Fontana fregato dal famoso logo del marchio “Paul&Shark”: ecco come la Ragione si è accorta del cognato
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Fontana fregato dal famoso logo del marchio “Paul&Shark”: ecco come la Ragione si è accorta del cognato

La Regione Lombardia si accorse che a fornire i camici era il cognato del governatore solo grazie al popolare logo dell'azienda. Si infittisce il mistero sui conti svizzeri ereditati dalla madre

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1 Agosto 2020 - 08.30


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I funzionari della Regione Lombardia capirono da chi provenivano i camici solo grazie al logo di uno squalo. Si tratta del popolare marchio “Paul&Shark”, che era presente sulla lettera d’offerta di fornitura da parte dell’azienda Dama Spa di Andrea Dini, il cognato del Governatore Attilio Fontana. E’ questa l’ultima rivelazione del Corriere della sera sull’inchiesta che sta mettendo in seria difficoltà i vertici del Pirellone. Inchiesta che deve fare luce su uno stock di camici venduti e poi derubricati a “regalati” nel pieno dell’epidemia Covid da parte dell’azienda del cognato e della moglie di Fontana.

Scrive Luigi Ferrarella:

Allo stato delle dichiarazioni ufficiali dei vari protagonisti — e benché l’assessore regionale Raffaele Cattaneo avesse subito accennato a Fontana che tra le aziende disponibili a riconvertire la produzione c’era pure quella di Andrea Dini, non ricevendo segnali né di approvazione né di disdetta —, un po’ tutti in Regione affermano di non aver mai ricollegato la fornitura al fratello della moglie di Fontana fin quasi al buffo «ohibò» del 10/12 maggio.

Una collaboratrice del direttore generale della centrale acquisti regionale Aria spa, Filippo Bongiovanni, il 10 maggio gli si sarebbe infatti presentata con in mano la lettera del contratto proposto da Dama spa, facendo notare come stampato nell’intestazione ci fosse anche il logo — lo squalo — di «Paul & Shark», il noto marchio di abbigliamento in pancia alla Dama spa di Dini.

Un particolare certamente pittoresco ma che fornisce l’ennesimo indizio ai pm sul fatto che sia i funzionari della Regione che gli stessi vertici erano ben al corrente dell’identità del fornitore di camici. Insomma, un altro dettaglio che inguaia Attilio Fontana.

E come se non bastasse Repubblica rivela un’altra circostanza che continua a gettare ombre sul governatore. Stavolta si parla della sua eredità: Fontana non menzionò i conti esteri quando prese possesso dei beni della madre.

Scrivono Foschini e Tonacci:

Repubblica è venuta in possesso della prima dichiarazione di successione presentata da Fontana all’Agenzia delle Entrate il 15 febbraio 2016, otto mesi dopo la morte della madre. E tra i cespiti ereditari elencati, il conto di Lugano con i 5,3 milioni di euro non c’è. Apparirà soltanto diversi mesi dopo. Perché?

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