Migranti in mare, l'odissea dei 400: solo le Ong non hanno ammainato la bandiera dell'umanità
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Migranti in mare, l'odissea dei 400: solo le Ong non hanno ammainato la bandiera dell'umanità

Louise Michel e la nave battente bandiera tedesca finanziata da Banksy, che ha soccorso nelle ultime ore 130 migranti. C'è chi non si arrende

Louise Michel, la nave battente bandiera tedesca finanziata da Banksy
Louise Michel, la nave battente bandiera tedesca finanziata da Banksy
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

29 Agosto 2020 - 17.24


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L’odissea dei 400, in balia del mare, nel Mediterraneo centrale,  alla ricerca di un porto sicuro in cui poter approdare.

La Guardia costiera italiana è intervenuta per prestare assistenza alla Louise Michel, la nave battente bandiera tedesca finanziata da Banksy, che ha soccorso nelle ultime ore 130 migranti.

Vista la pericolosità della situazione, la Guardia costiera ha inviato sul posto una motovedetta classe 300 di Lampedusa che ha imbarcato le 49 persone ritenute più vulnerabili, ovvero 32 donne, 13 bambini e 4 uomini a completamento dei nuclei familiari. Anche il cadavere dovrebbe essere portato sulla terraferma.

La nave battente bandiera tedesca Louise Michel, finanziata dall’artista di strada britannico Banksy, aveva continuato a lanciare SOS via Twitter, denunciando una situazione a bordo ormai insostenibile ed una Europa che “ignora i nostri appelli di emergenza per un’assistenza immediata”.

  “L’equipaggio è riuscito a mantenere stabile la Louise Michel per quasi 12 ore. I nostri nuovi amici ci hanno detto che hanno già perso 3 di loro nel loro viaggio. Con il cadavere nella nostra unica zattera di salvataggio, sono 4 le vite perse a causa di Fortress europe… e stiamo ancora aspettando”. Così in un tweet.

SOS continui

In un altro, l’equipaggio chiedeva l’intervento della guardia costiera italiana e delle forze armate di Malta. Gli appelli precedenti L’organizzazione stamane in un tweet aveva rinnovato già il suo appello: “Ripetiamo – si legge nel messaggio – #LouiseMichel non riesce a manovrare in sicurezza e nessuno viene in nostro aiuto. Le persone soccorse hanno subito un trauma estremo, è ora che vengano portate in un posto sicuro. Abbiamo bisogno di assistenza immediata”. Nel tweet precedente l’organizzazione aveva spiegato che la nave “non è più padrona delle sue manovre a causa del ponte sovraffollato”. A bordo c’è un equipaggio di 10 persone, si legge in un altro tweet: su una imbarcazione di 30 metri ci sono “219 sopravvissuti, 33 si trovano ancora su una zattera di salvataggio e una persona deceduta è in un sacco per cadaveri”. Molti dei sopravvissuti hanno “bruciature da carburante – spiega poi l’organizzazione – sono in mare da giorni e ora vengono lasciati soli in una zona di ricerca e salvataggio. Ue (!)…Fate il vostro lavoro. Salvateli”.   Il soccorso di 130 migranti Ieri la nave aveva assistito 130 persone, “tra cui molte donne e bambini, e nessuno ci sta aiutando”, aveva spiegato l’organizzazione. “C’è già un morto sulla barca.  Abbiamo bisogno di assistenza immediata”.

Poi la descrizione di una situazione a bordo vicina a uno “stato di emergenza”. We repeat, #LouiseMichel is unable to safely move and nobody is coming to our aid. The people rescued have experienced extreme trauma, it’s time for them to be brought to a #PlaceOfSafety. We need immediate assistance. — LouiseMichel (@MVLouiseMichel) August 29, 2020

