Emanuele Fiano: "Letta ha ragione, tutto il Parlamento doveva ascoltare Zelesky. Essere ancora filo Putin è pazzesco”
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Emanuele Fiano: "Letta ha ragione, tutto il Parlamento doveva ascoltare Zelesky. Essere ancora filo Putin è pazzesco”

Il deputato del Pd Emanuele Fiano: "A mio parere, non ascoltare una persona è veramente il grado zero della democrazia"

Emanuele Fiano: "Letta ha ragione, tutto il Parlamento doveva ascoltare Zelesky. Essere ancora filo Putin è pazzesco”
Emanuele Fiano
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23 Marzo 2022 - 16.01


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di Antonello Sette

Onorevole Fiano, ieri Enrico Letta ha definito penoso lo spettacolo offerto dal Parlamento, falcidiato da oltre 350 assenze, in occasione del videocollegamento con il presidente ucraino Volodymyr Zelesky. Lei è d’accordo con il suo Segretario?

Assolutamente sì – risponde il deputato del Pd – Letta si riferiva alle assenze per motivi politici. C’erano deputati e senatori assenti anche per altri motivi, come, ad esempio, la paura dell’assembramento, ma sicuramente c’era una pattuglia significativa e incomprensibile di parlamentari, che non sono venuti per motivi politici. A mio parere, non ascoltare una persona è veramente il grado zero della democrazia. Ognuno ha le sue opinioni, ma io condivido il giudizio di Letta.

Pensa che il governo Draghi sia oggi più debole, alla luce delle innegabili turbolenze in atto, fra Lega, ex Cinquestelle e il presidente pentastellato della Commissione Esteri della Camera Vito Petrocelli, che si sfila dalla maggioranza interventista?

Penso che nessuno, in questo momento, abbia né l’interesse, né la necessità, di far cadere questo Governo e credo che sarebbe, nel caso, una scelta non comprensibile per la stragrande maggioranza degli italiani. Tutti i sondaggi, che sono stati realizzati su Draghi e sull’azione del Governo in questa guerra, sono sostanzialmente uniformi. Poi, è anche vero che noi stiamo prendendo decisioni straordinarie, peraltro nel solco della Costituzione, come hanno ribadito autorevolissimi costituzionalisti, a partire dal più autorevole di tutti, che è il nostro Presidente della Repubblica, perché, se così non fosse, l’invio di armi all’Ucraina non sarebbe stato possibile. E’ normale che ci siano dissensi. Se fossimo in Russia, sarebbe impossibile. Noi siamo una democrazia ed è, quindi, normale che ci siano. Petrocelli non rappresenta i Cinquestelle. Dopodiché, non si può disconoscere che ci siano delle difficoltà. Sul dissenso, che ha per oggetto l’invio delle armi, bisognerebbe fare chiarezza e non dimenticare come eravamo. Matteo Salvini è quello che, sino a qualche mese fa, diceva che la legittima difesa non deve essere giudicata da nessuno e, tantomeno, sanzionata da un giudice. Peraltro, Salvini ieri era in aula e la Lega ha votato alla Camera il provvedimento sull’invio delle armi e sarebbe incomprensibile se ci ripensasse. Resta, al di sopra di tutti i distinguo, un fatto inconfutabile. In Ucraina c’è un aggressore e un aggredito e l’aggredito si sta difendendo. Noi, quindi, scegliamo solo, come credo sia giusto, di aiutare l’aggredito.

C’è, come sa meglio di me, chi prospetta teorie diverse…

Sì, c’è chi dice che, se tu invii le armi, aumenti la possibilità di un prolungamento del conflitto. Secondo lei, se non inviamo le armi, i russi si fermano? Mi sembra che non si stia capendo che cosa sta realmente succedendo.  Se parte dei russi si stanno fermando, come dicono le fonti occidentali, è perché la resistenza ucraina, grazie alle armi fornite dall’Occidente, sta neutralizzando alcuni dei tank nemici. Onestamente non vede da parte nostra alcuna incoerenza. La nostra scelta non contraddice l’articolo 11 della Costituzione, perché noi non siamo entrati in guerra.

Lei aveva messo in conto un’anima trasversale filo Putin?

Sì, anche se sto attento a non definire filo putiniani tutti i contrari all’invio di armi. Sarebbe un’esagerazione. Tutti i leader del mondo possono esercitare, attraverso vari metodi, un’influenza sulle politiche di Paesi diversi dal loro. Ci sono legami di vario genere, a volte, ad esempio, commerciali. Ci sono stati legami politici. Non scopriamo niente di nuovo se diciamo che ci sono stati dei politici che sono andati lì ad omaggiare Putin. Sappiamo tutti che in Italia ci sono stati leader e, addirittura, partiti filo Putin. E’ stata per tanto tempo cronaca quotidiana. Definirsi ancor oggi putiniani lo trovo sinceramente pazzesco. Non mi sembra fortunatamente che sia così. Chi dissente lo fa per l’invio delle armi o per la tesi, per me folle, secondo la quale l’Ucraina è un Paese filofascista e filonazista, che, non andrebbe per nessuna ragione aiutato. La democrazia è bella perché è varia. In parte, quindi, me lo aspettavo.

Un’ultima domanda. Mettiamo il caso che domani, come tutti ci auguriamo, scoppi la pace. Che facciamo? Riannodiamo la corda spezzata o continuiamo ad aumentare le spese militari, come abbiamo già fatto di recente con lo stanziamento del  due per cento del Pil, a cavallo, peraltro, di una drammatica congiuntura economica? Non mi sembra, oltretutto, che su questo la maggioranza sia graniticamente coesa, come sembra…

La risoluzione, che aumenta i finanziamenti destinati alla Difesa, risveglia una decisione già presa anni fa ed è una decisione simile a quella, che stanno prendendo molti altri Paesi, nella direzione di un esercito europeo. Io penso che, se l’Europa non prende una decisione del genere, rispetto a un mondo in cui sembrano esserci solo Stati Uniti, Russia e Cina, non può diventare un soggetto   e che sarebbero in qualche modo vanificati i passi in avanti che abbiamo fatto negli ultimi due anni, in una situazione di drammatica emergenza.  Se alla solidarietà politica europea si aggiungesse una vera politica estera comune, sorretta da una vera difesa comune, noi ci avvineremmo finalmente al modello degli Stati Uniti d’Europa, che ci permetterebbe un’autonomia decisionale sul teatro mondiale. Le spese militari sono aumentate anche perché, se vogliamo proteggere il nostro patrimonio, dobbiamo investire in manutenzione. Una parte dell’aumento va sicuramente nella direzione di un esercito comune europeo. Io penso sia una scelta giusta, che va nella direzione di un obiettivo giusto e importante per il futuro, nostro e dell’Europa.

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