La politica, le unioni civili e il diritto alla felicità
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La politica, le unioni civili e il diritto alla felicità

La legge sulle unioni civili non è né di sinistra né di destra. Non sono leggi ideologiche ma di civiltà. La felicità non si impone. [Franco Balbo]

La politica, le unioni civili e il diritto alla felicità
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8 Gennaio 2014 - 16.50


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di Franco Balbo

Una volta per tutte bisognerebbe chiarire il concetto per il quale la legge sulle unioni civili non è né di sinistra né di destra. Non sono leggi ideologiche ma di “civiltà”, rispondenti a quel diritto alla felicità per cui la Politica, al di là dei suoi colori, dovrebbe lavorare.

Kant diceva che nessuno può costringere ad essere felice un’altra persona secondo la propria concezione di felicità. Ognuno può ricercare la propria attraverso la strada che reputa migliore senza, naturalmente, ledere la libertà di altri. Per tale ragione la questione della felicità non può scindersi da quella della libertà. E questo vale anche per la Società e la Politica che la governa.

In tante campagne elettorali si ascoltano discorsi sulla felicità. Candidati che promettono di prendersi cura della felicità dei “propri” cittadini come se la felicità fosse uguale per tutti. Un governo che decide (come un padre) quale sia la felicità per il proprio “popolo” (figli-sudditi) andrebbe a togliere la libertà e la responsabilità di questa ricerca ad ogni singolo cittadino. Sarebbe un po’ come un padre che si voglia prendere cura del proprio figlio garantendogli la propria visione di felicità che spesso, però, non coincide affatto con quella del figlio, con le sue aspirazioni e con la propria indole.

Porrei attenzione anche su chi impone la felicità a fondamento della vita morale attraverso la politica ed il governo di un territorio. Mi riferisco a quei partiti di ispirazione religiosa (e non) per i quali la propria morale diviene fondamento alla felicità generale e collettiva.

La felicità non è uguale per tutti! Semmai esistesse una legge sulla felicità perseguirebbe unicamente il diritto alla felicità. Cioè il diritto all’appagamento di tutte le nostre inclinazioni.
Questo è il compito della politica rispetto ai cittadini. Perseguire il diritto alla felicità di ogni singolo cittadino. Non creare, quindi, la felicità (preconfezionata valevole per tutti) ma legiferare in modo che ogni cittadino abbia le possibilità di perseguire le proprie inclinazioni senza che queste ledano il diritto degli altri a perseguire lo stesso scopo. In fondo non c’è bisogno di scomodare Kant per verificare che i governi che hanno voluto procurare a tutti gli uomini un modello specifico di libertà e di felicità hanno generato mostri sociali e causato tragedie storiche spero irripetibili.

Per queste ragioni auguro a tutti noi una proficua ricerca della Felicità e che il nostro pensiero critico ci aiuti a perseguire le inclinazioni personali nel rispetto dell’altro in un quadro di un vero cosmopolitismo culturale.

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