Rovelli, Ucraina: "È un errore pensare a 'buoni' contro 'cattivi': in guerra soffrono tutti"
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Rovelli, Ucraina: "È un errore pensare a 'buoni' contro 'cattivi': in guerra soffrono tutti"

Il fisico: Il problema della situazione della minoranza russa in Ucraina è reale, come è reale il problema per la Russia di avere armi della Nato ai suoi confini"

Rovelli, Ucraina: "È un errore pensare a 'buoni' contro 'cattivi': in guerra soffrono tutti"
Carlo Rovelli
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17 Marzo 2022 - 22.54


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Il fisico Carlo Rovelli, questa sera ospite a Piazzapulita, è stato al centro di diverse critiche e insulti e minacce di morte per un’immagine postata sulle sue pagine social che mostrano non l’Ucraina devastata dalla guerra ma l’Afghanistan, e a bombardare sono stati gli american. E ancora lo Yemen distrutto dalle bombe fornite anche dall’Italia. 

“Le guerre sono tutte terribili e odiose, indipendentemente dai motivi per le quali vengono fatte” dichiara Rovelli: “È sempre meglio evitarle”. Ma adesso, che si bombarda da settimane, cosa dobbiamo fare? “Stiamo commettendo un errore grave, sia a breve che a lungo termine, del quale ci pentiremo” continua il professore. 

“Nell’immediato, l’unico risultato del fornire armi all’Ucraina sarà quello di far soffrire di più gli ucraini, provocando più morti sia tra loro che tra i russi; in prospettiva, rifiutandoci di accettare compromessi e di prendere atto che non siamo i padroni del mondo e che non possiamo decidere tutto, rischiamo di avere un altro secolo di sofferenze e devastazioni, proprio come il Novecento”.

Rovelli mette in guardia dai rischi dello “scontro totale” e del ragionare sempre e solo in un’ottica di “buoni contro cattivi”. La tesi è che, nonostante i media parlino ormai apertamente di pericolo atomico o di “terza guerra mondiale”, qualcosa di buono lo si possa ancora fare. “In passato le superpotenze mostrarono di saper scongiurare un conflitto nucleare, rinunciando alla logica del controllo militare totale” ricorda Rovelli:

“Nel 1962 John Fitzgerald Kennedy e Nikita Kruschev trovarono una via d’uscita quando si era a un passo dallo scontro atomico, rinunciando da una parte ai missili a Cuba e dall’altra a quelli in Turchia”. Una scelta di saggezza, secondo il professore, peraltro in un contesto internazionale piu’ polarizzato di quello di oggi dal punto di vista ideologico. “Vladimir Putin è un presidente democraticamente eletto, seppure molto autocratico, come ce ne sono anche in Paesi schierati dalla nostra parte” sottolinea Rovelli. Convinto che anche per questo lo spazio dei compromessi possibili con Mosca sia enorme.

“Ci sono ragioni da entrambe le parti” dice il professore: “Il problema della situazione della minoranza russa in Ucraina è reale, come è reale il problema per la Russia di avere armi della Nato ai suoi confini; e poi non si capisce perché per l’Occidente sia necessario fare esercitazioni militari nel mar Nero sotto il naso dei russi”.

Ma Kiev neutrale sarebbe una cosa buona o un regalo a Putin? “Per anni Paesi come la Svezia o l’Austria non sono stati né di qua né di là rinunciando alle armi” risponde Rovelli. “L’Occidente dovrebbe accettare questa logica, anche perché nel Donbass è dal 2014 che c’è una guerra civile; il punto sta nel saper rinunciare a una logica di dominio totale”.

Ma la posizione dell’Onu, con 141 Paesi che hanno approvato una risoluzione di condanna dell'”aggressione” russa? “Quando ci sono emozioni forti come adesso, un fatto naturalmente comprensibile, si rischia di cadere in un pensiero unico sbagliato” commenta Rovelli. “Se si va a vedere il voto alle Nazioni Unite si scopre che la metà della popolazione mondiale, più di tre miliardi di persone, quel documento non l’ha appoggiato; e attenzione, si sono astenute anche democrazie, come l’India, per la quale l’assioma Putin dittatore cattivo e Nato forza del bene non vale affatto”.

Un’altra domanda è ancora per le vittime in Ucraina, con almeno 549 civili uccisi, stando a dati dell’Onu. Il professore ricorda 20 giorni trascorsi a Kharkiv, la principale città dell’Ucraina orientale, oggi sotto assedio. “Era prima che cominciasse il conflitto nel Donbass” dice Rovelli. “Si parlava in russo, anche se io me la potevo cavare solo con l’inglese; soprattutto si studiava, come da tradizione, perché l’Istituto politecnico di Kharkiv ha dato un grande contributo alla ricerca scientifica globale”.

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