Non si vive di pornografia, ma neppure si muore
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Non si vive di pornografia, ma neppure si muore

È un pasto che lascia nauseati, ma non definitivamente persi. Nessun riscontro scientifico su nesso di causalità tra pornografia e violenza

Il dibattito sulla pornografia e i dubbi sul rapporto tra la sua fruizione e le devianze sessuali
Il dibattito sulla pornografia e i dubbi sul rapporto tra la sua fruizione e le devianze sessuali
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Stefania De Michele Modifica articolo

8 Agosto 2017 - 14.11


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A dosi omeopatiche la pornografia non fa male. Neppure bene, in verità. Ma se non diventa compulsione e consumo totalizzante, se non rasenta la dipendenza e, soprattutto, se a fruirne non sono bambini e adolescenti, è lo strumento imbarazzante che ci ricorda che dobbiamo scendere a patti col corpo, i suoi umori, le sue necessità ingombranti.

Perché la pornografia altro non è che la carne nella sua solitudine, è la terra separata dal cielo. Chi ha scavato un solco incolmabile tra anima e corpo è il primo responsabile del successo della pornografia, che si alimenta del divieto e della voglia di trasgressione.

Roba vecchia come il cucco, se gli imperativi sessuali dell’epoca catto-medievale erano già così chiari: “L’uomo ha una sola sposa. Deve prenderla com’è, fredda nell’adempimento del debitum, e gli è vietato scaldarla”. E, di contro, certamente più caldi, nello stesso periodo, erano invece i Carmina Burana (XIII secolo): “…non esiste gelo che possa raffreddare l’amore, che è fonte di intimo calore. Se non la varcherò, quanto mi ha già concesso aggiungerà solo nuovo fuoco al mio acceso desiderio”.

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La pornografia è la vendetta nei confronti di uno spirito che nega la carne e il sangue, è il castigo dell’amore romantico, è il mezzo che regala appagamento fisico, seppure vuoto.

Chiunque, in condizioni psicopatologiche nella norma, in grado di gestire la sensazione deprivante, un pizzico avvilente, della post fruizione voyeuristica, è in grado di capire che la pornografia non fa male. E neppure bene.

Una delle accuse mosse ai suoi fruitori è che il corpo mercificato è un’aberrazione. Credo che la devianza riguardi allora l’approccio alla vita in generale. Sono latouchiana e per la decrescita felice anche nel sesso: meno raccontato, più vissuto, meno mostrato, più valorizzato. La pornografia è invece genitalità, eccesso, consumo, bulimia sessuale. È un pasto che lascia nauseati, ma non definitivamente persi.

Non sono d’accordo sul rapporto di causa effetto tra pornografia e violenza, addotto dai suoi detrattori: un nesso non riscontrabile, anche perché chi vive il sesso in maniera borderline, irrispettosa della propria compagna/o, non ha bisogno di guardare dal buco della serratura per scatenare le sue pulsioni. Magari, con qualche probabilità, la pornografia sarà un acceleratore a varcare la soglia proibita, ma non la causa scatenante degli episodi di violenza.

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La donna e la pornografia sono infine il contenuto di un capitolo a parte. Non ci hanno disegnato per questo: ci hanno pensato figlie, spose e madri. Le streghe che si sono liberate dal cliché a volte si sono spinte troppo oltre e non sono più riuscite a tornare indietro. Perché non c’è niente di bello nella terra separata in via permanente dal cielo. Carne e sangue e spirito che accolgono: è questo l’appagamento negato e occultato, il vero nemico della nostra integrità

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