente Meloni, ministri Piantedosi e Salvini e con voi il codazzo di giornalisti mainstream al servizio del potente di turno, non avete diritto di piangere i morti dell’ennesima strage del mare. Le vostre sono lacrime di coccodrillo. Il vostro è un dolore ipocrita.

VERGOGNA infinita

La cronaca, che Globalist aggiorna in tempo reale, racconta di una strage di migranti all’alba di fronte le coste calabresi in un bilancio che si aggrava di minuto in minuto.

Almeno 43 persone sono morte durante il tentativo di sbarco a Cutro, a una ventina di km da Crotone. I corpi stanno venendo recuperati mano mano che il tempo passa a largo e sulla spiaggia. Diverse le donne e i bambini. I morti potrebbero essere oltre cento. 

Tra le vittime, anche un neonato di pochi mesi: il suo cadavere, secondo la drammatica testimonianza di un vigile del fuoco, è tra quelli finora tratti fuori dall’acqua dai soccorritori e dalle forze di polizia che stanno proseguendo nelle operazioni. 

 “C’erano stati sbarchi ma mai una tragedia così”, questo il primo commento a caldo del Sindaco di Cutro, Antonio Ceraso. “Il mare continua a restituire i corpi, è qualcosa che non si vorrebbe mai vedere”.

DA DOVE VENIVANO I MIGRANTI 

 Provenivano da Iraq, Iran, Afghanistan e Siria le vittime del naufragio di Steccato di Cutro. Si trattava di uno dei tanti viaggi della speranza che segue la rotta turca, quella più battuta dai migranti provenienti dai Paesi dell’area. I migranti erano a bordo di un caicco, un grosso barcone di legno. L’imbarcazione, però, non ha retto alla forza del mare, oggi particolarmente mosso, e si è spaccata a pochi metri dalla costa. I resti adesso sono sparsi sulla battigia per un centinaio di metri.

Non è una tragedia. E’ un crimine

Decine di migranti morti perché il loro barcone si è spaccato in due al largo di Crotone. Donne, uomini e bambini morti. Svuotare il Mediterraneo da chi salva vite, criminalizzare le Ong, spargere ogni giorno odio ha un prezzo: questo. E’ il twetter di Matteo Orfini, parlamentare Pd.

Durissimo è anche il segretario nazionale di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni. “Per ora 50 morti ma potrebbero essere almeno il doppio. Un ‘carico residuale’ vero governo Meloni? Evidentemente se ci fosse stato un sistema di ricerca e soccorso potevano forse essere salvati” scrive su Twitter Fratoianni alludendo alla stretta del governo per le navi Ong. 

Leggi anche:  Made in Italy, Giorgia Meloni contro la Ue: "Lavoriamo per smontare l'approccio ambientalista contro l'uomo"

La rabbia per il fatto di assistere, ancora una volta, a una tragedia che si poteva evitare. È questo il sentimento che ricorre nelle parole dei rappresentanti delle organizzazioni non governative impegnate nel soccorso in mare – un’impresa sempre più solitaria e difficile – dopo il naufragio davanti alla costa del Crotonese. 

“Nel Mediterraneo si continua a morire in modo incessante in un desolante vuoto di capacità di soccorso. A poche decine di chilometri dalle coste italiane, quando la meta era davanti agli occhi, è annegato il futuro di decine di persone che cercavano una vita più sicura in Europa. È umanamente inaccettabile e incomprensibile perché siamo sempre qui ad assistere a tragedie evitabili. È un pugno sullo stomaco, non ci sono altre parole. Msf ha dato la disponibilità alle autorità per attivare un primo soccorso psicologico per i sopravvissuti”. Così Sergio Di Dato, capo progetto Peolple on the Move, Medici Senza Frontiere.

 “Ancora una catastrofe nel Mediterraneo. Dolore e sgomento per le vittime che si contano a decine. Uomini, donne e bambini. Intollerabile che l’unica via d’accesso all’Europa sia il mare. L’assenza di missione di ricerca e soccorso europea è un crimine che si ripete ogni giorno”. Così un tweet di SeaWatch, l’organizzazione tedesca no-profit che opera nel Mediterraneo centrale.

“Piantedosi dice ‘bloccare le partenze’. Meloni dice ‘vite stroncate dai trafficanti’. Ma loro sono corresponsabili. Loro bloccano i soccorsi, criminalizzano chi salva vite e non hanno nulla da proporre, né corridoi umanitari né una missione di soccorso europea, a donne, uomini e bambini. Li vogliono condannare o a morire in mare o nei lager libici. Hanno difeso i confini. Ora saranno soddisfatti”. A dirlo all’Adnkronos è Luca Casarini, capomissione di Mediterranea Saving Humans.

