La storia del serpente
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La storia del serpente

Un saggio di Veton Surroi indaga sulla controversa figura di Hashim Thaci, presidente kosovaro:Di giorno si presenta come la soluzione ai problemi che ha creato di notte.<br>

La storia del serpente
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24 Marzo 2016 - 09.25


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Viene proclamato presidente della Repubblica e quasi nello stesso momento i media internazionali diffondono la notizia di una sua possibile convocazione quale imputato in un processo per crimini di guerra: il destino del “serpente”, come Hashim Thaci è soprannominato fin dall’epoca del conflitto in Kosovo, sembra costellato di episodi contrastanti che si accavallano con incredibili coincidenze temporali.

Anche questo, secondo l’ultimo saggio di Veton Surroi, è il segnale di una personalità ambigua e contrastante agli occhi dei suoi interlocutori, così ambigua dall’aver aver fatto guadagnare a Thaci l’appellativo con cui è ancora conosciuto fra la popolazione del Kosovo e dei Balcani. Lo scrittore-giornalista è kosovaro di etnia albanese, proprio come Thaci, ma non risparmia le critiche in un’impietosa analisi della parabola politica del personaggio, che fu prima capo dell’Esercito nazionale di liberazione (Uck) , poi premier di uno Stato che ha autoproclamato la propria indipendenza dalla Serbia ed infine ministro degli Esteri, dopo essere stato spodestato dalla poltrona di primo ministro da Isa Mustafa.

Quando l’ascesa di Thaci sembrava ormai terminata ecco che l’ex comandante Uck viene nominato, alla fine di febbraio, presidente della Repubblica. La sua biografia personale, dice ora lo scrittore nel libro da titolo “Le gambe del serpente”, si intreccia con gli ultimi 15 anni di storia attraverso episodi, spesso consumati dietro le quinte dei grandi eventi, che mostrano il rapporto “odio-amore” per il personaggio da parte della comunità internazionale. Surroi parte dai gossip che ruotano attorno a momenti storici a cui lui stesso ha partecipato, come le fallite trattative condotte nel 1999 nel castello di Rambouillet, in Francia, per porre fine al conflitto in Kosovo. Surroi era allora presente in qualità di leader del partito politico “Ora”, e nella delegazione dell’etnia albanese c’era naturalmente anche Hashim Thaci.

L’esito dei negoziati sarebbe forse stato diverso, dice oggi Surroi, se in quel marzo del 1999 Thaci avesse scelto di fare il mestiere per cui aveva studiato, ovvero lo storico, e non avesse tentato invece di riscrivere la storia personalmente. I due avevano conversato a margine dei lavori, e lo stesso Surroi aveva confidato a Thaci l’intenzione di proseguire, dopo la guerra, ad occuparsi della sua professione principale, ovvero il giornalismo. “E io allora che dovrei fare? – aveva risposto seccamente Thaci – il docente di storia a Malisevo?”. Il desiderio di riscrivere il corso degli eventi si era manifestato subito, appena iniziata la conferenza nel castello francese.

Ad un certo punto Thaci minacciò le dimissioni dalla delegazione e disse di non voler firmare alcun accordo. E’ qui che, secondo Surroi, si verificò un colpo di scena dal sapore hollywoodiano, nel vero senso della parola. Fu James Rubin, portavoce del Dipartimento di Stato americano, ad avere l’idea su come convincere Thaci a desistere dall’opposizione frontale nella trattativa. Confidò a Thaci di avere “un amico che scrive sceneggiature” a Hollywood, un amico che, magari sotto suggerimento, avrebbe potuto pensare ad un lavoro sulla vita del comandante kosovaro. L’idea piacque così tanto a Thaci da riuscire a frenare le sue ire e a far guadagnare per lo meno un suo silenzio nel corso delle trattative in corso.

Il film sulla storia del “serpente” non fu mai né scritto né girato, ricorda oggi Surroi, ma allora Thaci non poteva immaginarlo. Meno diplomatico fu l’approccio, sempre in occasione di Rambouillet, di Madeleine Albright, allora segretario di Stato Usa, la quale invitò i vertici della delegazione kosovara ad un pranzo a margine dei lavori.

Per motivi mai del tutto chiariti, la Albright fece una “sfuriata” al comandante Thaci apostrofandolo con un ventaglio di epiteti non ripetibili nelle pagine del saggio. Terminato lo sfogo, il segretario di Stato proseguì così: “Tutto quello che vi dico lo dico da amica, perché vi amo e vi rispetto. Guardate, questa è la pietra che mi regalò Rugova (primo presidente del Kosovo, ndr) nella sua ultima visita, e che tengo nel mio ufficio. La tengo all’ingresso e tutti quelli che entrano mi chiedono chi me l’abbia donata, e io rispondo ‘il dottor Rugova’”.

Il pranzo terminò senza risultati tangibili, ma la sfuriata della Albright rimase ben impressa ai presenti, fino a far intervenire lo stesso Rugova: “Vuoi che regali anche a te una pietra, figliolo?”, chiese a Thaci, il quale stizzito rispose: “No, perché libererò Trepca (area del Kosovo, ndr) e la pietra me la prenderò da solo”. Il rapporto con gli alleati della comunità internazionale si può dunque definire tranquillamente conflittuale e la stessa ambiguità, dice ancora Surroi, si vede in tutti gli avvenimenti storici e nella loro interpretazione a posteriori, come lo stesso ruolo dell’Uck.

“Sono tutti pezzi di un’unità dialettica: da una parte c’è la legittimazione di una battaglia per la liberazione, dall’altra la possibilità che in essa si nascondano dei crimini di guerra”. Ed ecco che la stessa natura dialettica emerge dalle parole pronunciate un giorno da Bernard Kouchner, ex capo dell’Unmik, la missione delle Nazioni Unite in Kosovo: “Hashim Thaci – disse – si presenta di giorno come la soluzione dei problemi che lui stesso crea nel corso della notte”. Proprio Kouchner, secondo quanto scrivono adesso i media internazionali, potrebbe essere uno dei testimoni chiamati dal nuovo Tribunale speciale allestito, dopo polemiche e rinvii, per giudicare gli eventuali crimini commessi dall’Uck contro i civili serbi durante il conflitto. Le accuse all’esame del tribunale vanno dall’omicidio al traffico di organi prelevati ai prigionieri di guerra, e sotto le pressioni internazionali è stato lo stesso Thaci a sostenere la formazione della corte speciale. Adesso potrebbe essere questo l’ultimo atto della parabola del serpente e del suo rapporto dialettico con la storia e i suoi protagonisti occidentali.

(Fonti: Newsweek Serbia – agenzie)

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