"Profondamente sbagliato e una perdita di tempo": il piano Ue sui migranti secondo Oxfam
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"Profondamente sbagliato e una perdita di tempo": il piano Ue sui migranti secondo Oxfam

Ancora una volta l’Unione europea mette in campo vecchie idee basate sulla mera difesa delle frontiere europee, che hanno già dimostrato di non funzionare e di avere come unico esito quello di calpestare i diritti umani

"Profondamente sbagliato e una perdita di tempo": il piano Ue sui migranti secondo Oxfam
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24 Novembre 2022 - 18.33


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Vecchie idee. Tutte sbagliate. E’ il “falso piano” dell’Unione Europea sui migranti. Falso perché ricicla politiche rivelatesi fallimentari e, per molti versi, “criminali”. In una ottica emergenzialista e securitaria che è il vero comun denominatore dei Ventisette. Guidati da una strategia che resta sempre uguale a se stessa e che si trascina a prescindere dal colore dei governi dei Paesi membri. La strategia dell’esternalizzazione delle frontiere.

Il j’accuse di Oxfam

Ancora una volta l’Unione europea mette in campo vecchie idee basate sulla mera difesa delle frontiere europee, che hanno già dimostrato di non funzionare e di avere come unico esito quello di calpestare i diritti umani. Cosa che già accade in Grecia, dove migliaia di persone sono lasciate in un limbo spesso senza la possibilità di richiedere asilo, costrette a sopravvivere in condizioni disumane negli hotspot allestiti sulle isole dalla Ue; o nel Mediterraneo centrale, dove oltre 100 mila migranti sono stati riportati nei lager libici negli ultimi 5 anni, per effetto del Memorandum tra Italia e Libia, appena rinnovato.

È quanto denuncia Oxfam, alla vigilia del Consiglio dei Ministri degli Interni e della Giustizia Ue, che domani discuterà il nuovo Piano in 20 punti presentato dalla Commissione, con l’obiettivo esplicito di fermare i flussi migratori verso l’Europa, dopo il braccio di ferro delle ultime settimane sui salvataggi dei migranti nel Mediterraneo.

“Questo Piano è profondamente sbagliato, ed è una perdita di tempo. Non affronta la vera questione, e cioè riportare la discussione sul Patto Europeo per la Migrazione e l’Asilo nel solco del rispetto dei diritti delle persone e delle normative esistenti sul diritto di asilo – afferma Giulia Capitani, policy advisor su migrazioni di Oxfam Italia -. Eppure, la risposta europea offerta agli oltre 7 milioni di ucraini, costretti a lasciare il paese dallo scorso 24 febbraio, è la dimostrazione che quando c’è la volontà politica, è possibile trovare un accordo giusto. Al contrario, la strategia dell’Unione europea nel Mediterraneo continua a puntare sull’esternalizzazione delle frontiere europee, delegandone il controllo a Paesi come Turchia e Libia, che vengono generosamente finanziati con il denaro dei contribuenti nonostante le palesi e gravissime violazioni dei diritti umani, denunciate dall’Onu e da organismi di monitoraggio indipendenti. Sforzi e risorse che al contrario potrebbero essere impiegate per ampliare le possibilità di accoglienza degli stati membri e creare meccanismi di condivisione delle responsabilità non solo su base volontaria”.

Per questo Oxfam chiede all’Unione europea e agli stati membri di lavorare insieme per: rafforzare il sistema di asilo comune, riaffermando la centralità del diritto alla protezione delle persone in fuga; stabilire regole efficaci per una condivisione delle responsabilità di accoglienza tra gli stati membri, principalmente attraverso la riforma del regolamento di Dublino; interrompere gli accordi in essere che delegano a Paesi terzi il controllo dei flussi migratori verso l’Europa, evitando di stringerne di nuovi.

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Il “falsopiano” 

“Lunedì  – scrive il Post in un dettagliato report – la Commissione europea ha presentato un nuovo ‘Piano d’azione per il Mediterraneo centrale’, scritto con una certa fretta dopo il recente aumento dei flussi migratori, e soprattutto dopo la crisi diplomatica tra Italia e Francia a proposito dell’attracco della nave di una Ong carica di persone soccorse in mare. Il nuovo piano prevede venti proposte per cercare di alleviare la situazione, e sarà discusso venerdì in una riunione straordinaria dei ministri dell’Interno dei paesi membri.

