Imu, scuole confessionali esentasse? Contro la Costituzione e il buon senso
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Imu, scuole confessionali esentasse? Contro la Costituzione e il buon senso

La surreale protesta della Chiesa contro l'Imu, affiancata dai soliti politici sodali. Ecco il commento del coordinatore triestino della Consulta per la laicità delle istituzioni.

Imu, scuole confessionali esentasse? Contro la Costituzione e il buon senso
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30 Luglio 2015 - 09.37


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di Dario Predonzan

Dopo le reazioni inviperite alla sentenza della Corte di Cassazione sull’obbligo anche per gli istituti scolastici parificati (per lo più confessionali e in grandissima maggioranza cattolici) di pagare l’IMU, merita ricordare alcuni fatti.

Primo: l’art. 33 della Costituzione (tuttora vigente, anche se molti nei partiti di governo e non solo vorrebbero “rottamarla”) stabilisce che “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”. Dizione chiarissima, per chi lo voglia. Ci fu chi disse: «Il vostro parlare sia sì sì e no no. Il di più viene dal Maligno». Tuttavia, nella patria del Diritto – ma troppo spesso tomba della Giustizia – un qualche maligno deve essersi dato molto da fare, se da parecchi anni scuole ed istituti scolastici religiosi possono contare su sostanziosi contributi statali, che ammontano a quasi un miliardo di euro l’anno.

Un fiume di denaro pubblico, cui si aggiunge una miriade di ulteriori contributi elargiti da Regioni ed enti locali. In Friuli Venezia Giulia, ad esempio, risultano nel bilancio regionale 2015: 1 milione 590 mila di “contributi una tantum per la costruzione, la ristrutturazione, l’ampliamento e la straordinaria manutenzione di istituti di istruzione religiosa, di opere di culto e di ministero religioso, compresi gli uffici e le abitazioni dei ministri dei culti e le relative pertinenze”; più 2 milioni e mezzo per le scuole dell’infanzia non statali; più 200 mila euro per “contributi alle associazioni che affiliano scuole non statali”. Non basta: nel 2014 sono stati stanziati 8 milioni e mezzo per “anticipazioni di cassa dell’80% con fondi della Regione FVG sui contributi statali per le scuole paritarie”. Pare infatti che lo Stato eroghi in ritardo i propri contributi ed allora provvede “mamma” Regione, che – si spera – poi viene rimborsata.

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Ovviamente, questi istituti scolastici incassano poi anche le – non certo irrilevanti – rette dalle famiglie che vi iscrivono i propri figli. Difficile quindi sostenere che si tratti di attività senza fini di lucro: perché dunque esentarle dal pagamento dell’IMU che com’è noto va a beneficio dei Comuni, finanziariamente sempre più disastrati?

Secondo: sentenza della Cassazione a parte, sarebbe ora che i decisori politici riflettessero sui pericoli insiti nel violare il dettato costituzionale, sottraendo risorse all’istruzione pubblica e incentivando un modello “educativo” che mira alla preminenza assoluta delle famiglie nel determinare il destino dei figli. Che molti vorrebbero rinchiudere in recinti ideologici a sfondo religioso, con il pretesto di difenderli da progetti «satanici» come quelli per il contrasto dell’omofobia e la promozione della parità di genere.

Non sarà un caso, infatti, se negli attacchi isterici contro la presunta «ideologia del gender» associazioni ed esponenti religiosi islamici si sono affiancati con entusiasmo alle componenti più retrive del mondo cattolico.

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Liberi tutti costoro di credere all’esistenza di un «complotto satanico-massonico» (è il termine usato ad esempio nel sito www.no-gender.it) contro l’umanità, ma che almeno non vengano finanziati con i soldi di tutti, a scapito della scuola pubblica e pluralista.

*coordinatore Consulta triestina per la Laicità delle istituzioni

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