Guardatele negli occhi: sono le donne che hanno inchiodato il potere che violenta
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Guardatele negli occhi: sono le donne che hanno inchiodato il potere che violenta

Eccole: una per una. Hanno inchiodato il signore di Hollywood, Weinstein. E dopo il cinema ha iniziato a tremare il mondo dello sport, della politica. E la denuncia è diventata liberazione

Le donne che hanno denunciato  Weinstein nella foto del Guardian
Le donne che hanno denunciato Weinstein nella foto del Guardian
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globalist Modifica articolo

22 Ottobre 2017 - 19.19


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Ci hanno messo la faccia. Quella volta che le donne non hanno avuto paura e ci hanno messo nome e cognome il mondo del cinema ha tremato, il mondo dello sport si è ritratto, il mondo della politica è sobbalzato. Harvey Weinstein non è un caso isolato. Ora il vaso si è rotto. E le ripercussioni non si fermano. Un’onda. Scrive il Guardian in un interessantissimo articolo firmato da Gaby Hinsliff: “Il re dei film ilm si trova ad affrontare le indagini di polizia in due differenti paesi, deve rispondere di accuse di stupro, deve fare i conti con la fine del suo impero commerciale dopo che decine di attrici e assistenti si sono presentate per denunciarlo. Ma le increspature di questi sassi buttati nel mare del silenzio, della complicità, dell’indifferenza non si sono fermate con le denunce di Angelina Jolie, Gywneth Paltrow o Lupita Nyong’o. E’ una partita gigantesca, globale. Sotto accusa non c’è solo l’industria cinematografica e televisiva, ma il mondo della moda, della musica, dello sport. Sconvolgente la dichiarazione della ginnasta americana McKayla Maroney che ha denunciato un ex medico di squadra di averla ripetutamente molestata dall’età di 13 anni”.

Secondo il Guardian, tra le giornaliste americane girava privatamente una specie di foglio Excel con i nomi degli uomini “di potere” da evitare. Poi, però, dopo le mail, i whatsapp, i messaggini privati finalmente le donne ci hanno messo la faccia, come sappiamo. In Italia sui social con l’hashtag #quellavoltache, a sostegno anche di Asia Argento, attaccata frontalmente e purtroppo non solo dai media più conservatori, nel resto del mondo con un’altra parola chiave – #metoo – usata per la prima volta da Tarana Burke, attivista afro-americana, e rilanciata in queste settimane dall’attrice Alyssa Milano, e ritwittato mezzo milione di volte in sole 24 ore.
Non solo Harvey Weinstein, purtroppo. C’è il produttore canadese Gilbert Rozon, ci sono giornalisti compiacenti come l’ex conduttore di Fox News Bill O’Reilly e rockstar che cadono dal pero, c’è l’allenatore e c’è il politico (e in Italia di politici satrapi ce ne intendiamo). L’ultimo della serie è il regista James Toback: lo hanno denunciato trenta giovani attrici. E chissà quanti altri arriveranno se perfino il commissario europeo per l’uguaglianza di genere, Věra Jourová, ha dichiarato a Bruxelles di essere stata vittima di una violenza sessuale , aggiungendo: “Non tenetelo come un segreto. Non abbiate paura di dirlo “.
Forse una nuova consapevolezza è ora, è qui, sta crescendo come un’onda che non si ferma per un sasso scagliato. Guardatele queste donne. Hanno volti, hanno nomi e cognomi, spesso sono star e non hanno bisogno di luci o di clamori. Hanno detto #metoo o #quellavoltache. Ci hanno messo la faccia per le bambine di oggi, di domani, per un futuro di parità dove nessun essere umano prevarichi l’altro solo perché ha più potere, più soldi, più fama.

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