Razzismo: danno a una scrittrice africana una foto oscena con una svastica
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Razzismo: danno a una scrittrice africana una foto oscena con una svastica

Due giovani dopo un incontro con studenti a Barga (Lucca) si sono avvicinati alla scrittrice ivoriana Clementine Pacmogda, linguista alla Scuola Normale di Pisa e autrice di testi premiati.

Razzismo: danno a una scrittrice africana una foto oscena con una svastica
La scrittrice ivoriana Clementine Pacmoga linguista alla Scuola Normale di Pisa e
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8 Giugno 2022 - 20.23


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La foto di una ragazza sorridente a cui, però, sopra il volto era stata disegnata una figura oscena a sfondo sessuale e su un braccio una svastica, è il dono fatto da due giovani dopo un incontro con studenti a Barga (Lucca) alla scrittrice ivoriana Clementine Pacmogda, linguista alla Scuola Normale di Pisa e autrice di testi premiati.

Lo riporta  La Nazione con un’intervista alla scrittrice la quale afferma: «Due ragazzi di 15 e 16 anni mi hanno dato quella foto per il colore della mia pelle. Mi avevano avvicinato dicendomi `Ti vogliamo fare un regalo´ e poi mi hanno dato quella foto», «poi si sono messi a ridere e ho detto loro `Regalate questa foto a me che sono una donna?´». 

L’episodio risale a sabato scorso quando Clementine Pacmogda ha trascorso una mattinata con gli studenti di Barga. 

Lei, nata in Costa D’Avorio e cresciuta nel Burkina Faso, vive a Borgo Val di Taro (Parma) ma è molto conosciuta in Valle del Serchio, in Toscana, dove viene coinvolta in iniziative coi giovani sul razzismo, sull’orrore del nazismo e sul rispetto delle donne.

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 «Perché hanno consegnato quella foto proprio a me?», ha anche commentato Clementine Pacmogda, che è rimasta turbata dall’episodio e che ha deciso di presentare una denuncia ai carabinieri. 

«All’inizio ho cercato di dimenticare, poi il pensiero di quanto accaduto mi faceva male – ha detto -. Mi hanno affrontato a viso scoperto, ridendo», «avevano una faccia strana», «Perché? Per loro ero un’immigrata che non conosce il senso di una svastica», «il pensiero di quanto accaduto mi faceva male». «Certo – ha concluso – sono ragazzi, poi mi sono detta `No, non si può lasciar perdere´». 

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