Lampedusa 3 ottobre 2013: per non dimenticare la strage del mare
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Lampedusa 3 ottobre 2013: per non dimenticare la strage del mare

In occasione della Giornata Nazionale della Memoria e dell’Accoglienza, si ricordano in Italia le 368 vittime – tra cui 83 donne e 9 bambini – morte nel tragico naufragio

Lampedusa, immagine d'archivio
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

2 Ottobre 2021 - 18.30


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Lampedusa 3 ottobre 2013-Lampedusa 3 ottobre 2021. Per non dimenticare. E per continuare a battersi affinché quella immane strage in mare non rimanga impunita.

Strage continua

“Domani, in occasione della Giornata Nazionale della Memoria e dell’Accoglienza, si ricordano in Italia le 368 vittime – tra cui 83 donne e 9 bambini – morte nel tragico naufragio al largo di Lampedusa il 3 ottobre 2013, e quanti come loro hanno perso la vita nel tentativo disperato di trovare sicurezza e protezione in Europa.  Nonostante la risposta all’emergenza attivata da quell’evento, sono ancora tanti i morti e dispersi nella rotta del Mediterraneo centrale. Secondo i dati del progetto  Missing Migrants di Oim, solo nel 2021 si stima siano oltre 1100, per un totale di quasi 18.500 dal 2014 a oggi.  L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim), l’Agenzia Onu per i Rifugiati (Unhcr), e Il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (Unicef), – sono presenti oggi a Lampedusa insieme alle organizzazioni della società civile, ai rappresentanti delle istituzioni governative locali e nazionali, per esprimere vicinanza ai sopravvissuti e parenti delle vittime del naufragio del 3 ottobre e ribadire ancora una volta come salvare le vite in mare resti un imperativo umanitario. 

 L’Oim, l’Unhcr e l’Unicef riconoscono l’impegno profuso dal Governo italiano nel campo dell’accoglienza e l’attivazione di una risposta tempestiva alla recente emergenza Covid-19.  

 Le Organizzazioni delle Nazioni Unite ribadiscono però l’urgenza di ripristinare un’operazione efficace di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, a oggi prevalentemente in mano all’importante lavoro delle Ong, di promuovere procedure di sbarco strutturate e condivise, di individuare alternative più sicure agli attraversamenti in mare promuovendo canali regolari di migrazione e di garantire un meccanismo di redistribuzione di quanti arrivano negli Stati membri della UE. 

 Resta inoltre necessaria l’identificazione tempestiva delle categorie più vulnerabili, tra cui minori stranieri non accompagnati e vittime di tratta, per garantire adeguata protezione e accoglienza a chi fugge da violenza, persecuzioni e povertà”.   

Non chiudere gli occhi

“E’ inaccettabile che si continui a perdere la vita in mare” sottolinea Tareke Brhane, presidente del Comitato 3 Ottobre. “Essere qui in queste giornate è per noi un dovere civico e morale. Non possiamo accettare che donne, bambini e uomini in fuga dalla violenza continuino a perdere la vita in mare per una carenza di mezzi di soccorso e per l’assenza di corridoi umanitari. Non è più sostenibile che il soccorso in mare sia delegato al lavoro della Guardia Costiera italiana, a poche Ong e a mercantili che non sono attrezzati per il salvataggio ed il trasporto di persone vulnerabili. Come non è sostenibile – aggiunge  Tareke Brhane – che solo agli stati costieri sia lasciato l’onere esclusivo dell’accoglienza di chi arriva via mare. Si rende sempre più necessario un meccanismo stabile e coordinato di soccorso.  sempre più urgente ripristinare un’operazione efficace di ricerca e soccorso nel Mediterraneo e di un meccanismo stabile e coordinato di sbarco e redistribuzione automatica dei richiedenti asilo negli Stati membri della UE.  Per noi del Comitato, il 3 ottobre resta una data che ci ricorda come il salvataggio di vita umane debba sempre restare la priorità numero uno”.

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Il racconto

Per non dimenticare. Globalist ripropone il reportage da Lampedusa per l’Ansa di Ruggero Farkas e Matteo Gudelli.

