Gli influencer e i rischi della vita in rete: chi ha successo deve sentire il peso della responsabilità
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Gli influencer e i rischi della vita in rete: chi ha successo deve sentire il peso della responsabilità

Gli influencers vanno alla ricerca della popolarità. Il loro è il mondo dell’apparire che non si basa su dati oggettivi, sulla fisicità. Per loro sono importanti le interazioni e non le relazioni. Di chi possiamo veramente fidarci?

Gli influencer e i rischi della vita in rete: chi ha successo deve sentire il peso della responsabilità
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22 Gennaio 2024 - 19.04


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Il sottosegretario del Dicastero Vaticano per la Cultura e l’Educazione collabora con Radio 1 per «La finestra su San Pietro», rubrica settimanale di informazione religiosa, in onda ogni domenica a partire dalle 10.55 fino all’Angelus del Pontefice.



Il testo dell’intervento di questa settimana

di Padre Antonio Spadaro

Il suicidio di Giovanna Pedretti e le accuse a Chiara Ferragni pongono gravi domande sulla nostra vita in Rete, quella che viviamo tutti i giorni sui nostri cellulari.

Quante volte siamo stati influenzati dalle opinioni di persone che non conosciamo davvero, ma delle quali ci sembra di sapere tutto (come si vestono, cosa mangiano, come si comportano, come vivono…)?

Gli influencers vanno alla ricerca della popolarità. Il loro è il mondo dell’apparire che non si basa su dati oggettivi, sulla fisicità. Per loro sono importanti le interazioni e non le relazioni. Di chi possiamo veramente fidarci? 

La nostra vita in rete, d’altra parte, ha un forte impatto sul modo in cui ci percepiamo. Se nessuno ci guarda, se quel che condividiamo non piace e non riceve like, allora perdiamo stima in noi stessi. E che dire se invece siamo investiti da attacchi e insulti che crescono esponenzialmente? Una volta la reputazione si costruiva faticosamente nel tempo, oggi invece giudizi trainati dall’opinione di chi non ci conosce neanche sono in grado di travolgerci. È facile perdere lucidità. 

Non possiamo tornare indietro perché internet è una risorsa indispensabile. Ci consente di conoscere, di informarci, di comunicare. Noi siamo a pieno titolo cittadini digitali. Si devono trovare anticorpi sociali, si deve recuperare il senso di autorevolezza e affidabilità. È un compito educativo per il quale non ci sono ricette. Forse servono le domande giuste. Ad esempio, ai ragazzi, piuttosto che negare l’utilizzo dei social, non sarebbe meglio chiedere: perché ti fidi di questa persona? Perché gli dai tanto peso?

E chi ha successo, chi si fa ascoltare e diventa modello di pensiero e comportamento, deve sentire addosso il peso della responsabilità di costruire una cittadinanza matura e un mondo migliore. 

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