L'ultima furbata: finanziare l'emergenza rifugiati ucraini con i soldi dell'Aiuto allo sviluppo
Top

L'ultima furbata: finanziare l'emergenza rifugiati ucraini con i soldi dell'Aiuto allo sviluppo

Invece di assottigliare ancor più lo già scheletrico budget dell’APS, stornare qualche miliardo dalle spese per armi e strumenti di morte, questo proprio no?

L'ultima furbata: finanziare l'emergenza rifugiati ucraini con i soldi dell'Aiuto allo sviluppo
Aiuti allo sviluppo per l'Africa
Preroll

Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

23 Marzo 2022 - 19.36


ATF
  • L’ennesima “furbata”. Invece di sostenere la popolazione civile ucraina con parte dei miliardi destinati agli armamenti, il Governo italiano ha pensato bene, anzi male, malissimo, di attingere dal già esiguo budget dell’Aiuto pubblico allo Sviluppo (APS) per l’emergenza dei rifugiati ucraini. E tutto questo solo pochi giorni dopo il via libera del Parlamento, a larghissima maggioranza, all’aumento delle spese miliari portate al 2% del PIL. Per l’anno in corso, le spese militari supereranno i 25 miliardi, con un balzo del 20%  negli ultimi 3 anni.
  • Gli stanziamenti in aiuto pubblico allo sviluppo internazionale, invece, nel 2020 hanno raggiunto il minimo storico di 3,67 miliardi di euro appena lo 0.22 per cento del Pil  (nonostante impegni decennali ad avvicinarsi allo 0.7 per cento).    Invece di assottigliare ancor più lo già scheletrico budget dell’APS, stornare qualche miliardo dalle spese per armi e strumenti di morte, questo proprio no? Ma questo ai parlamentari in divisa e ai direttori di giornale con l’elmetto, non entra proprio in testa.

Scrive su Il Manifesto Francesco Vignarca, tra i più seri analisti di spese militari, coordinatore delle campagne di Rete Pace e Disarmo: ”Le ripercussioni globali della crisi ucraina, che già cominciano a farsi sentire ovunque con il rapido aumento dei prezzi di cibo, materie prime ed energia, potrebbero seriamente minare gli sforzi Oltre a devastare l’Ucraina, l’invasione decisa da Valdimir Putin ha ribaltato gli orizzonti di molte scelte politiche internazionali, soprattutto in Europa. È successo per le esportazioni di armi, con i Paesi dell’Unione europea che hanno deciso di ignorare norme condivise vincolanti, ma soprattutto lo si rileva sul tema delle spese militari. Un clima politico totalmente cambiato dal recente passato, in cui comunque il rialzo negli investimenti armati era in qualche modo limitato da una contrarietà nell’opinione pubblica evidenziata da diversi sondaggi. Oggi invece si cerca il consenso politico in direzione militarista. Un consenso politico in direzione militarista che fa dichiarare con allegria al Sottosegretario alla Difesa Mulé che “non ci diciamo più che con un F-35 si costruiscono cento asili, ma che con l’F-35 ne proteggiamo migliaia”. Sempre che in futuro ci sia qualche soldo per costruirli e gestirli.[…] Chi ritiene che per rispondere alla minaccia del Cremlino, che uscirà dal conflitto ucraino con forze armate decimate e fortemente indebolite in assetti e capacità, si debbano ulteriormente aumentare le spese militari o ha problemi di aritmetica o ritiene altamente inefficienti (magari per corruzione?) gli investimenti fatti dai Paesi occidentali. Oppure, più semplicemente, si fa trascinare da una diffusa retorica con l’elmetto (comoda, semplificatoria, politicamente vantaggiosa) orchestrata in maniera interessata da chi sta già contando le montagne di soldi in arrivo per questa decisione. Resta da capire come le casse dello Stato possano permettersi 12 miliardi in più all’anno per soldati e armi”.

Leggi anche:  Lavrov dice che la Russia è pronta a negoziare con l'Ucraina ma non se c'è Zelensky

 Un “gioco” svelato.

A farlo, con la consueta tempestività e forza di argomenti, è Oxfam che parla dell’aiuto internazionale in regioni e paesi del mondo colpiti da gravi emergenze umanitarie. 

