La violenza sulle donne è anche psicologica
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La violenza sulle donne è anche psicologica

Non solo femminicidi nel grande calderone dei flagelli che opprimono la donna nella nostra società.

La violenza sulle donne è anche psicologica
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25 Novembre 2014 - 14.38


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di Gianluca Medas

Non solo femminicidi nel grande calderone dei flagelli che opprimono la donna nella nostra società. Nonostante ciò, in questi ultimi due tre anni nei quali la giornata è cresciuta, finendo nelle mani dei media che hanno adottato la ricorrenza, il ricordo della battaglia politica delle sorelle Mirabal, le tre sorelle uccise, poiché si opponevano ad un terribile e crudele dittatore, si è trasformata nell’elencazione dei vari omicidi di donna, con dovizia di particolari, avvenuti nell’anno, attraverso servizi giornalistici , trasmissioni tv, tragici monologhi di attrici, romanzi, pamphlet, film, riducendo il raggio d’azione del grande dibattito sulla crescita della nostra società ad una semplice sensibilizzazione e condanna (più che ovvia peraltro) di questi efferati omicidi e di chi li commette.

Insomma si sta perpetrando una deriva che non porterà a nulla di concreto se non a una universale contrapposizione verso il “maschio” in quanto latore di questi atti criminali. Il fatto è che attirando l’attenzione solo su queste questioni si corre il rischio di dare spazio esclusivamente ad un problema, ed in modo distorto, creando interesse su fatti più legati alla nostra sensibilità, trascurando ben più grandi battaglie per la dignità della donna, quali per esempio l’educazione al rispetto e all’uguaglianza dei diritti, ancora oggi una sfida di civiltà e dunque universale.

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Ogni giorno infatti le cronache raccontano di donne inchiodate ad una realtà infernale originata da tradizioni crudeli, di donne costrette ad una vita senza identità, imprigionate in schemi che ne pregiudicano l’integrità fisica e mentale, forzate a subire consuetudini che le annullano. Donne che subiscono abusi, che vengono mutilate nel nome di una tradizione sessuofoba, donne sfigurate per aver fatto utilizzo del libero arbitrio, donne senza alcuna libertà di professare il proprio credo, donne assetate di giustizia, negata loro in quanto donne. Cacciate via da parenti o dalla propria comunità per aver amato senza permesso. O per aver detto un no cui non si doveva dare esito concreto. Donne cui viene negato lo studio, donne schiave, donne come merci, vendute o acquistate al mercato delle schiave, donne senza più casa gettate nelle strade per il sollazzo dei puttanieri, donne senza più diritto alla fanciullezza, donne di guerra, proprietà di bruti in divisa, trofei per sfregiare una comunità. Donne stuprate, sfregiate, uccise per essersi negate, donne sottopagate, donne licenziate perché madri. Ci sono tante donne che soffrono ingiustizie senza fine, gli abusi di una società ignorante. Sono una moltitudine il cui numero le statistiche ufficiali riescono solo sfiorare, donne che patiscono ogni giorno il peso del loro essere donna. Violenze psicologiche, fisiche e sessuali.
Se si riprenderà a considerare queste emergenze, passando da una mera elencazione di fatti ad una strategia di cambiamento concreto, che non passa per le vie della strumentalizzazione politica, ma attraverso una seria strategia di educazione delle persone tutte, la giornata contro la violenza sulle donne non si trasformerà in un cammino di contrapposizione tra uomo e donna, e assumerà un significato più profondo incoraggiando lo sviluppo della complementarietà vissuta non come un limite, ma come risorsa. In questo modo, la data del 25 Novembre, riprenderà tutto il suo valore intrinseco di volontà di cambiamento.

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