Niente banchi, numero chiuso e mascherine: il piano dei vescovi per dire messa
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Niente banchi, numero chiuso e mascherine: il piano dei vescovi per dire messa

Monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita: "Mi auguro che il premier Conte riveda il decreto"

La celebrazione di una messa in una chiesa vuota
La celebrazione di una messa in una chiesa vuota
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27 Aprile 2020 - 16.52


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Via i banchi, al loro posto semplici sedie, numero chiuso per i fedeli a messa, comunione con le ostie giganti senza creare file, consacrate a distanza dal sacerdote, pure con la mascherina. Vescovi e sacerdoti sono pronti a fare ricorso a tutta la “creatività” purché si torni a celebrare coi fedeli la messa domenicale, “cuore della fede” e “atto socialmente utile”.

Monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, in una intervista ha dato una voce a tutta la sua amarezza, “penso anche il Papa sia amareggiato”, per il nuovo decreto del governo che non prevede l’apertura delle messe ai fedeli nemmeno nella fase due.
“E’ sorprendente – dice il vescovo – che riaprano tanti esercizi commerciali e non si riaprano le chiese per le liturgie almeno della domenica. Per i cristiani è centrale. E’ il cuore della fede. Era comprensibile che nell’emergenza si sospendesse e l’abbiamo fatto ma quando si apre un periodo, che sarà abbastanza lungo, dove vengono offerte numerose possibilità, non si capisce perché non debba avvenire anche per le messe della domenica”.
Monsignor Paglia ricorda al comitato tecnico scientifico che continua a parlare di “criticità insuperabili” per l ‘ok alle messe che le soluzioni ci sono e si metterebbero anche in campo per evitare ogni rischio di contagio: “Si possono togliere tutti i banchi della chiesa, e mettere sedie o tenere i banchi a distanza di due metri l ‘uno dall’altro, con numero chiuso di fedeli. Per dire, 40 banchi? 40 persone. Il segno della pace? Ma non siamo sciocchi, in farmacia, in fabbrica, dal parrucchiere o in edicola e altrove non diamo la mano. Siamo consapevoli di non poterlo fare anche a messa”.
Tra le criticità che hanno portato al no alle messe nel Dpcm , anche il nodo comunione: “File dei fedeli abolite, passa il sacerdote tra i banchi. Io poi – spiega il vescovo Paglia -ho suggerito di usare ostie grandi al posto delle piccole per evitare il contatto prete -fedele. Al momento della consacrazione, il sacerdote può consacrate l’ostia a uno, due metri di distanza, pure con la mascherina. Il problema è che c’è stata leggerezza. Capiamo quel che è di Cesare, capiamo meno bene quel che è di Dio”. Anche per la messa di precetto mons. Paglia ricorda che c’è un giorno e mezzo per rispettarlo con la possibilità quindi di più messe spalmate onde evitare assembramenti.
Il vescovo Paglia guarda avanti: ” Mi auguro che il premier Conte riveda il decreto e mi auguro che sia da parte della Cei che del governo si trovi la giusta soluzione” per ovviare ad un digiuno che va avanti da più di un mese. “I cristiani- ribadisce Paglia – non possono vivere la loro fede senza ritrovarsi insieme. Per me è come l’aria, non possiamo vivere virtualmente, Dio non si è manifestato via streaming. Il primo sacramento della presenza di Cristo sulla terra è l’assemblea cristiana”.
C’è qualcosa di più, osserva ancora il vescovo Paglia, che rende indispensabile la celebrazione: “La messa domenicale è importante per la tenuta della società perché nel mondo attuale dove l’individualismo è una delle cause di questo disastro, noi rischiamo di sostenerlo. In questo senso una delle ‘medicine’ più efficaci contro la disgregazione che il virus sta provocando e’ appunto quella di mostrare che possiamo stare assieme senza contagiarci ma vincendo paura, tristezza e rassegnazione. La messa in tutta sicurezza è un atto socialmente utile. Per gli antichi una medicina, per il Papa chiesa come ospedale da campo. Vogliamo cancellarli nel momento in cui c’è bisogno, oltre che di difesa fisica, anche di difesa morale e spirituale?”.

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