Il politico telegenico, da Zu Guttenberg a Renzi
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Il politico telegenico, da Zu Guttenberg a Renzi

Da qualche tempo è nato un nuovo tipo di politico, che piace in tv, adatto alla politica-spettacolo. Lo afferma Thomas Schmid del quotidiano tedesco Die Welt.

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12 Dicembre 2012 - 10.44


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De Gasperi e Adenauer oggi non sarebbero invitati nei talk show politici, perché “non telegenici”, “vecchi” e oratori poco graffianti. Da qualche tempo è nato un nuovo tipo di politico, il politico che piace in tv, adatto alla “politica-spettacolo”. E’ l’opinione di Thomas Schmid, direttore editoriale del quotidiano tedesco Die Welt (gruppo Axel Springer), intervenuto all’incontro dei giornalisti di Italia e Germania a Villa Vigoni, a Menaggio, sul Lago di Como, sull’argomento “Le relazioni di reciproca influenza tra giornalismo e politica”.

In Germania questo nuovo politico è forse paragonabile a Theodor Zu Guttenberg, il baronetto che aveva scalato il partito conservatore bavarese Csu diventando ministro della Difesa a 39 anni, obbligato poi a dimettersi nel 2011 per avere copiato la tesi di dottorato; in Italia viene subito in mente Matteo Renzi, che ha fatto sue espressioni come “sms” e che durante il confronto tv per le primarie del centro-sinistra è sicuramente apparso come l’oratore più disinibito di fronte alle telecamere.

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Entrambi di bell’aspetto, giovani e con un futuro politico (anche in tv) assicurato. “La tv ha cambiato la vita politica – gli ha fatto eco l’ambasciatore Sergio Romano, tra i relatori della due giorni, che si è conclusa ieri sera, al centro culturale italo-tedesco – l’ha spettacolarizzata, l’uomo politico deve fare spettacolo”. Secondo Romano, il giornalismo “insegue la tv”, perché la carta stampata è molto “nervosa”, teme costantemente di perdere lettori. Non è un caso se il confronto in tv del 1960 tra Nixon e Kennedy arrivò a registrare circa 73 milioni di spettatori americani.

Il direttore editoriale della Welt, Thomas Schmid, ha insistito, inoltre, sulla “boulevardizzazione” dei giornali di oggi, soprattutto in Italia. “Il giornalismo italiano è troppo politicizzato e non contribuisce a pacificare la politica”, ha spiegato da parte sua l’ambasciatore Romano, sottolineando che da 30 anni a questa parte molti colleghi si sentono “cattedra”. In Germania, fino al 1945 il giornalismo è stato caratterizzato da molti giornali di partito, poche regole, più spazio agli attacchi politici. Dopo il 1945, il paese “era a terra politicamente e moralmente” e le forze di occupazione dettarono allora le regole per i giornali, definendo “chi poteva essere accettabile e chi no”.

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E’ stata – ha spiegato Schmid – una “lunga fase di educazione ai valori occidentali”, al tempo in cui il giornalismo era un progetto d’elite. In seguito, per un certo periodo, il giornalismo ha “controllato” l’operato della politica, tutto poi é cambiato negli Anni Ottanta, con l’arrivo del partito dei Verdi tedeschi, nuovo partito anti-autoritario che ribaltava il paesaggio politico in Germania. Di fronte a uno scandalo che coinvolge un politico, la stampa tedesca non perdona. Il caso dell’ex presidente della Repubblica tedesca Christian Wulff, spinto a dimettersi nel febbraio di quest’anno dopo una gogna mediatica durata due mesi, è solo un secondo esempio di “massacro mediatico”, dopo l’uscita di scena di Zu Guttenberg.

Ina specie di processo intentato da testate di destra come di sinistra (Bild, Sueddeutsche Zeitung e Frankfurter Rundschau). “E’ stata la prima volta che i giornali hanno fatto cadere un presidente eletto”, ha sottolineato il giornalista tedesco, aggiungendo che “c’è qualcosa che non va”, se la stampa in Germania sta facendo i conti in tasca a Peer Steinbrueck, candidato Spd alla cancelleria alle prossime elezioni tedesche, controllando se ha pagato le tasse o se ha ricevuto guadagni troppo alti alle conferenze, invece che analizzare il suo programma politico.

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(Tmnews da [url”www.francoabruzzo.it”]http://www.francoabruzzo.it/[/url])

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