Tentò di accoltellare agente, scarcerato: "Ha solo opposto resistenza"
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Tentò di accoltellare agente, scarcerato: "Ha solo opposto resistenza"

Dopo l'interrogatorio di garanzia il giudice non ha riconosciuto la contestazione di tentato omicidio

Una sequenza tratta da un video rilasciato dalla polizia dell'aggressione al poliziotto a Milano il 17 luglio 2017
Una sequenza tratta da un video rilasciato dalla polizia dell'aggressione al poliziotto a Milano il 17 luglio 2017
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19 Luglio 2017 - 19.37


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Dopo l’interrogatorio di garanzia il gip di Milano, Maria Vicidomini, Saidou Mamoud Diallo, il migrante irregolare della Guinea che lunedì scorso ha tentato di accoltellare un poliziotto in stazione Centrale a Milano, è stato scarcerato con obbligo di firma. Il pm Paola Pirotta aveva chiesto al giudice la convalida dell’arresto e la misura cautelare in carcere per tentato omicidio e resistenza a pubblico ufficiale.
Ora, però, l’ufficio Immigrazione della Questura di Milano si occuperà dell’uomo perché è irregolare sul territorio italiano per collocarlo o in un ex Cie o per un’ eventuale espulsione.

Il pm di Milano Paola Pirotta aveva chiesto la convalida dell’arresto e la misura cautelare in carcere per tentato omicidio e resistenza a pubblico ufficiale per il guineano, anche indagato per minacce. Il giudice, da quanto si è saputo, dopo l’interrogatorio di oggi ha sì convalidato l’arresto ma non ha accolto la richiesta di custodia in carcere per Diallo, difeso dal legale Nicoletta Collalto (l’uomo era stato portato a San Vittore dopo l’arresto) e ha applicato come misura cautelare l’obbligo di firma.

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La “condotta” di Saidou rientra nel reato di resistenza a pubblico ufficiale e “non travalica nel tentato omicidio” e la resistenza, assieme agli altri due reati contestati, il porto abusivo d’arma e le minacce aggravate, non giustificano la custodia cautelare in carcere. Lo spiega il gip di Milano Maria Vicidomini nell’ordinanza con cui ha disposto la scarcerazione dell’indagato, difeso dal legale Nicoletta Collalto.

Per il giudice, infatti, “si ha ragione di ritenere” che per le tre contestazioni la “pena finale” dopo un eventuale processo non sarà superiore “ai due anni” e dunque l’uomo potrà godere della sospensione condizionale. E quindi non si può applicare la custodia preventiva in carcere. Inoltre, il gip fa notare anche che l’uomo ha solo precedenti “dattiloscopici”, ossia identificazioni, segnalazioni, denunce, e non precedenti penali con sentenza definitiva.

Da quanto si è saputo, infatti, il giudice non ha riconosciuto la contestazione di tentato omicidio, che avrebbe giustificato la misura in carcere, ma ha confermato solo l’imputazione di resistenza a pubblico ufficiale, mentre per quella di minacce l’uomo era già indagato a piede libero. L’accusa di minacce, in particolare, si riferisce al fatto che l’uomo, con diversi precedenti penali, prima di essere fermato, aveva inveito mostrando il coltello agli autisti di un bus nella zona della stazione Centrale. Nessun fascicolo, invece, è stato aperto dopo il fatto con eventuali ipotesi di terrorismo, anche perché la frase “voglio morire per Allah”, che l’uomo ha detto mentre veniva portato in Questura, è stata ritenuta da investigatori e inquirenti un’espressione pronunciata da un esagitato con un numerosi precedenti penali. Anche nell’interrogatorio davanti al gip è apparso molto confuso.

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