Romanina, la Scampia della Capitale con i check point delle vedette
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Romanina, la Scampia della Capitale con i check point delle vedette

Il regno dei Casamonica è controllato h24 anche da "sentinelle" minorenni. I capi clan vivono in ville sfarzose e kitsch protette da recinzioni, videocamere e vigilanza armata. Un feudo inespugnabile

Una delle ville sequestrate ai Casamonica
Una delle ville sequestrate ai Casamonica
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8 Maggio 2018 - 11.02


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A denunciare il check point alla Romanina, ovvero le vedette quasi tutte minorenni che controllano il territorio per conto dei Casamonica, è stata Federica Angeli, la cronista di Repubblica minacciata dalla nuova e vecchia mafia romana. Per attraversare il quartiere a bordo della proprio auto va versato un obolo: o soldi o sigarette, altrimenti non si passa.
La giudice Simonetta D’Alessandro nei verbali di una sentenza del gennaio 2013 aveva scritto parole  sul quartiere e i Casamonica,  l’esatta fotografia di questo pezzo di città dimenticato: “L’azione del clan Casamonica – Di Silvio – De Rosa – si è snodata nella zona della Romanina tra i quartieri Appio – Tuscolano, Cinecittà e Anagnina, dal 2009 in avanti. Si tratta di uno dei gruppi malavitosi più potenti e radicati del Lazio, i cui affiliati dichiarano in forma costante, quasi indefettibile, un reddito inferiore alla soglia di povertà, ma vivono in ambienti protetti da recinzioni, videocamere, vigilanza armata”.
“Il richiamo a realtà criminali pervasive e pulviscolari, – prosegue la sentenza – capaci di penetrare la vita di interi gruppi familiari evoca, con Scampia, spaventose condizioni di povertà, degrado, disoccupazione, terreno fertile per la penetrazione della criminalità alimentata dal traffico di droga soprattutto al dettaglio. Dagli atti emerge un territorio militarizzato in cui l’attività di spaccio è praticata di giorno e di notte, senza sosta, a condizioni di vendita uniformi, con la consegna di bustine dal prezzo uniforme, dalla confezione elettrosaldata uniforme, dalla qualità uniforme, dalla quantità uniforme, sicché nulla può far pensare ad attività individuali, ma tutto riconduce ad un sistema organizzato e coeso”.
La sentenza della Corte d’Appello di Roma del 6 maggio 2014 si sofferma sul tema del controllo del territorio da parte dei Casamonica e sui loro metodi d’intimidazione. “Quando i poliziotti – si legge nei verbali – chiedevano agli acquirenti informazioni in ordine ai soggetti da cui avevano acquistato la droga, notavano che quasi sempre gli acquirenti avevano paura e si rifiutavano di rendere dichiarazioni in ordine ai nominativi degli spacciatori”.

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