Migranti, navi Ong bloccate nei porti e i (post) fascisti al governo se ne vantano
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Migranti, navi Ong bloccate nei porti e i (post) fascisti al governo se ne vantano

Fermi amministrativi. Navi salvavita bloccate nei porti. Provvedimenti di un governo “postfascista”, dove quel post è forse di troppo

Migranti, navi Ong bloccate nei porti e i (post) fascisti al governo se ne vantano
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

4 Giugno 2023 - 15.54


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Fermi amministrativi. Navi salvavita bloccate nei porti. Provvedimenti di un governo “postfascista”, dove quel post è forse di troppo.

Punizioni mirate

Ne scrive Luca Pons su fanpage.it: ““In un solo giorno sono arrivate due fermi amministrativi, con annessa multa, per due navi di Ong dedicate al soccorso di persone migranti che tentano di attraversare il Mediterraneo e si trovano in pericolo di vita. Si tratta della Mare Go, legata all’omonima Ong tedesca, e della Sea Eye 4, della Ong Sea Eye, sempre tedesca. Le imbarcazioni dovranno restare ferme in porto per venti giorni.

Perché le due navi Ong sono state punite con il fermo amministrativo

La sanzione è uguale, perché entrambe hanno violato il decreto Ong del governo Meloni, diventato legge da febbraio. In particolare, la Mare Go ha rifiutato di andare al porto di Trapani, come le era stato indicato, e si è invece diretta a Lampedusa. Il motivo è che Lampedusa era il porto più vicino, mentre Trapani si trovava “a un minimo di 32 ore di distanza”, come detto immediatamente dalla Ong. “Abbiamo comunicato alle autorità che Mare Go non è attrezzata per curare le persone soccorse per quel periodo di tempo”, quindi “è irragionevole continuare così tante ore di navigazione”. Una decisione di cui “la Capitaneria e la Guardia di finanza sono state informate”.

A bordo della Mare Go si trovavano 36 persone migranti soccorse in mare e, dato che la nave solitamente fa attività di monitoraggio e di assistenza a imbarcazioni in difficoltà, non aveva le attrezzature, né gli spazi o le strutture, necessarie per tenere a bordo quelle persone a lungo[…].

La Sea Eye 4, invece, resterà bloccata in porto per venti giorni a Ortona, in Abruzzo, perché ha effettuato più di un salvataggio prima di arrivare all’approdo, oggi. In un primo momento, in una zona di mare tra Libia e Tunisia in area Sar libica, la nave aveva soccorso 17 persone. Ritornando verso l’Italia, invece di dirigersi immediatamente al porto indicato ha messo in atto un’altra operazione di soccorso, rivolta questa volta a 32 persone migranti in mare. Secondo la Guardia costiera, che ha effettuato accertamenti per entrambe le imbarcazioni, le Sea Eye 4 ha ha soccorso una barca verso cui “si stava già dirigendo in soccorso una motovedetta Sar della Guardia costiera italiana”.

“Il Sea-Eye 4 ha interrotto il suo avvicinamento a Ortona martedì sera – ha risposto la Ong – perché c’era una chiamata di soccorso da una barca con più di 400 persone nella zona di ricerca e soccorso maltese. Poiché nessun attore statale ha confermato il coordinamento dell’emergenza marittima e Malta non ha coordinato per molti mesi le emergenze, la missione di salvataggio aggiuntiva per Sea Eye era senza alternative”.

Il governo Meloni esulta: “Non deleghiamo il controllo delle frontiere”

Il sottosegretario al ministero dell’Interno, il leghista Nicola Molteni, ha rivendicato le sanzioni: “Fermo amministrativo per due navi delle Ong, la ‘Mare Go’ e la ‘Sea Eye 4′, per avere entrambe violato le indicazioni del Governo italiano, applicato il decreto Ong con il blocco delle navi. E alla prossima violazione scatta il sequestro. Il Governo non delega a imbarcazioni private che battono bandiera straniera, finanziati da Stati esteri, il controllo delle frontiere e il soccorso”.

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È arrivata solidarietà, invece, dalla Ong Sea-Watch Italia: “Punite per aver salvato vite in mare. Dove lo Stato inventa leggi ingiuste per calpestare i propri doveri e criminalizzare la società civile, questa può e deve disobbedire per pretendere il rispetto dei diritti di chi fugge”, ha scritto l’organizzazione su Twitter”.

Così Pons.

