Ritratto dell'imprenditore che ha portato il focolaio nel Veneto: tutto business e Medjugorje
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Ritratto dell'imprenditore che ha portato il focolaio nel Veneto: tutto business e Medjugorje

Si tratta di un signore di 64 anni che partendo da un capannone ha costruito un piccolo impero con 400 dipendenti. Il figlio: "Si è lasciato ingannare da un falso senso di sicurezza..."

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5 Luglio 2020 - 08.25


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Un ritratto che ricorda il ‘Pojana’ di Andrea Pennacchi: tutto lavoro, capannone e schei. E il resto viene dopo.

E’ un imprenditore 64enne di Sossano il vicentino, denunciato dal governatore Zaia, responsabile del nuovo focolaio di coronavirus in Veneto. E dopo i provvedimenti della Regione e il ricovero dell’uomo in Terapia intensiva, il figlio racconta che non riesce a capire come il padre possa essersi comportato così incautamente: tornato dalla Serbia con la febbre, ha continuato la stessa vita di sempre tra lavoro, cene, incontri, addirittura un funerale.
“Davvero non so come mio padre possa essersi comportato in questo modo – commenta il figlio parlando con la Repubblica -. Proprio lui che aveva adeguato tutte le sue aziende contro il rischio Covid…”. Un uomo sicuro di sé, che è partito da un capannone e ha costruito un impero, con 400 dipendenti tra Italia ed estero. Che però si è lasciato ingannare da un falso senso di sicurezza, rifiutando poi di accettare la realtà diffondendo invece il contagio.
 L’uomo, ricostruisce il quotidiano, a fine giugno ha organizzato, assieme a tre dipendenti, una trasferta nello stabilimento serbo, dove i quattro hanno incontrato un 70enne positivo al coronavirus (e morto sabato). Quindi una tappa a Medjugorje. E poi il rientro in Italia, il 25 giugno. Ma nonostante i sintomi (dolori e febbre), l’imprenditore non ha voluto fermarsi: ha partecipato a un funerale a Orgiano, quindi a una cena con un centinaio di persone a Gambellara (alla presenza anche di un noto conduttore radiofonico, che ora si è sottoposto al tampone risultando negativo).
 Solo domenica scorsa l’ imprenditore si è fatto convincere a farsi visitare in pronto soccorso a Noventa Vicentina, da dove è subito stato trasferito a Vicenza perché trovato positivo al coronavirus. Ma ancora una volta ha rifiutato il ricovero ed è tornato a casa. Dove è rimasto assieme a tre collaboratori e al maggiordomo filippino, per continuare a lavorare. E solo dopo l’intervento del sindaco ha accettato di farsi ricoverare.
 “Mio padre – spiega il figlio a Repubblica – ha sottovalutato la situazione. Pensava che il virus si fosse presentato in forma lieve, credeva di potersela cavare da solo”. Invece è stato la causa di un nuovo focolaio, e lui stesso è ora intubato.

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