Il consulente informatico delle più importanti indagini antimafia della Sicilia, il super poliziotto Gioacchino Genchi, sentito in una delle tante udienze dedicate alle stragi mafiose siciliane,soffermandosi su quella che servì a Cosa Nostra a uccidere il giudice Paolo Borsellino,era il 19 luglio del 1992, teatro dell’attentato a via D’Amelio di Palermo,ebbe a dire che all’esito di una serie di accertamenti si avvertiva la puzza dei servizi segreti dietro quella strage.
Ed è una«puzza» che potrebbe arrivare da Alcamo,dove qualche giorno prima del «botto» di via D’Amelio i boss mafiosi riuniti a conclave decisero di uccidere il capomafia Vincenzo Milazzo e strangolare la sua compagna Antonella Bonomo.
Non mancava nessuno dei capi mafia trapanesi a quella duplice esecuzione compiuta nell’arco di 48 ore, prima Milazzo, poi la Bonomo, una esecuzione mai completamente spiegata nelle motivazioni,che però di colpo mise insieme, nell’intento omicida, amici ed nemici del capomafia alcamese. Neanche molto tempo dopo si cominciò a sentire dire che la Bonomo aveva parenti nei servizi segreti e perciò ucciso il suo uomo avrebbe potuto svelare i segreti della cosca.
Oggi tra le pagine di recenti indagini antimafia castellammaresi alcune cose vengono svelate, non del tutto ancora,ma ciò che emerge non fa più restare una leggenda la circostanza che mafiosi o presunti tali erano all’epoca in contatto con uomini dell’«intelligence» italiana.E un nome che è emerso è quello dell’imprenditore castellammarese Mariano Saracino,oggi di nuovo sotto processo per mafia dopo un paio di condanne risalenti ad alcuni anni addietro, solo che adesso le accuse per lui sono quelle di essere stato il tesoriere della cosca di Castellammare,il regista degli appalti pilotati. Odore di servizi dunque, come quando durante le indagini sulla strage di via D’Amelio si scoprì che Gino Calabrò, l’ex lattoniere di Castellammare, specialista nelle stragi, condannato per Pizzolungo e per le stragi del 93, compreso il mancato attentato all’Olimpico di Roma che doveva essere compiuto quello stesso anno, possedeva un cellulare, clonato,dal quale all’epoca veniva contattato ripetutamente l’albergo Villa Igea di Palermo,ma anche utenze degli StatiUniti, Germania,Malta e Slovenia.Lo stesso numero di cellulare venne rinvenuto nella disponibilità di alcuni mafiosi, sempre trapanesi, catturati dai carabinieri nelle campagne di Calatafimi il 15gennaio del 1993,lo stesso giorno in cui a Palermo, altri carabinieri, arrestavano Totò Riina:erano Antonino Alcamo, Vincenzo Melodia, Vito Orazio Diliberto e Pietro Interdonato. Da quel numero di cellulare sarebbero partite telefonate verso società importanti,alberghi di lusso e le case di boss mafiosi,anche durante quei giorni di metà luglio del 1992 mentre i boss uccidevano Vincenzo Milazzo e Antonella Bonomo.
Tra le pagine dell’indagine andata sotto il nome «sistemi criminali» coordinata in pratica da tre procure, le distrettuali di Palermo e Firenze e la Direzione nazionale antimafia di Roma, vi sono alcuni elementi che riconducono alla soppressione di Vincenzo Milazzo e Antonella Bonomo.Una esecuzione fatta in fretta che non si è fermata nemmeno per la pietà che doveva almeno essere rivolta ad Antonella Bonomo uccisa mentre era incinta. Il calatafimese Cola Scandariato, raccontarono i pentiti,cercò di adoperarsi in suo favore,ma fallì. Mancavano pochi giorni alla strage di via D’Amelio. Si disse che vennero uccisi perchè Milazzo non condivideva le stragi e Gioacchino La Barbera, che fece ritrovare nel dicembre 1993 i cadaveri sepolti dentro un cava di Balata di Baida,raccontò anche che la donna fu uccisa perché «si aveva paura che potesse raccontare quanto gli aveva confidato Milazzo, ad un parente nei servizi segreti».
È stato poi il pentito alcamese Nino Cascio, a rilevare che Milazzo fu ucciso il giorno prima di quando lo stesso boss aveva deciso di uccidere l’imprenditore Mariano Saracino: «Milazzo – raccontò Cascio (il verbale è contenuto agli atti del processo Tempesta ndr) nutriva una forte avversione nei confronti di Saracino e ciò fondamentalmente in quanto costui, ai tempi del processo per la strage di Pizzolungo aveva reso delle dichiarazioni non in linea con l’alibi fornito da Calabrò ed avrebbe inoltre confidato ad un alto ufficiale dei servizi segreti -parente di Antonella Bonomo, padre di un ragazzo/a al tempo fidanzato/a con un parente di Saracino – che il solo Melodia Filippo (altro boss alcamese ndr)era certamente estraneo alla strage mentre non poteva garantire per l’innocenza degli altri imputati».Saracino ha letto le pagine di questa ordinanza che lo ha portato in carcere,ma ha deciso di restare in silenzio. Potrebbe essere stato proprio lui a passare ai boss la notizia che la Bonomo era imparentata con un uomo dei servizi. E quindi andava eliminata. Antonella Bonomo sparì d’improvviso il 16 luglio del1992, lo stesso giorno o l’indomani venne uccisa.