La tragedia inimmaginabile fino a pochi secondi prima divampa in un lampo come il fuoco che avvolge subito il ponte del barcone da dove centinaia di somali ed eritrei guardavano la costa vicinissima di Lampedusa, di fronte l’Isola dei Conigli, immaginando già  di toccare terra. I migranti volevano segnalare la propria posizione incendiando una coperta ma le fiamme si sono propagate subito sul ponte dove giacevano 300 forse 500 persone.

Ed è stato subito l’inferno che ha scatenato la più  grande tragedia dell’immigrazione: almeno 368 i migranti morti. Le persone salvate sono 155, tra cui sei donne e due bambini. Due donne incinte sono state trasportate a Palermo. Tre migranti, invece, sono stati ricoverati al poliambulatorio di Lampedusa. ‘Viene la parola vergogna: è una vergogna! Uniamo i nostri sforzi perché  non si ripetano simili tragedie. ‘ ha detto papa Francesco. Per il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ‘Bisogna reagire e agire. Non ci sono termini abbastanza forti per indicare anche il nostro sentimento di fronte a questa tragedia’. 

Sul fondo del mare stanno lavorando i sommozzatori per cercare di recuperare altre vittime: sarebbero decine i corpi rimasti imprigionati nello scafo affondato a cinquanta metri di profondità  Gli investigatori hanno già fermato il presunto responsabile di questa tragedia, un tunisino di 35 anni indicato come lo scafista del ‘barcone della morte’, che deve rispondere di omicidio plurimo e favoreggiamento.

L”inferno sull’acqua si è’ scatenato verso le 5 del mattino dopo che già due barconi con oltre 460 persone erano stati soccorsi e portati a riva dalla guardia costiera. Nessuno si aspettava che il convoglio avesse un’altra unità che era già giunta sotto costa. Quando le fiamme si sono propagate sul barcone i migranti presi dal panico si sono gettati in acqua, alcuni sono annegati subito, altri sono riusciti a rimanere a galla fino all’arrivo dei soccorsi: prima un natante con otto italiani che avevano dormito nella cala Tabaccara, poco dopo le vedette della guardia costiera e altri pescherecci. I somali e gli eritrei sopravvissuti al naufragio sono stati portati nel centro di accoglienza. Dice Giuseppe Noto, direttore sanitario dell’Asp: “Il viaggio era andato bene. I migranti stavano bene abbiamo trovato qualcuno disidratato e qualche altro infreddolito, ma stavano bene. E’ stata una tragedia nella tragedia, questa carneficina quando ormai il viaggio era concluso’.

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I cadaveri, via via che venivano recuperati, sono stati deposti sul molo Favaloro, ormai diventato una camera mortuaria a cielo aperto per le vittime dei viaggi della speranza, e inseriti nei sacchi di plastica con cerniera, verdi e blu forniti dalla direzione dell’aeroporto. Sull’isola pochi turisti e molti abitanti dal molo di fronte il Favaloro sono andati a vedere i sacchi coi cadaveri. Lampedusa è strapiena, i lidi hanno tutti gli ombrelloni aperti, gli alberghi non hanno camere libere, e i bagnanti si godono lo scampolo vacanziero forse senza sapere cosa avviene a pochi metri da loro. Dal pontile una staffetta di ambulanze con la sirena accesa precedute dalle gazzelle dei carabinieri ha portato i corpi nell’ enorme edificio blu dell’aeroporto che normalmente ospita gli elicotteri della Finanza e del 118. Sono stati portati lì anche due bimbi, un maschio e una femmina, di tre e due anni: molti operatori, militari, uomini delle forze dell’ordine non hanno potuto trattenere le lacrime guardando quei corpicini senza vita.

L’hangar della morte è un capannone 40 per 40 alla fine della pista dell’aeroporto di Lampedusa, dove sono state deposte le 103 vittime finora recuperate. Sopra ogni sacco è spillato un numero che servirà  alla polizia scientifica per dare un nome ai migranti deceduti. I poliziotti hanno fotografato i volti di tutte le persone morte. I sacchi sono disposti a file doppie e seguono il perimetro dell’hangar dove sono stati accesi i climatizzatori e le pompe per l’aerazione per tentare di mantenere più bassa possibile la temperatura. Chi entra ed esce da questo luogo parla di ‘sensazione indescrivibile’.