Le proposte, tuttavia, sono piuttosto vaghe, e in molti casi si tratta della riproposizione di vecchie misure mai del tutto messe in pratica: «È una rimasticatura di cose che sarebbero già dovute succedere», ha detto un  diplomatico europeo a Politico. Al tempo stesso, però, il documento contiene alcune novità, come per esempio nuove azioni per aumentare la cooperazione con i paesi d’origine dei migranti e una prima, eccezionalmente generica menzione della possibilità di coinvolgere gli “stati di bandiera” nelle discussioni sulla gestione delle navi delle ong.

Quella degli “stati di bandiera” è una rivendicazione recente del governo italiano  di Giorgia Meloni, che sostiene che se la nave di una Ong batte bandiera tedesca o francese, dovrebbero essere Germania o Francia ad accogliere i migranti soccorsi da quella nave. Questa posizione in realtà non ha nessun fondamento giuridico: le navi delle Ong battono la bandiera di uno stato piuttosto che quella di un altro spesso solo per ragioni fiscali, e il diritto internazionale, nel caso dei soccorsi in mare, non prevede alcun legame tra la nave e lo stato di cui batte bandiera. Il dovere di soccorrere i migranti spetta comunque al primo “porto sicuro”, che nel caso del Mediterraneo centrale è praticamente sempre l’Italia.

Il nuovo piano prevede però la «promozione di maggiore cooperazione […] tra gli stati della costa [come l’Italia] e gli stati di bandiera [come la Germania o la Francia]». Non specifica come dovrebbe funzionare questa cooperazione, né come dovrebbe applicarsi, magari nel caso di navi battenti bandiera di stati non europei. È probabile che spetterà ai ministri dell’Interno degli stati membri discuterne.

Le altre novità del piano sono principalmente due. Anzitutto il proposito (anche in questo caso relativamente generico) di rafforzare i rapporti con i paesi da cui provengono i migranti, sia con l’intento di fermare i flussi all’origine, sia con l’intento di facilitare i rimpatri: l’anno scorso, circa il 20 per cento dei migranti che non avevano i requisiti per il diritto d’asilo è stato rimandato nel proprio paese d’origine. Il documento cita uno stanziamento di 580 milioni di euro (già previsti, in realtà) per sostenere i paesi del Nord Africa e altri paesi partner, e in particolare cita la necessità di rafforzare i rapporti con Tunisia, Egitto e soprattutto Libia.

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Un’altra proposta riguarda la necessità di applicare per davvero e rafforzare la ‘dichiarazione di solidarietà che era stata adottata a giugno di quest’anno da 21 stati membri, e che prevedeva un meccanismo – volontario e non vincolante – di sostegno ai paesi più esposti ai flussi migratori, tramite contributi economici o ricollocamenti di migranti. Questo piano però di fatto non è mai stato messo in pratica.

Tornando alle navi delle Ong, la Commissione europea richiede infine che siano avviati dei negoziati con l’Organizzazione marittima internazionale (l’agenzia Onu che si occupa di trasporto marittimo) per creare delle «linee guida» specifiche per le navi «che si concentrano sulle attività di ricerca e soccorso».

Secondo la Commissione, dall’inizio dell’anno sono arrivati in Europa dal Mediterraneo centrale circa 90 mila migranti: un aumento del 50 per cento rispetto all’anno scorso. In totale i migranti arrivati in Europa nel 2022, sia via mare che via terra, sono circa 160 mila”.