“Ci preoccupa il fatto che molti governi donatori, invece di prevedere risorse aggiuntive, stiano attingendo ai budget dell’Aiuto pubblico allo sviluppo (APS) per rispondere nei propri territori all’emergenza dei rifugiati ucraini, arrivati già a oltre 3 milioni in questi giorni – rimarca Francesco Petrelli, esperto di finanza per lo sviluppo di Oxfam Italia – Non si può scegliere tra le donne e i bambini ucraini in fuga dalla guerra o quelli della Somalia o dello Yemen che soffrono la fame. Per questo sulla crisi ucraina sono necessarie risorse aggiuntive. L’Italia nei giorni scorsi ha stanziato 110 milioni all’Ucraina attraverso la modalità del sostegno diretto al bilancio del governo ucraino. Si tratta di risorse stanziate per l’APS che chiediamo siano reintegrate.”

In Europa vari governi come Spagna, Paesi Bassi e Francia hanno stanziato nuovi fondi per le emergenze prodotte dall’eccezionale massa di profughi che fuggono dall’Ucraina. Ci auguriamo presto la conferma ufficiale che si tratti di fondi aggiuntivi, rispetto alle linee di bilancio del loro aiuto pubblico per lo sviluppo e le emergenze umanitarie. 

Dimezzati gli aiuti per Timor Est, alto il rischio di tagli verso i paesi dell’Africa occidentale

Mentre l’Unione europea – e già questa purtroppo è una certezza – ha più che dimezzato i finanziamenti umanitari a Timor Est, e alcuni donatori hanno avvertito che ridurranno del 70% l’APS per il Burkina Faso, un destino che potrebbe riguardare altri paesi dell’Africa occidentale. 

In queste prime settimane di conflitto abbiamo assistito a vari tipi di risposta: alcuni paesi stanno utilizzando risorse stanziate per l’aiuto allo sviluppo e le emergenze umanitarie, definendo diverse priorità come i paesi nordici, Danimarca, Norvegia e in parte la Svezia. Altri stanno ridefinendo modalità nell’uso delle risorse come la Gran Bretagna, cofinanziando con 25 milioni di sterline le famiglie inglesi che ospiteranno i profughi ucraini.

Infine paesi come la Germania che, in attesa di ulteriori sviluppi della crisi, non hanno ancora preso decisioni. 

Già nel 2015, con la crisi dei profughi del milione di rifugiati siriani, l’Europa aveva risposto utilizzando all’interno del proprio territorio in media l’11% (15,4 miliardi di dollari) delle risorse destinate alla cooperazione internazionale, producendo così il fenomeno della cosiddetta “distorsione dell’aiuto”.  

Leggi anche:  Un mondo riarmista è un mondo da combattere

I fondi per lo sviluppo non restino dentro i confini nazionali    

“Dobbiamo evitare questa volta che i paesi donatori spendano dentro i confini nazionali, il loro budget per l’aiuto allo sviluppo –aggiunge Petrelli – Basti pensare che al momento l’appello di 6 miliardi delle Nazioni Unite per intervenire in Etiopia, Kenya, Somalia e Sud Sudan, colpiti da gravissima insicurezza alimentare, è finanziato solo al 3%. Yemen, Siria, i paesi dell’Africa orientale e occidentale, i milioni di persone colpiti duramente da cambiamenti climatici e Covid non possono essere abbandonati.”

Di fronte ai 3,5 milioni di profughi ucraini l’Ue ha dimostrato di essere coerente con i suoi valori e i suoi principi. È essenziale che lo sia sempre, anche con i rifugiati di tutte le guerre e che agisca in modo coordinato, costituendo un fondo extra budget europeo comune per gestire la crisi attraverso un impegno realmente collettivo.

L’appello al Governo italiano

“Ribadiamo quindi la richiesta al nostro governo che l’Italia, come altri donatori europei stanno facendo, dimostri generosità e lungimiranza e non sottragga risorse già stanziate per la cooperazione o le crisi umanitarie. – conclude Petrelli – In particolare chiediamo che i 110 milioni stanziati al governo ucraino attraverso l’Agenzia della Cooperazione siano reintegrati per le finalità proprie della cooperazione internazionale. Vorremmo che le dichiarazioni fatte dalla Vice Ministra con delega alla cooperazione Sereni, trovino al più presto un riscontro concreto.”

Presidente Draghi, a Lei rispondere. Con i fatti.