Un dolore sincero…

“Stamattina ho saputo con dolore del naufragio avvenuto sulla costa calabrese, presso Crotone. Già sono stati recuperati 40 morti, tra cui molti bambini. Prego per ognuno di loro, per i dispersi, per gli altri migranti sopravvissuti”. Lo ha detto papa Francesco all’Angelus. “Ringrazio quanti hanno portato soccorso e coloro che stanno dando accoglienza – ha aggiunto il Pontefice -. La Madonna sostenga questi nostri fratelli e sorelle”.

E il dolore ipocrita

Il naufragio avvenuto al largo delle coste calabresi mi addolora profondamente e ci impone innanzitutto il profondo cordoglio per le vite umane spezzate”. Lo ha affermato il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. “E’ una tragedia immane che dimostra come sia assolutamente necessario contrastare con fermezza le filiere dell’immigrazione irregolare, in cui operano scafisti senza scrupoli che pur di arricchirsi organizzano questi viaggi improvvisati, con imbarcazioni inadeguate e in condizioni proibitive. E’ fondamentale proseguire in ogni possibile iniziativa per fermare le partenze e che non vengano in alcun modo incoraggiate traversate che, sfruttando il miraggio illusorio di una vita migliore, alimentano la filiera dei trafficanti e determinano sciagure come quella di oggi”. 

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, esprime “il suo profondo dolore per le tante vite umane stroncate dai trafficanti di uomini. È  criminale mettere in mare una imbarcazione” lunga appena 20 metri “con ben 200 persone a bordo e con previsioni meteo avverse”. E ancora, dice la premier in una nota diffusa da Palazzo Chigi dopo il naufragio al largo di Crotone  costato la vita a decine di migranti: “È  disumano scambiare la vita di uomini, donne e bambini col prezzo del ‘biglietto’ da loro pagato nella falsa prospettiva di un viaggio sicuro. Il Governo è impegnato a impedire le partenze, e con esse il consumarsi di queste tragedie, e continuerà a farlo, anzitutto esigendo il massimo della collaborazione agli Stati di partenza e di provenienza. Si commenta da sé l’azione di chi oggi specula su questi morti, dopo aver esaltato l’illusione di una immigrazione senza regole”. 

Leggi anche:  Aborto, De Cristofaro (Avs): "Da Bruno Vespa si discuteva di legge 194 senza donne, TeleMeloni colpisce ancora"

Evidentemente la premier ha la coda di paglia, visto che poco dopo la nota ufficiale di Palazzo Chigi, dichiara che “si commenta da sé l’azione di chi oggi specula su questi morti, dopo aver esaltato l’illusione di un’immigrazione senza regole”. Il governo, aggiunge, “è impegnato a impedire le partenze e con esse il consumarsi di queste tragedie, e continuerà a farlo, anzitutto esigendo il massimo della collaborazione agli Stati di partenza e di provenienza”.

Anche il vicepremier e ministro dei Trasporti e Infrastrutture, Matteo Salvini, punta il dito contro i trafficanti di uomini. “Ormai gli scafisti mettono in mare ‘barchini’ sempre meno sicuri e malandati incassando, sulla pelle di queste persone, milioni di dollari reinvestiti in armi e droga” dice il leghista. “Fermare i trafficanti di esseri umani è un dovere morale di tutti, soprattutto per salvare vite innocenti. Una preghiera per questi poveri morti”. 

Che dire se non VERGOGNA!

Gli effetti del Decreto migranti

Così ne scriveva su Lifegate del 17 febbraio Simone Santi, in un documentato report: “Se oggi una delle tante imbarcazioni di fortuna cariche di migranti si ritrovasse alla deriva nel mezzo del Mediterraneo centrale, non ci sarebbe nessuna nave di alcuna organizzazione non governativa in grado di soccorrere le persone in difficoltà. E forse la storia finirebbe come è finita il 15 febbraio, quando l’Organizzazione internazionale per le migrazioni ha segnalato 73 nuovi dispersi a seguito di un naufragio davanti alla Libia, per un totale di 130 dall’inizio dell’anno.

È il primo effetto del decreto varato dal governo l’ultimo giorno dello scorso anno, definito decreto Ong, e appena approvato dalla Camera, che spinge le navi a richiedere subito un porto in cui sbarcare non appena effettuato un salvataggio di migranti in difficoltà: così, ad oggi, dopo Ocean Viking e Geo Barents, dirette rispettivamente a Ravenna e Ancona, e la Sea Watch sbarcata a Napoli da qualche giorno, anche Life Support di Emergency sta rientrando a terra  dopo aver salvato 156 persone, in due diversi interventi.

