Gli indipendentisti in piazza a Barcellona per dire al governo: andiamo avanti lo stesso
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Gli indipendentisti in piazza a Barcellona per dire al governo: andiamo avanti lo stesso

Il presidente della Generalitat: si andrà al voto nella normalità, come sempre. Ora la pressione è tutta sui sindaci, diffidati da Madrid a collaborare con l'organizzazione del referendum

Indipendentisti catalani in piazza
Indipendentisti catalani in piazza
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Diego Minuti Modifica articolo

11 Settembre 2017 - 08.19


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La Catalogna che vuole staccarsi dal resto della Spagna oggi scende in piazza per ribadire che vuole continuare la marcia di allontanamento da Madrid. Lo fa in occasione della Diada, il giorno della Catalogna, che dovrà sopratttutto servire a misurare la forza dei due poli che si stanno scontrando.
Il presidente della Generalitat, Carles Puigdemont, che ha impugnato il vessillo dell’indipendentismo con una determinazione cha ad altri è mancata, ha voluto rassicurare tutti, nemici ed amici, sul fatto che il referendum indetto per il primo ottobre si svolgerà con il massimo delle garanzie.
Che è il punto che qualcuno sta sollevando per inficiare l’aspetto organizzativo della consultazione, dopo averne messo in dubbio la legalità e la costituzionalità. Tutto, ha spiegato Puigdemont, è stato organizzato per consentire ai catalani di votare come hanno sempre fatto, ”nella totale normalità”.
Questo sul fronte pratico, ma ad agitare le cronache è il versante politico perché nessuno dei contendenti vuole abbassare i toni. Che anzi si alzano, se si trova il minimo appiglio. Il dato che emerge oggi, e che deve fare riflettere, è che i sindaci di Lleida e Tarragona, due dei quattro capoluoghi di provincia catalani, hanno rifiutato di dare locali di proprietà del Comune dove istituire i seggi. Si dirà che i due sindaci non sono indipendentisti, ma socialisti. Però cambia poco perché ridà fiato a chi in Catalogna parla del referendum come di una forzatura, decisa da una elite animata da sogni velleitari e che la gente ha difficoltà a capire.
Madrid, da parte sua, continua a fare la voce grossa per fare passare il messaggio che il referendum è incostituzionale e che continuare nella sua organizzazione è un fatto eversivo che il governo centrale non può consentire o tollerare. Con la Corte costituzionale che ha lanciato un chiaro avvertimento alle istituzioni – soprattutto quelle locali, politicamente più deboli – che, se dovessero collaborare al referendum, andrebbero incontro a conseguenze di tipo penale.
Una presa di posizione importante, la cui eco è sicurmente arrivata a Madrid, è del sindaco di Barcellona, l’ex attivista per il diritto alla casa, Ada Colau, ha dato la sua disponibilità ”ad agevolare il diritto alla partecipazione politica e alla mobilitazione dei cittadini”, ma a condizione di non mettere in pericolo i dipendenti pubblici e l’istituzione e su questo ha chiesto alla Generalitat chiarimenti su come intende praticamente organizzare la consultazione popolare.

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