Ercolini: "Lasciamo la statua di Montanelli ma intitoliamo i giardini alle vittime del madamato"
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Ercolini: "Lasciamo la statua di Montanelli ma intitoliamo i giardini alle vittime del madamato"

Nei giorni in cui in Italia si infiamma il dibattito su nomi, simboli e memorie, a intervenire sulla querelle è la presidente dell'associazione Toponomastica femminile (Tf) Maria Pia Ercolini.

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19 Giugno 2020 - 14.11


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Non sono molto d’accordo sulla rimozione della statua, pur non piacendomi affatto Montanelli. Credo che il percorso sia quello della compensazione”. Nei giorni in cui in Italia si infiamma il dibattito su nomi, simboli e memorie, a intervenire sulla querelle sulla rimozione della statua di Indro Montanelli dai giardini di Porta Venezia a Milano nata sull’onda della lotta ai simboli coloniali del movimento Black Lives Matter, è la presidente dell’associazione Toponomastica femminile (Tf) Maria Pia Ercolini, intervistata dall’agenzia di stampa Dire.
“Anziché rimuoverla dovremmo proporre di intitolare i giardini alle vittime del madamato, non alla singola bambina, nel caso di Montanelli Destà, perché non lascerebbe molto il segno”, spiega. Intitolare quegli spazi a “tutte le bambine che hanno subito lo stesso trattamento”, per Ercolini, “potrebbe compattare molto di piu'” e costringerebbe a “interrogarsi sul fenomeno, ritirando fuori il discorso” del fascismo e del colonialismo, con cui “l’Italia non ha fatto i conti”.
Se “Montanelli fosse stata una donna non ci sarebbe stato questo schieramento in suo sostegno- osserva Ercolini- Per esempio, io sono favorevole all’intitolazione delle strade a Oriana Fallaci, ma quando lo dico vengo molto attaccata, perché negli ultimi anni ha avuto un pensiero politico che non piace a molte persone e che non piace neanche a me. Io le riconosco il merito di essere stata una grande giornalista e anche un modello di emancipazione femminile per la mia generazione”.
Per l’insegnante, quindi, la chiave di volta puo’ essere solo “una profonda onestà intellettuale”, che possa riuscire a liberare il pensiero “dalle catene che ci collegano alla politica” o “alla filosofia”

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