Cosa prevede il decreto Ong

Salvataggio doppio: Due diversi interventi, è bene sottolinearlo. Il primo intorno alla mezzanotte: “La barca di legno, di circa 7 metri, è comparsa improvvisamente sul radar. Si è avvicinata spontaneamente alla nostra nave: in un primo momento i naufraghi hanno tentato di salire direttamente a bordo, pratica che rischiava di compromettere la loro incolumità. L’imbarcazione era sovraffollata e quindi molto instabile. Si sono tranquillizzati solo quando hanno visto attivarsi il team” ha raccontato Emanuele Nannini, Capo missione ricerca e soccorso di Emergency. Sulla barca c’erano 46 uomini. Il secondo intervento c’è stato verso le ore 8,30 del mattino: un’ora dopo aver ricevuto indicazione di dirigersi verso il porto di Civitavecchia, la Life Support ha individuato un’altra imbarcazione in difficoltà: un gommone grigio di una decina di metri con a bordo 110 persone. Il secondo salvataggio è avvenuto in coordinamento con il Centro di coordinamento marittimo di ricerca e soccorso (Mrcc), dunque apparentemente in un contesto di assoluta legalità.

Leggi anche:  25 Aprile, l'Anpi: "Democrazia e libertà sono in discussione, il Premierato della destra va combattuto"

Undecreto subdolo

Ma è proprio qui che entra in gioco il cosiddetto Decreto Ong 

 e l’aleatorietà di quanto vi è contenuto, che pone le navi delle organizzazioni non governative in un clima di incertezza riguardo all’effettiva liceità del proprio lavoro. Rispetto al testo originario del decreto, infatti, il testo approvato alla Camera non prevede più esplicitamente il divieto di effettuare salvataggi multipli, che era stato molto contestato in prima battuta perché in palese violazione della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, firmato nel 1982. Rimangono però, nel nuovo codice di condotta, gli altri obblighi:

  • richiedere, nell’immediatezza dell’evento, l’assegnazione del porto di sbarco
  • raggiungere il porto di sbarco indicato dalle autorità “senza ritardi” per completare il soccorso
  • fare in modo che le operazioni di soccorso non aggravino le situazioni di pericolo a bordo e non impediscano il raggiungimento del porto di sbarco.

La domanda nasce spontanea: effettuare ulteriori salvataggi, con il tempo e le possibili deviazioni sul tragitto che ciò comporta, contrasta o meno con quel “senza ritardi”? Contrasta o meno con quel “non aggravino le situazioni di pericolo a bordo” (per esempio rischi di sovraffollamento)?. Di fatto, le Ong sono obbligate a trascorrere buona parte del tempo in mare navigando verso porti sempre più lontani (gli ultimi porti assegnati sono stati Ancona, 100 chilometri di navigazione, Livorno, addirittura La Spezia, nel nord Italia, e mai in Sicilia): tempo che invece era prima impiegato per approdare in porti decisamente più vicini per poi tornare al più presto operativi.

“È un decreto subdolo, ma se ci ritroveremo nelle stesse condizioni rifaremo dei salvataggi multipli, perché la priorità è quella di salvare vite” spiega senza giri di parole Rossella Miccio, presidente di Emergency, in occasione di un evento organizzato dal Tavolo asilo e immigrazione (che riunisce ong del mare e associazioni del terzo settore come l’Arci, a Buon Diritto, Amnesty Italia e molte altre) per manifestare il dissenso contro il decreto proprio nel giorno della sua approvazione alla Camera. “Noi sicuramente non molliamo, continueremo a fare il nostro lavoro in mare e a sensibilizzare e informare l’opinione pubblica su un tema che per noi è fondamentale. Si tratta di salvare vite, di rispettare i diritti umani”.

A proposito di diritti umani, molto chiaro è stato anche Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia, che ha aderito all’iniziativa dal titolo-hashtag significativo, #iononsonodaccordo: “Questo decreto ong produrrà ulteriori morti in mare, perché si decide deliberatamente di non salvarli. Sono persone cui viene negato il diritto di trovare riparo e un futuro, è un accanimento contro di loro e un accanimento contro le Ong”: l’obiettivo, secondo Amnesty, “è toglierle di mezzo con la tattica dei porti lontani, con i procedimenti giudiziari e facendo in modo che la loro attività non venga svolta”.

La strage di oggi ne è la tragica conferma. Se un giorno dovesse realizzarsi una “Norimberga del Mediterraneo”, coloro che hanno dichiarato guerra alle Ong dovrebbero sedere nel banco degli imputati.

Native

Articoli correlati