‘Dolore e rabbia – aggiunge un testimone – sono le reazioni che si mischiano vedendo questi corpi a pancia all’aria deposti nei sacchi’. Entrando nell’hangar, a sinistra, i primi cadaveri coperti sono quelli dei quattro bambini, anche loro sono chiusi negli enormi ‘sudari’ di plastica. Dall’hangar, per rendere omaggio alle vittime, ha cominciato la sua visita a Lampedusa il vicepremier Angelino Alfano, accompagnato dal capo della polizia Alessandro Pansa, e poi raggiunto anche dal presidente della Regione Rosario Crocetta. Poi il ministro dell’Interno è andato a trovare i sanitari che prestano soccorso ai migranti e a constatare le condizioni dei tre somali ricoverati. ‘Ho visto i corpi – ha detto Alfano – una scena raccapricciante, che offende l’Occidente e l’Europa. Spero che la divina provvidenza abbia voluto questa tragedia per far aprire gli occhi all’Europa’”.

Ma quegli occhi sono ancora chiusi.

Non c’è futuro senza memoria”. 

A Lampedusa anche quest’anno Mediterranean Hope, programma migranti e rifugiati della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, ricorderà il 3 ottobre, anniversario della morte in mare di 368 persone, nel 2013.

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Nella notte tra il 2 e il 3 si terrà un momento di cordoglio e ricordo, davanti al monumento dedicato alle vittime del naufragio del 2013. Mentre domenica 3 ottobre alle 18 presso il santuario della Madonna di Porto Salvo si terrà la commemorazione interreligiosa, promossa dalla Fcei, dalla parrocchia San Gerlando e dall’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso dell’Arcidiocesi di Agrigento.

Alla cerimonia interverranno Luca Maria Negro, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, Monsignor Alessandro Damiano, Arcivescovo di Agrigento, che partiranno da un passo biblico, il Deuteronomio 4, 9-14:

“9 Soltanto, bada bene a te stesso e guàrdati dal dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno viste, ed esse non ti escano dal cuore finché duri la tua vita. Anzi, falle sapere ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli. 

10 Ricòrdati del giorno che comparisti davanti al SIGNORE, al tuo Dio, in Oreb, quando il SIGNORE mi disse: «Radunami il popolo e io farò loro udire le mie parole, perché essi imparino a temermi tutto il tempo che vivranno sulla terra e le insegnino ai loro figli». 11 Voi vi avvicinaste e vi fermaste ai piedi del monte; e il monte era tutto in fiamme, che si innalzavano fino al cielo; vi erano tenebre, nuvole e oscurità. 12 E dal fuoco il SIGNORE vi parlò; voi udiste il suono delle parole, ma non vedeste nessuna figura; non udiste che una voce. 13 Egli vi annunciò il suo patto, che vi comandò di osservare, cioè i dieci comandamenti, e li scrisse su due tavole di pietra. 14 A me, in quel tempo, il SIGNORE ordinò d’insegnarvi leggi e prescrizioni, perché voi le mettiate in pratica nel paese dove ora entrerete per prenderne possesso”.

Parteciperà alla commemorazione anche Marta Bernardini, coordinatrice di Mediterranean Hope.

“Siamo come ogni anno a Lampedusa, come tutto l’anno su quest’isola – spiega Bernardini -, per ricordare le vittime del 3 ottobre ma anche per ricordare le altre 40mila persone che sono morte nel Mediterraneo negli ultimi dieci anni, i morti come quelli del 30 settembre a Sampieri, e tutti i corpi ancora dispersi in mare. E le persone che continuano a morire. Perchè non ci siano altri morti, altre persone costrette a subire violenze, torture, a dover fuggire dal loro Paese, dall’Afghanistan alla Tunisia, fino alla Libia, ovunque siano. Crediamo nell’autodeterminazione delle persone e dei popoli e che l’Europa si debba fare carico del diritto di ognuno ed ognuna a cercare una vita migliore, dignitosa, con sogni e desideri”.

 Lampedusa, 3 ottobre 2013. Senza memoria non c’è futuro. 

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