“Abbiamo comunicato alle autorità che Mare Go non è attrezzata per curare le persone soccorse per quel periodo di tempo (un minimo di 32 ore di navigazione) scrive la Ong – e che il nostro equipaggio è stato in mare aperto per diversi giorni effettuando diverse operazioni di soccorso e quindi è irragionevole continuare così tante ore di navigazione per quanto riguarda il benessere delle persone soccorse e del nostro equipaggio. Ecco perché abbiamo deciso di dirigerci invece verso Lampedusa. La Capitaneria e la guardia di finanza sono state informate del fatto, in assenza di altra possibilità di raggiungere un Pos in sicurezza”. La Mare Go attacca poi il governo: “Abbiamo violato il decreto legge del 2 gennaio del governo postfascista di Meloni, che è un altro strumento per lasciare affogare la gente che emigra ed impedire a chi fa solidarietà di intervenire”.

Gorden Isler, presidente della Sea-Eye, ha commentato l’accaduto definendolo “un altro riprovevole tentativo di criminalizzare il salvataggio in mare”.

Contrasto internazionale

Da Avvenire del 16 febbraio 2023: “A Ginevra l’Onu scende in campo a difesa delle ong, invitando il governo italiano a “ritirare” il dl che «punisce organizzazioni umanitarie e migranti», mentre a Lampedusa una successione senza sosta di sbarchi mette di nuovo in crisi l’hotspot di Contrada Imbriacola e in mare la nave di Emergency, reduce da due soccorsi, viene indirizzata verso il porto di Civitavecchia.

Dopo il Consiglio d’Europa, è toccato alle Nazioni Unite bacchettare il governo Meloni: «È un modo sbagliato di affrontare le questioni umanitarie. Si rischia di far morire più persone in mare», ha detto l’Alto Commissario Volker Turk. 

Il dl Ong, approvato dalla Camera e tra poco in discussione al Senato, non fa altro che «punire sia i migranti sia coloro che cercano di salvarli. Questa penalizzazione delle azioni umanitarie trattiene le organizzazioni dei diritti umani dal fare il proprio lavoro».

Il provvedimento, che andrà in discussione al Senato, richiede che le navi delle Ong non facciano soccorsi multipli e si dirigano, immediatamente dopo il primo soccorso, verso il porto assegnato, a prescindere dalla possibilità di salvare altri naufraghi nell’area. Al tempo stesso, fa rilevare l’Onu, l’Italia ha assegnato alle navi porti di sbarco distanti, talvolta a giorni di navigazione dal primo luogo in cui è stato compiuto un soccorso. «In base al diritto internazionale – spiega Turk – un capitano è vincolato al dovere di immediata assistenza alle persone in difficoltà in mare, e gli Stati sono tenuti a proteggere il diritto alla vita, ma il nuovo provvedimento obbliga una nave di ricerca e soccorso a ignorare le richieste di soccorso da parte di coloro che sono in mare solo perché ne sono stati salvati altri». L’Alto commissario «sollecita con urgenza il governo dell’Italia a ritirare la legge proposta, e a consultare i gruppi che operano nella società civile, in particolare le Ong che si occupano di ricerca e soccorso, e assicurare una legislazione che rispetti le norme internazionali sui diritti umani, le leggi sui rifugiati e altre cornici normative, inclusa la Convenzione dell’Onu sul diritto del Mare e la Convenzione internazionale sulla ricerca e il soccorso in mare». 

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Le partenze dalla Libia, intanto, sono riprese, complice il bel tempo, e, di conseguenza, i soccorsi. La Aita Mari ha salvato 31 migranti stipati in una piccola barca di legno. Tra loro donne incinte, bambini e neonati di pochi mesi. Altri 33 migranti, che si aggiungono a quelli arrivati negli ultimi due giorni, sono stati soccorsi davanti alle coste sud-occidentali della Sardegna. La nave Life Support di Emergency ha soccorso e salvato, in due distinte operazioni, 156 persone nel Mediterraneo centrale, ma è stata minacciata da unità libiche con «manovre azzardate – spiega la ong – e intimidatorie». Emergency «ha scoperto ieri che il mezzo in questione apparteneva alle Ssa (Stability Support Apparatus, un organismo dipendente dal ministero dell’Interno libico)». «Denunciamo – sottolinea l’ong – le intimidazioni ricevute e le manovre azzardate nei nostri confronti da parte di un mezzo che appartiene a forze di sicurezza libiche. Confermiamo che la nostra nave si trovava a oltre 25 miglia nautiche dalla costa libica, quindi a debita distanza delle acque territoriali che terminano a 12 miglia, come riscontrabile dagli apparati di navigazione presenti a bordo». 

