Studio Bankitalia: ecco perché il confronto tra 'Covid-19' e 'Spagnola' non regge
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Studio Bankitalia: ecco perché il confronto tra 'Covid-19' e 'Spagnola' non regge

In Italia il numero di morti per Coronavirus è finora otto volte più basso della pandemia del 1918-1919

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1 Giugno 2021 - 09.20


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Fin dal principio l’esplosione della pandemia di covid ha portato alla mente la terribile epidemia di ‘Spagnola’ che nel biennio 1918-1919 falcidiò intere generazioni, provocando milioni di morti, in Europa e anche nel nostro Paese.
Eppure le conseguenze demografiche dell’epidemia di covid non sono neppure lontanamente paragonabili a quanto successe nel Vecchio Continente appena uscito dalla Grande Guerra.
La Spagnola fece molti più morti in assoluto e fra i giovani
A dimostrarlo è uno studio della Banca d’Italia: “Nel confronto storico con altre pandemie – si legge nella Relazione annuale della banca centrale –  l’impatto demografico della diffusione del Covid-19 appare al momento contenuto.
In Italia il numero di morti per abitante a seguito della cosiddetta influenza spagnola del 1918-19 fu circa otto volte quello ufficialmente attribuito finora al coronavirus.
Ma c’è da considerare anche un altro aspetto: “Mentre un secolo fa la letalità fu particolarmente elevata tra le coorti al di sotto dei 40 anni – hanno osservato gli studiosi di Via Nazionale – nella crisi attuale i decessi sono concentrati nella popolazione di età superiore ai 64 anni”.
Con la conseguenza che “il drammatico numero di perdite umane nel 2020 ha alterato in misura limitata la dimensione della popolazione in età attiva e la composizione per classi di età”.
Il covid farà calare le nascite e i flussi migratori
Ciò non vuol dire comunque che la pandemia di covid non avrà nei prossimi anni importanti conseguenze sull’assetto demografico del nostro Paese.
Anzi, lo studio Bankitalia ha lanciato in questo senso non poche ombre: è prevedibile che nei prossimi anni la pandemia di covid farà calare le nascite e i flussi migratori con effetti demografici a lungo termine negativi per l’economia italiana.
La popolazione in età attiva, fra i 15 e i 64 anni, rischia in concreto di subire una flessione fino a 2,9 milioni di persone.
“Il deterioramento delle condizioni economiche e l’aumento dell’incertezza sulle prospettive future – hanno spiegato gli studiosi di Via Nazionale – potrebbero tradursi in una riduzione del numero delle nascite. In Italia, come nelle altre economie avanzate, si è osservata negli ultimi decenni una relazione negativa tra il tasso di fecondità, che misura il numero medio di figli per donna in età fertile, e il tasso di disoccupazione”.    
In particolare, dalla recessione del 2008 si è interrotta la parziale ripresa della natalità in atto dalla metà degli Anni Novanta.
Nel 2019 il tasso di fecondità era pari a 1,3, un valore molto al di sotto della soglia che assicura il rimpiazzo numerico tra generazioni.
In seguito alla pandemia, tra dicembre del 2020 e gennaio del 2021, le nascite su base mensile sono state più basse rispettivamente del 10,3 e del 16,7 per cento sul periodo corrispondente.
L’effetto covid si farà sentire anche sui flussi migratori: “Il peggioramento delle prospettive economiche – ha detto Bankitalia – potrebbe indurre una flessione del tasso migratorio netto che, nello scorso ventennio, ha attenuato la tendenza alla riduzione della popolazione in età attiva derivante da una bassa natalità”.    
La popolazione in età attiva diminuirà fino a quasi 3 milioni di persone
Via Nazionale ha elaborato due diversi scenari sugli andamenti della natalità e del tasso migratorio netto in risposta all’aumento previsto del tasso di disoccupazione tra il 2021 e il 2023. Ebbene, “i risultati suggeriscono che nel 2065 la popolazione tra i 15 e i 64 anni segnerebbe una riduzione, rispetto allo scenario pre-pandemia, di entità compresa tra 1,6 e 2,9 milioni”.
La riduzione delle migrazioni nette associata all’epidemia contribuirebbe per circa la metà al maggior calo e avrebbe conseguenze immediate sulla dimensione della popolazione attiva. L’effetto della minore natalità si manifesterebbe invece a partire dal 2035.
Cosa si può fare per evitare che accada
Naturalmente queste tendenze demografiche possono essere corrette da appropriate politiche economiche e sociali pubbliche.
Cosa fare? “Da un lato, un’efficace azione di sostegno alla crescita, in cui rientra una rapida attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, potrà diminuire il tasso di disoccupazione, migliorare le condizioni economiche delle famiglie, ridurre l’incertezza”. Dall’altro, ha concluso Bankitalia, “sia le misure di sostegno alla natalità, sia le politiche per una gestione ordinata dei flussi migratori e per l’integrazione degli immigrati potrebbero avere un effetto diretto sui parametri sottostanti gli scenari demografici”.

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