Due miliardi di dollari e 18 mesi per sviluppare un vaccino contro il Coronavirus
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Due miliardi di dollari e 18 mesi per sviluppare un vaccino contro il Coronavirus

Lo stima Richard Hatchett, amministratore delegato di Cepi (Coalition for Epidemic Preparedness Innovations)

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6 Marzo 2020 - 18.08


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Per sviluppare un vaccino contro il Coronavirus alla velocità richiesta per fronteggiare l’emergeza serviranno 2 miliardi di dollari, da stanziare per un periodo di tempo compreso tra i 12 e i 18 mesi: lo ha stimato Richard Hatchett, amministratore delegato di Cepi (Coalition for Epidemic Preparedness Innovations), una partnership di governi, industria ed enti di beneficenza creata tre anni fa per combattere le malattie emergenti che minacciano la salute globale, e che sta già sponsorizzando quattro progetti di vaccini anti-Covid-19, e altri quattro sono in fase di chiusura, riporta l’Irish Times.
L’Oms intatto ha avvertito che nel mondo ci sono almeno 20 sieri in sviluppo: alla fine di febbraio, Moderna, un gruppo biotecnologico con sede fuori Boston, ha battuto il record di velocità di tempo intercorso tra l’identificazione di un virus – in questo caso il coronavirus – e la creazione di un vaccino pronto per essere testato sull’uomo: solo 42 giorni. Ma nonostante la fretta che tutto il mondo ha di arrivare a uno ‘scudo’ protettivo contro il nuovo virus, gli esperti ribadiscono che ci vorrà da un anno a un anno e mezzo prima che un prodotto sia disponibile per l’uso diffuso. In genere, tutto l’iter richiede diversi anni: dopo un primo studio sulla sicurezza, devono essere condotti studi clinici molto ampi per testare l’efficacia. 
Moderna potrebbe essere la prima azienda a testare il candidato vaccino sull’uomo, ma ci sono molti altre realtà impegnate nella ‘corsa’, che potrebbero stupire: Johnson & Johnson, Sanofi, le università come quella del Queensland. Ma anche progetti portati avanti in collaborazione con strutture italiane, come l’Irbm di Pomezia. E il sequenziamento genetico insieme alle nuove tecnologie di biologia strutturale stanno trasformando il loro modo di lavorare, consentendo a più scienziati di creare le proprie versioni sintetiche di virus.
I fondi rimangono però un problema anche per i grandi gruppi farmaceutici, che storicamente hanno spesso evitato di investire in vaccini per epidemie senza finanziamenti pubblici, perché le possibilità di incassare sono limitate: diverse società hanno perso denaro, ad esempio nel caso di Ebola e Sars, perché i focolai erano quasi tutti estinti prima che il prodotto fosse pronto.
Cepi ha provato a ipotizzare diversi scenari, incluso quello in cui un vaccino contro il coronavirus possa essere inutile quando sarà pronto. Ma Hatchett non credo sia “plausibile che il contenimento abbia un tale successo e che la malattia verrà del tutto eliminata. Ci sarà sempre una nicchia commerciale a lungo termine per questo prodotto”.

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