Da Berlusconi soldi a Cosa Nostra per protezione
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Da Berlusconi soldi a Cosa Nostra per protezione

Le motivazioni della sentenza della Cassazione sul caso Dell'Utri spiegano che il senatore pagò "ingenti somme" alle cosche per conto del Cavaliere.

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24 Aprile 2012 - 14.47


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Silvio Berlusconi pagò alla mafia «cospicue somme» per la sua sicurezza e quella dei suoi familiari usando il senatore Marcello Dell’Utri come «mediatore» dell’accordo protettivo. E’ quanto scrive la Corte di Cassazione nelle motivazioni della sentenza che ha annullato con rinvio la condanna per concorso esterno in associazione mafiosa al politico palermitano. Il processo di secondo grado, con questo rinvio, dovrà essere rifatto a Palermo davanti ad altri giudici. La prescrizione del reato inizialmente era prevista per il giugno 2014, ma la stessa Cassazione evidenzia come al processo d’Appello bis potrebbe essere applicato «il regime della prescrizione antecedente alla riforma del 2005, che valorizza il reato continuato». Così i termini della prescrizione cambierebbero «in pejus» per Dell’Utri e i tempi per la prescrizione stessa potrebbero allungarsi.

Il rinvio della sentenza d’appello risale al 9 marzo scorso: era stata la difesa del senatore a presentare un ricorso contro la condanna a sette anni, mentre la procura generale ricorreva chiedendo un aggravio di pena, sostenendo che il reato è proseguito anche dopo il 1992. Secondo la Cassazione, però, deve ancora essere provato il concorso esterno di Dell’Utri a favore di Cosa Nostra per gli anni che vanno dal 1977 al 1982, periodo durante il quale il senatore non lavorò più per Berlusconi ma venne assunto «alle dipendenze di imprenditore diverso e autonomo, il Rapisarda». Secondo la Suprema Corte, per quegli anni nel verdetto d’Appello c’è «un totale vuoto argomentativo per quanto concerne la possibile incidenza di tale allontanamento sulla permanenza del reato già commesso».

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Le motivazione della sentenza 15727 riempiono 146 le pagine. Secondo la Cassazione i giudici della Corte d’Appello di Palermo hanno valutato in maniera «corretta» le «convergenti dichiarazioni» di più collaboratori sul tema «dell’assunzione, per il tramite di Dell’Utri» dello stalliere Vittorio Mangano «ad Arcore, come la risultante di convergenti interessi di Berlusconi e di Cosa Nostra». Viene ritenuta provata anche la «non gratuità dell’accordo protettivo, in cambio del quale sono state versate cospicue somme da parte di Berlusconi in favore della mafia». Ancora, si legge, che l’ingaggio di Mangano «indipendentemente dalle ricostruzioni dei cosiddetti pentiti, è stato congruamente delineato dai giudici di merito come indicativo, senza possibilità di valide alternative, di un accordo di natura protettiva e collaborativa raggiunto da Berlusconi con la mafia per il tramite di Dell’Utri che, di quella assunzione, è stato l’artefice grazie anche all’impegno specifico profuso da Cinà». Gaetano Cinà, amico personale di Dell’Utri e ritenuto il padrino della famiglia Malaspina fino al 2006, anno della morte, secondo la sentenza d’Appello è stato il contatto diretto tra Dell’Utri, e quindi Berlusconi, ed influenti esponenti mafiosi come Stefano Bontate, che così nel 1974 sarebbe stato in visita nella sede di Edilnord.

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