Quello che non sappiamo di te, massacrata a 23 anni dai parenti sfruttatori
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Quello che non sappiamo di te, massacrata a 23 anni dai parenti sfruttatori

Si chiamava Gloria Pompili, ammazzata con crudeltà sulla Nettunense. Non voleva prostituirsi. Lascia due bambini piccoli, i sogni che immaginiamo e una foto. Sulla quale forse riflettere

Gloria su Facebook
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19 Settembre 2017 - 17.57


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Poi, nei casi, i più crudi, che proviamo a raccontarvi, ci sono anche le immagini che spuntano dal groviglio della Rete, opplà, e in un secondo danno un senso alla storia, la rendono tragicamente viva, concreta. Una foto su Facebook per esempio. In questo scatto in bianco e nero c’è una ragazza che guarda dritto l’obiettivo, con una tristezza assoluta, mentre tiene in braccio due bambini che ridono. La ragazza si chiamava Gloria Pompili, aveva 23 anni, è morta il 23 agosto scorso per le botte ricevute. E’ morta nella piazzola di una strada provinciale, sulla Nettunense,  pestata a sangue dai parenti. Non voleva più fare la vita, la mignotta. Si è ribellata, l’hanno massacrata. Aveva due  bambini Gloria, quelli che ridono allegri sulla foto di Facebook, due e cinque anni. E dietro una storia terribile, di stenti e anche di maldicenze che ammazzano quanto e come la malasorte, la povertà, il degrado. Era orfana Gloria, cresciuta in un casa famiglia, finita a Frosinone. Il primo marito, rumeno, in carcere, il secondo un egiziano. E chissà se ha sperato in un miracolo, Gloria, quando sulla sua strada ha incontrato la cugina della madre, Loide Del Prete, 39 anni, e il suo compagno, di nazionalità egiziana, Saad Mohamed, 23 anni, fruttivendolo ad Anzio.  Finalmente una quasi famiglia, finalmente qualcuno a cui lasciare i bambini, tutti sotto lo stesso tetto. E Saad fratello del nuovo amore di Gloria. Una fiaba, una favola. E vissero tutti felici e contenti 
Non c’è happy end, invece, nella storia di Gloria. Loide e Saad sono accusati di omicidio come conseguenza di maltrattamenti oltre che di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. E ora, oltre quella fotografia, irrompe la cronaca. Brutale. Erano loro che ogni giorno la accompagnavano in auto da Frosinone fino al litorale romano, per lasciarla sulla Nettunense a vendersi, gli stessi che il giorno della tragedia erano in auto con lei durante il viaggio di ritorno. E a un certo punto la ragazza si è sentita male. Si sono fermati sulla Monti Lepini, nel Comune di Prossedi, in provincia di Latina, L’hanno picchiata così tanto, così forte che una costola rotta le ha provocato la perforazione di fegato e milza. Infine, finita lei,  hanno dovuto chiamare un’ambulanza.
Era fragile Gloria, all’ennesimo pestaggio, forse ha alzato le mani, forse ha detto basta, basta così. Morta per emoraggia interna sulla piazzola di una strada provinciale. Dicono che i soliti, quelli che benpensano, le avessero già tirato addosso la croce: zoccola, mignotta, pure due figli piccoli. Perché spesso si parla senza sapere, per dire, per ferire. Ma  Gloria è morta, non avrà titoli in prima pagina, piccola sfruttata sulle strade del Lazio. Non lo sappiamo ancora ma questa ragazza con gli occhi tristi è in fondo il simbolo – proprio in questa sua marginalità – dell’odio nei confronti delle donne, del loro essere, del loro corpo. L’unica buona notizia l’ha data oggi ai cronisti in una conferenza stampa il procuratore aggiunto di Latina, Carlo Lasperanza. Che ha detto: “In questa vicenda c’è stata una corsa a testimoniare. Poche volte nelle indagini abbiamo assistito a una così profonda collaborazione dei cittadini. Tutti hanno voluto dare a Gloria, da morta, quello che non aveva avuto in vita. E ci hanno restituito una ricostruzione della sua vita quasi fotografica. Questo è un epilogo figlio di un degrado che si è trasformato in una violenza certamente fuori dal comune”. Le indagini non finiscono qui. C’è da capire tanto. Di più
Però vorremmo ricordarla oggi,  Gloria, con i suoi 23 anni di sogni e fatica. E una immane solitudine.  Con quel profilo Facebook scarno, solo le foto festose dei bambini, e un’unica amica, una ragazza albanese, che la saluta, scrive “Rip”. Per lei. Per Gloria. Con quello sguardo che ci diceva che il futuro non è per tutti. Mai per i fragili. 

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