Inchiesta su Fontana: i pm scoprono che la donazione di camici non venne accettata dalla Regione
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Inchiesta su Fontana: i pm scoprono che la donazione di camici non venne accettata dalla Regione

Secondo i magistrati alla centrale acquisti regionale Aria spa non si trova, perché non è mai esistita, alcuna delibera con la quale la Regione abbia accettato la trasformazione in donazione della fornitura.

Attilio Fontana
Attilio Fontana
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27 Luglio 2020 - 09.07


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Non si trova, perché non è proprio mai esistita, alcuna delibera con la quale la Regione abbia accettato la trasformazione in «donazione» (comunicata in un mail del 20 maggio dalla Dama Spa di Andrea Dini, cognato del presidente Attilio Fontana) della «fornitura» invece pattuita il 16 aprile come affidamento diretto di 75 mila camici e 7 mila set sanitari, dei quali 49 mila camici e 7 mila set consegnati sino a quel giorno. Come racconta sul Corriere.it Luigi Ferrarella: a Dini giunse solo da Bongiovanni un riscontro di ricezione della mail e un grazie di cortesia, certo non valevole come assenso a una formalizzata modifica del rapporto commerciale. Il risultato é dunque che a tutt’oggi a rigore continua a valere quella fornitura, che a maggior ragione vincolerebbe Dini a fornire alla Regione anche i pattuiti 25.000 camici restanti, base dell’ipotesi di reato di «frode in pubbliche forniture» contestata ai tre. Non a caso Dini sta ora valutando l’opzione di metterli a disposizione.
Così si ritorna al punto di partenza del contratto del 16 aprile della «Dama spa», quando Dini non dice, e nessuno in Regione rileva, che l’imprenditore é fratello della moglie di Fontana, la quale detiene anche un 10% della società, una delle circa 60 che all’unità di crisi dell’assessore Raffaele Cattaneo si rendono disponibili a riconvertirsi: il contratto viene così stipulato nonostante la società non abbia mai sottoscritto l’indispensabile «patto di integrità» anti-conflitti di interesse nei contratti regionali, circostanza alla base l’8 luglio dell’indagine dei pm su Bongiovanni e Dini per l’ipotesi di «turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente».

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