FERMATEVI! La guerra è una follia

Il movimento pacifista non getta la spugna. Non “diserta”, ma rilancia la sua azione. Si è svolta questa mattina a Perugia presso la sede della Provincia di Perugia la conferenza stampa di presentazione della Marcia PerugiAssisi della pace e della fraternità contro la guerra in Ucraina. Una convocazione straordinaria che si svolgerà tra un mese, domenica 24 aprile, vigilia della Festa della Liberazione.
“Questa Marcia è una risposta concreta all’appello di Papa Francesco che ci ha invitato tutti a pregare e a diventare costruttori e costruttrici di pace”, ha dichiarato Flavio Lotti, coordinatore del Comitato Promotore della Marcia.
Domenica prossima, 27 marzo, ha annunciato Lotti, saremo in Piazza San Pietro con la grande bandiera della Marcia PerugiAssisi, per consegnare a Papa Francesco 655.000 firme dire insieme: FERMATEVI! La guerra è una follia. A portare la bandiera della pace saranno i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze, gli insegnanti e i genitori dell’Istituto Comprensivo “Fiume Giallo” di Roma.”
Un appello da rilanciare
E’ quello del mondo solidale che si è fatto promotore dell’edizione straordinaria della Perugia-Assisi.

“Dal 24 febbraio la guerra in Ucraina avanza facendo strage di vite innocenti, riducendo le città in cimiteri, minacciando la guerra mondiale e la catastrofe atomica. Per questo diciamo che va fermata!
Ogni giorno che passa, lo scontro s’innalza e la guerra diventa più disumana e cieca distruggendo ogni residuo spazio di pace. Per questo ripetiamo che va fermata subito!!!
Fermare la guerra vuol dire negoziare subito, con determinazione, su tutto: il cessate il fuoco, i corridoi umanitari, la fine della guerra, la sicurezza per tutti, il disarmo, il rispetto dei diritti umani di tutti, comprese le minoranze. Tutte le strade vanno percorse. Bisogna dialogare con tutti.
E’ urgente l’apertura di un negoziato multilaterale serio, strutturato, concreto, onesto e coraggioso, sotto l’autorità delle Nazioni Unite. Il Segretario Generale dell’Onu, i responsabili dell’Unione Europea e della politica internazionale lo devono fare ora! Guardando al presente ma anche al futuro. Per salvare la povera gente che è rimasta sotto le bombe. Per scongiurare la catastrofe atomica. Per impedire l’esplosione di una nuova devastante crisi sociale e ambientale. Non c’è obiettivo più importante!
Moltiplichiamo le iniziative di pace e domenica 24 aprile, vigilia della Festa della Liberazione, partecipa alla Marcia straordinaria PerugiAssisi della pace e della fraternità.
Insieme con Papa Francesco, diciamo tutti, ma proprio tutti: Fermatevi! La guerra è una follia.
Nessuno si rassegni alla guerra e alla corsa al riarmo! Nessuno si pieghi alle leggi della violenza. Nessuno ceda alla logica amico-nemico. Risolviamo i problemi che non abbiamo ancora voluto affrontare nel rispetto del diritto internazionale. Basta con la propaganda di guerra! Fermiamo la circolazione dell’odio e dell’inimicizia. Facciamo pace. Prendiamoci cura delle vite degli altri, sempre, comunque e dovunque senza distinzioni di alcun genere.
Siamo solidali con gli ucraini e con tutte le vittime di tutte le guerre dimenticate che continuano a insanguinare il mondo. Con i russi che si oppongono alla guerra, con chi è costretto a farla e con le vittime della persecuzione anti-russa. Con tutti i bambini e le bambine, le donne e gli uomini di ogni età che pagheranno le dure conseguenze della guerra, in Italia e nel resto del mondo.
Chi ama la pace, come recita la Costituzione Italiana, «ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali».
Invia la tua adesione, le tue idee e proposteal Comitato promotore Marcia PerugiAssisi, via della viola 1 (06122) Perugia – Tel. 075/5737266 – 335.6590356 – fax 075/5721234 – email adesioni@perlapace.it – www.perlapace.it – www.perugiassisi.org.

Globalist c’è. Come sempre. Contro la militarizzazione delle coscienze, contro l’informazione in divisa, per non dimenticare le guerre colpevolmente “dimenticate”. E per riaffermare che se vuoi la pace non preparare la guerra.

Native

Articoli correlati