  • Il nuovo piano prevede però la «promozione di maggiore cooperazione […] tra gli stati della costa [come l’Italia] e gli stati di bandiera [come la Germania o la Francia]». Non specifica come dovrebbe funzionare questa cooperazione, né come dovrebbe applicarsi, magari nel caso di navi battenti bandiera di stati non europei. È probabile che spetterà ai ministri dell’Interno degli stati membri discuterne.Le altre novità del piano sono principalmente due. Anzitutto il proposito (anche in questo caso relativamente generico) di rafforzare i rapporti con i paesi da cui provengono i migranti, sia con l’intento di fermare i flussi all’origine, sia con l’intento di facilitare i rimpatri: l’anno scorso, circa il 20 per cento dei migranti che non avevano i requisiti per il diritto d’asilo è stato rimandato nel proprio paese d’origine. Il documento cita uno stanziamento di 580 milioni di euro (già previsti, in realtà) per sostenere i paesi del Nord Africa e altri paesi partner, e in particolare cita la necessità di rafforzare i rapporti con Tunisia, Egitto e soprattutto Libia.

La teoria Piantedosi

La illustra con sapienza analitica Annalisa Camilli su Internazionale. “Il 16 novembre il ministro dell’interno Matteo Piantedosi – scrive tra l’altro Camilli – era intervenuto alla Camera e al Senato per un’informativa sulla vicenda delle navi delle ong bloccate nel porto di Catania dopo avere loro imposto degli sbarchi selettivi e ha illustrato la sua visione dell’immigrazione. Implicitamente Piantedosi ha ammesso che il numero di persone soccorse nel 2022 dalle navi delle ong è minimo rispetto al totale delle persone arrivate via mare. Su 90mila persone arrivate via mare nel 2022, infatti, solo 11mila sono state soccorse dalle navi delle ong, il 12 per cento del totale. Tra l’altro, ha riconosciuto il ministro, nello stesso periodo l’Italia ha accolto 172mila persone in fuga dall’Ucraina. Inoltre Piantedosi ha denunciato un fattore che è già stato smentito da numerosi studi universitari e di istituti di ricerca indipendenti come l’Ispi: il principio del pull factor.  “La presenza delle navi delle ong nel Mediterraneo, in prossimità delle coste libiche, continua a rappresentare un fattore di attrazione sia per i migranti sia per i trafficanti di uomini”, ha detto Piantedosi. Il ricercatore Matteo Villa dell’Ispi ha raccolto i dati delle partenze dalla Libia dal 2014 e le ha messe in relazione ai dati della presenza delle navi delle ong. In particolare dal 1 gennaio al 28 maggio del 2021, “nei momenti in cui le navi non c’erano, in media sono partiti più migranti (135 al giorno) rispetto a quando le navi erano presenti in quel tratto di mare (125 al giorno)”, afferma Villa. 

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Non è mai stato dimostrato che le navi umanitarie siano un fattore di attrazione per chi vuole partire. Inoltre Piantedosi ha affermato che le navi non si sono coordinate con le autorità italiane durante i soccorsi e che le hanno informate soltanto una volta che i soccorsi erano avvenuti. Inoltre, secondo il ministro, devono essere gli stati di bandiera delle navi a fare richiesta del porto di sbarco e non i comandanti delle navi. Per rispondere a Piantedosi nei giorni successivi l’ong Medici senza frontiere (Msf) ha pubblicato tutte le comunicazioni inoltrate dal capitano della Geo Barents alle autorità marittime di Libia, Malta, Italia e Norvegia (stato di bandiera della nave) prima, durante e dopo i soccorsi. “Da quando siamo scesi in mare nel 2015, per colmare il vuoto di ricerca e soccorso, operiamo in piena trasparenza e nel rispetto delle norme con l’unico obiettivo di salvare vite”, ha scritto Msf in un comunicato, inoltre l’ong ha presentato un ricorso al Tribunale amministrativo del Lazio (Tar) contro la decisione di imporre uno sbarco selettivo dei migranti in base al decreto Piantedosi il 5 novembre. “Il decreto ha operato un’illegittima e discriminatoria selezione tra i sopravvissuti, autorizzando a sbarcare solo quelli ‘vulnerabili’ in violazione alla normativa internazionale”, conclude il comunicato…”.

Fin qui Camilli.

Furbate, proposte raccogliticce, sparate buone per raccattare un titolo di prima pagina o per far finta di fare la voce grossa in Europa o di litigare con la Francia. Se non vi fossero in gioco vite umane, saremmo alla riedizione di oggi le comiche. Ma la tragedia è che costoro governano. In Italia. In Europa.

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