I comunisti italiani prenderanno parte alle primarie del centrosinistra. Il dispostivo della direnzione nazionale del Pdci è semplice e conciso. E non è una novità visto che Oliviero Diliberto lo annunciava dalla fine dell’estate piuttosto esplicitamente. Visto che solo sette giorni prima il cambio di passo era stato ufficializzato al consiglio nazionale della Federazione della sinistra segnando un divorzio di fatto ma con la deroga che la Fds correrà ancora unita, dovrebbe almeno, alle prossime regionali di Lazio, Lombardia, Molise.
Dunque il dispositivo di ieri è solo il passaggio formale che impegna il partito a «provare a concludere un accordo con il centro-sinistra per scongiurare lo scenario di un Monti-bis e l’imposizione delle sue politiche antipopolari». Ci si impegna «a partecipare al percorso delle primarie della coalizione “Italia bene comune”, dando indicazione di voto per Nichi Vendola, il candidato più marcatamente di sinistra, più conseguentemente critico con le politiche di Monti e nostro alleato nei referendum sul lavoro. Qualora vi fosse un secondo turno delle primarie (e qualora Vendola non vi giungesse) il Partito si impegna, sin d’ora, a sostenere la candidatura di Pierluigi Bersani».
L’annuncio non sembra essere stato accolto con entusiasmo dai nuovi compagni di strada – non risultano dichiarazioni o agenzie – ma, a sentire Diliberto questo strappo da Rifondazione è molto meno doloroso di come fu quando con Cossutta si decise di restare nella maggioranza del centrosinistra nonostante questi fosse in procinto di partecipare alla guerra in Kossovo.
Ma nel Pdci potrebbero manifestarsi malumori e defezioni visto che lo scorso 27 novembre, al No Monti day, molti militanti hanno disobbedito all’ordine di scuderia di non andare a una manifestazione «che divideva», secondo quanto dichiarò Diliberto, il fronte immortalato sulle scale del Palazzaccio al momento della presentazione dei quesiti referendari su articolo 18 e contrattazione nazionale. Si tratta non solo della Federazione di Salerno del Pdci, che ha aderito ufficialmente al corteo No Monti, ma anche di settori di Lazio, Toscana, Emilia, Veneto e che potrebbero essere più attratti dal percorso indicato dall’appello “Cambiare si può”, lanciato dallo storico fiorentino Paul Ginsborg già definito l’“anti-Grillo”, per una lista inedita e autonoma da quei partiti che hanno imposto al Paese le lacrime e il sangue del fiscal compact.
L’appello sottoscritto anche da Luciano Gallino, tra gli altri, e Marco Revelli, Ugo Mattei e Alberto Lucarelli, assessore a Napoli con De Magistris, registra già l’adesione di Luigi De Magistris, Paolo Ferrero, di Massimo Rossi, coordinatore della Fds, e di Gianni Rinaldini, ex leader della Fiom che per un pezzo era dato come il trait d’union tra Vendola e la galassia dei centri sociali più attratta dall’idea di partecipare alle primarie. Sul sito dell’appello per il quarto polo nelle prime 48 ore sono già arrivate alcune migliaia di adesioni.
Dopo il successo della manifestazione del 27 ottobre, 150mila persone, Rifondazione comunista ha dovuto riconoscere, invece, il flop alle elezioni siciliane e, nelle angustie del sistema elettorale, prova a chiudere il ventennio del neoliberismo dentro un percorso meno “scolastico” di quello imboccato dal Pdci, e che metta insieme “benicomunismo”, la critica al liberismo con la critica alla malapolitica. Su queste basi viene risposto a chi ha lanciato il Quarto polo ed è stato deciso di andare a vedere le carte nell’assemblea nazionale che ci sarà probabilmente il primo dicembre per «un ampio polo di alternativa che si ponga l’obiettivo di governare il paese su un programma antitetico a quello imposto da Monti e dalle politiche europee».
Quello che la fase dovrà chiarire è se il divorzio della Fds possa mortificare questo passaggio oppure possa liberare le energie che finora non avevano trovato così attrattivo un tentativo di unire le forze che nei territori ha funzionato a intermittenza.
Anche se non mancano gli scettici, anche dentro il Prc c’è un’area che fa capo alla rivista FalceMartello, o nel comitato No Debito di Cremaschi, ad esempio, e nell’area dei centri sociali del Nordest, il quadro è quanto mai fluido: la dialettica aperta nell’Idv, i mal di pancia all’interno di Sel, l’interesse dentro pezzi del No Monti day, l’interesse per la campagna referendaria e la possibilità che il movimento della scuola dia una scossa all’autunno magari a partire dallo sciopero europeo di mercoledì prossimo.