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“Stiamo partendo da Augusta per una missione in soccorso alla motovedetta civile Louise Michel, che alle 3 e 24 di questa notte ha dichiarato lo stato di emergenza. Abbiamo deciso di intervenire, anticipando di 48 ore l’inizio programmato della nostra Missione 09, perché ad ora né le autorità maltesi nè quelle italiane stanno prestando la necessaria assistenza a oltre 150 persone in imminente pericolo di vita”. Lo annuncia su Facebook Mediterranea Saving Humans, in partenza da Augusta con la nave Mare Jonio. “Sarà un viaggio di molte ore e auspichiamo che le unità militari della Guardia Costiera italiana o quelle maltesi si decidano ad intervenire prima – spiega l’Ong -. La Louise Michel, con 165 naufraghi a bordo, e le decine persone ancora in mare sarebbero infatti facilmente raggiungibili in meno di due ore da Lampedusa e in meno di tre da La Valletta con assetti veloci. La Louise Michel sta assistendo da ieri sera un gommone su cui si trovavano 130 persone”.

L’appello delle agenzie Onu

L‘Unhcr, Agenzia Onu per i Rifugiati e l’Oim Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, chiedono lo sbarco immediato di oltre 400 rifugiati e migranti soccorsi ed attualmente a bordo di tre navi nel Mediterraneo centrale.  Un gruppo di 27 migranti e rifugiati, fra cui una donna incinta e dei bambini, partiti dalla Libia, sono a bordo della Maersk Etienne da un periodo inaccettabile di tre settimane dal loro salvataggio, avvenuto il 5 agosto. Occorre trovare una soluzione e fornire urgentemente alla nave un porto sicuro per lo sbarco.

Una petroliera commerciale non può essere considerata un luogo adatto a trattenere persone bisognose di assistenza umanitaria o che potrebbero aver bisogno di protezione internazionale. Una volta raggiunta la terraferma potranno essere attuate le misure appropriate di prevenzione del Covid-19.

Oltre 200 rifugiati e migranti soccorsi devono esser urgentemente trasferiti e sbarcati dalla nave di ricerca e soccorso dell’Ong Louise Michel, che è attualmente ben oltre la sua capacità di trasporto sicuro dopo aver effettuato un salvataggio all’alba di questa mattina. Eventuali ritardi potrebbero mettere a rischio la sicurezza delle persone a bordo, equipaggio compreso.  

Anche altre 200 persone soccorse che si trovano a bordo della nave dell’Ong Sea Watch 4 dovrebbero essere prontamente dotate di un porto sicuro. 

Dimenticati in mare

“L’imperativo umanitario di salvare vite umane non dovrebbe essere penalizzato o stigmatizzato, specialmente in assenza di sforzi dedicati da parte degli Stati – rimarcano in un comunicato congiunto le due agenzie delle Nazioni Unite -.  La mancanza di un accordo su un meccanismo di sbarco regionale, da tempo invocato da Unhcr e Oim, non può essere una scusa per negare a persone vulnerabili un porto sicuro e l’assistenza di cui hanno bisogno, come previsto dal diritto internazionale. Le discussioni su una tale proposta che si erano arenate dovrebbero essere riprese urgentemente, soprattutto alla luce dei continui stand-off sulle operazioni di sbarco. La chiarezza e la prevedibilità sono nell’interesse immediato e a lungo termine di tutti.  È fondamentale che gli altri Stati membri dell’Ue forniscano maggiore sostegno ai Paesi in prima linea nell’accogliere coloro che arrivano via mare nel Mediterraneo. Una solidarietà significativa dovrebbe essere espressa attraverso l’impegno e la messa a disposizione di posti per il trasferimento e attraverso il sostegno ad una procedura accelerata, in linea con gli standard internazionali, per identificare le persone che hanno bisogno di protezione internazionale e quelle che hanno bisogno di altre forme di protezione, come i bambini non accompagnati e le vittime della tratta. È anche importante consentire un rimpatrio rapido per coloro che desiderano tornare nei loro Paesi d’origine o che vengano valutati non bisognosi di protezione internazionale e di altre forme di protezione. Unhcr ed Oim esprimono profonda preoccupazione per la continua assenza di un meccanismo di ricerca e soccorso dedicato, guidato dall’Ue nel Mediterraneo centrale. Con un numero relativamente inferiore di navi di Ong rispetto agli anni precedenti, il divario viene colmato sempre di più da navi commerciali. È fondamentale che sia loro permesso di sbarcare rapidamente le persone soccorse, poiché in assenza di procedure tempestive, i capitani delle navi commerciali potrebbero essere dissuasi dal rispondere alle richieste di soccorso per paura di rimanere bloccati in mare per giorni o settimane”.