Le autorità italiane hanno assegnato alla nave il porto di Civitavecchia. I naufraghi a bordo provengono da Bangladesh, Pakistan, Sudan, Eritrea, Egitto, Gambia, Ciad, Camerun, Senegal Mali, Nigeria, Costa d’Avorio, Guinea Conakri. “Tutte le persone soccorse – ha assicurato Agnese Castelgrandi, medico di bordo – stanno bene e stanno riposando. Stiamo monitorando costantemente le loro condizioni”.

A loro è andata bene. Non così, invece, all’uomo il cui cadavere è stato trovato al largo di Lampedusa dalla Guardia di finanza. Il corpo era nei pressi dell’isolotto di Lampione. Potrebbe trattarsi di una delle vittime degli ultimi naufragi avvenuti nel canale di Sicilia. La salma è stata portata alla camera mortuaria del cimitero di Cala Pisana. Ieri sono arrivati 735 migranti a bordo di nove imbarcazioni. Oggi ci sono stati oltre una ventina di sbarchi.

Altri uomini e donne non arriveranno mai. Le persone soccorse da Emergency hanno segnalato di aver incrociato, prima di essere soccorsi, un’altra imbarcazione come la loro in mare “in condizioni precarie”. «Per ora non ve ne sono tracce», spiega l’equipaggio della nave, obbligata ormai a dirigersi verso Civitavecchia e a lasciare qualcuno indietro, in balia del mare”.

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Una denuncia argomentata

Diciassette febbraio 2023. “La conversione del cosiddetto “Dl Ong” da parte della Camera “è una vergogna. Quel decreto è una vergogna contro cui persino un gruppo di parlamentari tedeschi ha preso posizione, scrivendo ai nostri parlamentari sottolineando che quel testo va contro il diritto internazionale, e per ricordare loro di tenere ben presenti le conseguenze di quella legge sulla vita delle persone che cercano protezione in Europa. L’Italia ha raggiunto davvero un punto di non ritorno, per meri interessi politici”. Così commenta all’agenzia Dire Filippo Miraglia, il responsabile migrazioni di Arci nazionale, in seguito al “sì” da parte di 187 deputati, 139 contrari e tre astenuti alla norma che aggiorna il cosiddetto “dl Lamorgese” introducendo nuove disposizioni per le navi delle organizzazioni umanitarie che salvano migranti nel Mar Mediterraneo. Ora il “Dl” dovrà passare al vaglio del Senato.

La delusione di Miraglia per la scelta dei deputati si aggiunge alle recenti posizioni espresse dal Consiglio europeo dell’8 febbraio, in cui è stato chiesto di rafforzare le frontiere esterne e stringere nuovi accordi di rimpatrio coi Paesi d’origine dei migranti. “I trafficanti di persone staranno festeggiando ancora una volta per il grande contributo ai loro affari dato dall’Ue” dice il responsabile, che continua: “La grande enfasi sulla dimensione esterna dei controlli e delle frontiere, lo sforzo per rendere sempre più difficile accedere ai visti e attraversare legalmente le frontiere, oltre ad essere un danno alla democrazia e alla cultura del diritto, al futuro dell’Europa, è un favore a chi lucra sull’immigrazione irregolare. Non c’è neanche un blando tentativo, neanche generico, di governare gli ingressi Si alimenta l’idea che siamo in guerra contro l’immigrazione, facendo un favore, culturale ancor prima che politico, alle destre xenofobe che su questo hanno costruito le loro fortune elettorali. Rinunciando alla tutela dei diritti umani e alla cultura dei diritti l’Ue rinuncia al proprio futuro e cancella il proprio passato”.

Di recente, il governo laburista dell’Australia, in netta controtendenza rispetto alla linea dell’esecutivo precedente, ha annunciato che consentirà ai circa 19 mila migranti sul proprio territorio di fare richiesta del permesso di soggiorno permanente. “La scelta dell’Australia, con molti limiti, ci dice che si può fare: introdurre canali di accesso legale alle frontiere per ricerca di lavoro e per richiesta d’asilo” il commento di Miraglia.

La conclusione la lasciamo a Giorgia portavoce della Ong Sea Watch: “Il lavoro delle Ong, per come viene raccontato, sembra politico ma è un lavoro estremamente tecnico. Quello che facciamo è essenziale anche per testimoniare quello che accade nel Mediterraneo: senza le Ong non avremmo mai saputo che i libici sparano ad altezza uomo, così come non sapremmo del naufragio del 12 marzo. L’ho detto, in questo momento siamo un testimone scomodo”.

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