Medico fiscale di colore aggredito: "Negro di m..., da qui non esci vivo"
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Medico fiscale di colore aggredito: "Negro di m..., da qui non esci vivo"

Violenza razzista a Chioggia contro un dottore originario del Camerun che aveva 'pizzicato' un finto malato

Medico di colore, Chioggia
Medico di colore, Chioggia
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5 Giugno 2021 - 10.34


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Il solito razzismo in un paese nel quale ancora oggi molti negano l’esistenza del razzismo (e dell’omofobia).
“Quell’uomo mi spingeva, premendomi le dita sul torace. E intanto urlava: ‘Negro di m…, da qui non esci vivo. Non puoi venire in Italia a fare il c… che ti pare. Tu firmi che ero in casa o ti spacco la testa’”. E’ la testimonianza di un medico fiscale dell’Inps di 30 anni, originario del Camerun, aggredito a Chioggia (Venezia) durante il suo lavoro.
Il sanitario ha presentato denuncia ma, nel contempo, ha chiesto di essere trasferito.
La ricostruzione
Mercoledì, il medico, che vive a Padova e da sei mesi opera per conto dell’Inps, doveva controllare un lavoratore che abita in un condominio della periferia della cittadina veneziana. L’uomo non era in casa e si è presentato più tardi in bicicletta, con costume e ciabatte, avvertito presumibilmente da una familiare.
“Ha chiuso il portone in modo da impedirmi di uscire dal cortile – racconta il 30enne – e ci ha piazzato davanti una sedia. Mi ha intimato di mettere nero su bianco che l’avevo trovato regolarmente a casa. Altrimenti, diceva, mi avrebbe tagliato la testa. Poi, aggiunge “mi ha strappato dalle mani il tablet che uso per lavorare e l’ha scagliato contro la parete, mandandolo in pezzi. E intanto continuava a pronunciare frasi razziste. La cosa assurda è che tutto il vicinato era presente, affacciato alle finestre, e nessuno ha mosso un dito per aiutarmi. ‘Adesso te la vedi con lui’, mi schernivano”. Quando il medico si è allontanato, l’aggressore lo ha inseguito in motorino rompendo la maniglia della sua vettura.
Il sanitario ha denunciato l’episodio ai carabinieri ma è anche deciso ad allontanarsi da Chioggia, chiedendo il trasferimento. “Ho paura per la mia famiglia – ha detto in lacrime – non posso lavorare in queste condizioni”. Denunciando l’accaduto ha pensato soprattutto alla figlia di due anni. “Non sopporto l’idea – ha concluso – che cresca in una società dove ci sono individui che usano il colore della pelle per insultare”.

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