Il delirio fascista del padre e figlio arrestati a Siena con l'accusa di terrorismo nero
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Il delirio fascista del padre e figlio arrestati a Siena con l'accusa di terrorismo nero

Andrea e Yuri Chesi, padre e figlio, avevano un vero e proprio arsenale e una serie di piani tra cui quello di far saltare in aria una moschea

Andrea Chesi
Andrea Chesi
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13 Novembre 2019 - 15.50


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Il profilo di Andrea Chesi, 60 anni, è quello di una persona seriamente disturbata: non lo diciamo solo per l’enorme quantità di armi ritrovate nella sua abitazione dopo l’arresto suo e del figlio Yuri, di 22 anni (nell’ordine: decine tra pistole e fucili regolarmente detenuti, anche diversi ordigni bellici, esplosivo e persino silenziatori da loro costruiti con un tornio, senza contare le centinaia di armi sequestrate anche in casa di altri ‘camerati’ nel senese), né per la sua passione per il Duce, né ancora per la sua stazione radio con cui captava le ferquenze della polizia per farsi ‘giustizia da solo’. No, a permetterci di definire Chesi non meno di un potenziale terrorista (tanto che l’accusa di arresto è proprio quella di detenzione abusiva di armi con finalità terroristica) sono le dichiarazioni intercettate nei vari canali social, gruppi whatsapp e telefonate che Chesi si scambiava coi suoi sodali: 
L’intento di far saltare in aria una moschea, la volontà di creare un gruppo di ‘guardia repubblicana’ per farsi giustizia da soli, senza chiamare le forze dell’ordine, e poi il pallino per l’occultismo che tanto era caro ai nazifascisti che lo ha spinto, in alcune conversazioni telefoniche, ad atteggiarsi a medium con l’aldilà e a conversare con i defunti e con gli spiriti maligni. 
Una persona profondamente disturbata, quindi, che aveva coinvolto anche il figlio nei suoi ‘giochi’ da camerata: in una conversazione intercettata il figlio lo chiama per dire che, a un mercatino, ha trovato una granata “ancora intatta e non disinnescata”. Il padre dice allora di prenderla. Ma la risposta è negativa: “No, il tappo di sotto è deteriorato e ho paura che mi salti in macchina”.
Come rivela il Corriere fiorentino, Chesi era “impegnato nella creazione di un gruppo denominato ‘Ritorneremo’ che per la Procura diretta da Giuseppe Creazzo rappresenta appunto la sua volontà di creare un ‘gruppo ristretto di persone pronte all’azione’. La polizia postale sta ora cercando di individuare quale piattaforma è stata usata per creare questo gruppo — dice Chesi intercettato dalla Digos — ‘fatto da amici… tutti camerati: così possono chiacchierare di ciò che vogliono’. Intanto, però, al telefono spiega a una sua collega che non va al Decathlon perché ‘fuori c’è quel negraccio di merda, che spero muoia’.

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