Tattativa Stato-mafia, l'avvocato di Riina: "il processo frutto della faida tra servizi segreti"
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Tattativa Stato-mafia, l'avvocato di Riina: "il processo frutto della faida tra servizi segreti"

Il legale Cianfaroni: "il boss corleonese non avrebbe mai fatto accorsi con chi indossa la divisa"

Totò Riina
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29 Marzo 2018 - 11.29


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Il boss mafioso Totò Riina, morto lo scorso novembre, “non avrebbe mai fatto un accordo con chi indossa la divisa, questa è una tesi assurda”. E’ uno dei passaggi dell’arringa difensiva di Luca Cianferoni, legale del boss di Corleone e di Leoluca Bagarella, davanti alla corte d’Assise di Palermo al processo sulla trattativa Stato-mafia. E ancora: il processo sulla trattativa “è il frutto della faida tra i servizi segreti di sinistra e di destra. Da un lato Gianni De Gennaro e dall’altro Mario Mori”.
“Ricordo bene – ha affermato l’avvocato Cianferoni – che un giorno Riina mi disse: avvocato, ma insomma, che vogliono da me? Che parlo o che sto zitto? Qua nessuno ha fatto una trattativa con Riina, anche perché se avesse trattato, non avrebbe un figlio condannato all’ergastolo, da 21 anni. E’ una menzogna, ma si è voluta tenerla in piedi”.
Poi l’avvocato è passato a parlare dell’arresto di Totò Riina, avvenuto il 15 gennaio 1993 a Palermo, dopo una latitanza ventennale. “E’ un arresto vero – ha detto Cianferoni – di un latitante che non ha fatto accordi con nessuno. L’arresto di Riina è uno degli episodi meno oscuri della storia”.
“C’è del marcio nel nostro paese – ha detto ancora Cianferoni – che vive sui ricatti. Si è costituto un assurdo, cioè che Riina si sia fatto arrestare. E’ assurdo, per chi ha conosciuto Riina, immaginare che si sia fatto arrestare. Né avrebbe mai fatto patti con chi indossa la divisa. Dimostreremo che è assurdo”.
Invece, secondo la Procura di Palermo, “l’arresto di Riina fu frutto di un compromesso vergognoso che certamente era noto ad alcuni ufficiali del Ros come Mori e de Donno, e di un progetto tenuto nascosto a quegli esponenti delle istituzioni e quei magistrati che credevano invece nella fermezza dell’azione dello Stato contro Cosa nostra”.
La cattura del boss corleonese, per la Procura di Palermo, è uno snodo della seconda fase della trattativa tra parte delle istituzioni e la mafia. Nella requisitoria i pubblici ministeri Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia, Francesco Del Bene e Vittorio Teresi, ripercorrendo l’arresto del padrino, affermarono che Riina venne “consegnato” ai carabinieri dall’ala di Cosa nostra vicina a Bernardo Provenzano.
L’avvocato Cianferoni ha invece chiuso la sua rringa chiedendo l’assoluzione per Riina e per Bagarella, imputati per minaccia a corpo politico dello Stato, “perché il fatto non sussiste e porre fine a questa deriva pericolosissima per il processo penale”. Per il legale “si è costruita una ipotesi per essere indagata, questo ho trovato nel processo trattativa. Insomma, non siamo di fronte a un fatto ma a una ipotesi costruita per essere indagata”.

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