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Il ritorno di Emergency e Open Arms

La Open Arms, nave umanitaria dell’omonima Ong, ha lasciato il porto di Burriana, in Spagna, per far rotta verso il Mediterraneo centrale. A bordo un equipaggio di 20 persone, tra le quali un medico, un infermiere e un mediatore culturale di Emergency

Emergency e Open Arms uniscono di nuovo le forze per tornare sul confine più letale del pianeta e soccorrere donne, uomini e bambini che fuggono da guerre e violenza mettendo a rischio la propria vita. La partenza avviene a un anno di distanza dalla missione 65, durante la quale 107 naufraghi sono stati trattenuti a bordo della Open Arms al largo delle coste di Lampedusa per oltre 20 giorni e che ha portato all’apertura di un’indagine per sequestro di persona a carico dell’ex ministro degli Interni.

“Torniamo operativi dopo molti mesi di cantiere, la nostra imbarcazione aveva infatti bisogno di una ristrutturazione completa e l’arrivo della pandemia da Covid-19 ha reso ancora più urgente e necessario ridisegnare spazi e ambienti all’interno della nave. Abbiamo fatto in modo che venissero rispettati tutti i protocolli necessari, così da poter tornare in mare in assoluta sicurezza. In questi mesi il Mediterraneo ha visto naufragi, respingimenti, omissioni di soccorso. In questo momento inoltre le navi umanitarie presenti in zona SAR sono pochissime, quasi tutte bloccate dalle autorità con cavilli amministrativi. Torniamo quindi in mare consapevoli che la nostra presenza è sempre più necessaria, a salvare vite naturalmente ma anche a denunciare le continue violazioni dei diritti da parte dei governi europei , afferma Riccardo Gatti, Presidente Open Arms Italia e Capo Missione.

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Mentre l’equipaggio della Ong spagnola, la Open Arms, si occuperà di coordinare la missione e le operazioni di soccorso, Emergency gestirà l’assistenza medica a bordo. La nave seguirà dunque protocolli medici, sviluppati sulla base delle attività di prevenzione del contagio che Emergency ha già sperimentato nei mesi scorsi nei suoi progetti di risposta al Covid in Italia e nel mondo: sono previste quindi misure per la compartimentazione dei flussi, il monitoraggio e la segnalazione di eventuali casi sospetti tra i migranti. L’equipaggio sarà sottoposto, inoltre, al tampone prima della partenza e una volta rientrato in porto così da poter identificare subito eventuali casi positivi.

“Da inizio anno 514 migranti sono annegati nel Mar Mediterraneo, oltre due morti al giorno, trasformando quelle acque in un cimitero. L’Europa maschera i respingimenti illegali con il proprio supporto alla Guardia Costiera libica che, dal 2017, ha riportato indietro circa 40.000 persone in un Paese in guerra, dove i diritti umani vengono sistematicamente e costantemente violati. Non esiste alcuna missione di ricerca e soccorso comune e, con il pretesto del Covid-19, i governi ostacolano ulteriormente le organizzazioni della società civile che operano in mare, camuffando tali decisioni come politiche di tutela della salute pubblica. Ma per l’Emergency, che dal 1994 cura le vittime dei conflitti e conosce molto bene i paesi di provenienza e di transito da cui scappano queste persone, l’imperativo morale non può che essere quello di soccorrere chi fugge dall’inferno alle porte di casa nostra. Pensiamo che le vite umane debbano essere salvate anche in questo periodo di pandemia, e che si possa farlo in sicurezza. Per questo, forti di una esperienza pluriennale nella gestione delle epidemie, sulla Open Arms applicheremo tutte le misure possibili per minimizzare il rischio di contagio e proteggere l’equipaggio e i naufraghi,” dichiarato Rossella Miccio, presidente di Emergency.

La missione si atterrà strettamente ai principi della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e della Convenzione di Ginevra.

Il mondo solidale è in mare. Sono altri ad aver ammainato la bandiera dell’umanità. 

 

 

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