Olga e Yurii: eroi di pace in tempi di guerra
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Olga e Yurii: eroi di pace in tempi di guerra

Olga e Yurii, il coraggio della disobbedienza civile. Olga e Yurii, due eroi di pace in tempi e luoghi di guerra. Due storie che raccontano di come la guerra non sia nel destino dei popoli. Un destino immodificabile.

Olga e Yurii: eroi di pace in tempi di guerra
La pacifista bielorussa Olga Karatch
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

19 Agosto 2023 - 19.01


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Olga e Yurii, il coraggio della disobbedienza civile. Olga e Yurii, due eroi di pace in tempi e luoghi di guerra. Due storie che raccontano di come la guerra non sia nel destino dei popoli. Un destino immodificabile.

Due storie esemplari

Ne danno conto la Rete Italiana Pace e Disarmo (Ripd) e il Movimento Nonviolento.

“Olga Karatch, giornalista e attivista per i diritti umani e delle donne  – recita un comunicato di Ripd – è fuggita dalla Bielorussia per non essere arrestata con l’accusa di terrorismo, per la quale pende una condanna a morte. La Lituania, dove si è rifugiata, ha respinto la sua richiesta di asilo politico e protezione. Yurii Sheliazhenko, consulente legale e Segretario del Movimento Pacifista Ucraino, è in stato di arresto domiciliare, con passaporto ritirato, accusato di “essere sostenitore dell’invasione russa” e rischia 5 anni di carcere.

Olga e Yurii (le cui organizzazioni vengono proposte al premio Nobel per la Pace dall’International Peace Bureau), vengono perseguitati per la stessa responsabilità: aver sostenuto il diritto dei ragazzi bielorussi e ucraini alla obiezione di coscienza e aiutato disertori e renitenti alla leva a sottrarsi alla coscrizione obbligatoria e alla mobilitazione speciale, a rifiutare l’esercito, non imbracciare le armi, non uccidere.

Olga e Yurii hanno partecipato alla Conferenza mondiale per la pace di Vienna lo scorso giugno, per ribadire la richiesta di cessare il fuoco e di ricercare una soluzione politica. Loro, come tutti noi, condannano l’invasione russa dell’Ucraina e insieme chiediamo il “cessate il fuoco”, che la comunità internazionale assuma la responsabilità del negoziato e metta in campo tutte le risorse della diplomazia e della politica.

La libertà di pensiero e di coscienza, compreso il diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare, è uno dei valori cardine dell’Europa, riconosciuta anche dal Patto internazionale sui diritti civili e politici. La sua messa in discussione, in un paese dell’Unione o in un paese che vorrebbe accedervi, metterebbe in discussione i fondamenti stessi della comune appartenenza.

Chiediamo che il nostro Governo si attivi immediatamente con le istituzioni europee per garantire l’asilo politico e la protezione ad Olga Kharatch e a tutti gli obiettori di coscienza bielorussi e russi e per richiedere al governo ucraino il rispetto del diritto di obiezione di coscienza e di libertà di pensiero di Yurii Sheliazhenko e di tutti gli obiettori ucraini”.

 La nemica numero uno di Lukashenko

“Olga Karatch, la pasionaria nonviolenta pacifista bielorussa, nemico pubblico numero uno del regime di Lukashenko, che vive in esilio a Vilnius perché in patria l’attende una condanna a morte, si è vista rifiutare la domanda di asilo politico e protezione presentata un anno fa al governo della Lituania. La motivazione, incredibile, è che la Karatch rappresenterebbe “una minaccia per la sicurezza nazionale della Repubblica di Lituania”. 

Fondatrice e leader dell’organizzazione internazionale Our House per i diritti umani, Olga Karatch – giornalista, politica, attivista – ha fatto parte dell’opposizione a Lukashenko e per questo è stata classificata come “terrorista” dal Kgb bielorusso e inserita nell’elenco dei nemici del regime. Espatriata in Lituania, ha proseguito l’attività pacifista soprattutto a favore degli obiettori di coscienza, disertori, renitenti alla leva bielorussi, con la campagna “No significa No” contro la mobilitazione e la coscrizione militare, per sottrarre braccia e fucili all’esercito di Lukashenko, che si appresterebbe a preparare un secondo fronte contro l’Ucraina, a fianco della Russia di Putin.

“Questa decisione mira a screditarmi come difensora dei diritti umani – dice a caldo Olga Karatch -è un tentativo di costringermi al silenzio anche come femminista e limitare le mie attività per la pace e i diritti di chi rifiuta le armi e l’esercito”.

Consola che il provvedimento di diniego non prevede un decreto di espulsione, estradizione e rimpatrio, proprio in considerazione del fatto che in Bielorussia l’attenderebbe la pena capitale, e anzi le viene rinnovato il permesso di soggiorno in Lituania per altri due anni. In qualche modo lo standard europeo viene rispettato, ma resta il fatto politico, grave, del rifiuto di protezione ad una persona minacciata, che non ha compiuto alcun reato sul territorio dell’Unione Europea.

La Campagna di Obiezione alla guerra ha espresso immediata solidarietà e ha garantito le risorse necessarie per la difesa legale e il ricorso alla Corte Suprema e se necessario alla Corte europea per i diritti umani, con il patrocinio dell’avvocato Nicola Canestrini, legale del Movimento Nonviolento, che subito si è messo a disposizione.

Olga Karatch rappresenta una figura di spicco del movimento pacifista europeo, insieme a Yurii Sheliazhenko anche lui proprio in questi giorni sotto attacco, accusato ingiustamente e falsamente di “giustificare la guerra di aggressione russa” e per questo sottoposto agli arresti domiciliari.

La verità è che l’obiezione di coscienza, la diserzione, la renitenza alla leva, sia in Bielorussia che in Russia come in Ucraina, sono ormai un fenomeno di massa che inizia a fare paura ad entrambi i fronti. Sottrarre persone agli eserciti, rifiutare la logica della armi, opporsi alla mobilitazione militare, è la strategia della nonviolenza, che è efficace perché senza soldati che sparano, la guerra non si può fare. È necessaria ora una azione politica che punti ad un obiettivo preciso: chiediamo che l’Unione Europea e i governi nazionali (dunque anche al governo italiano) venga riconosciuto lo status di rifugiati politici a tutti quei giovani russi, bielorussi e ucraini che rifiutano di combattere e si tolgono la divisa. La via della pace passa innanzitutto dal ripudio concreto della guerra”. 

Mao Valpiana

presidente del Movimento Nonviolento

Una battaglia non violenta

Ne scriveva il 9 agosto Azione nonviolenta: “Yurii Sheliazhenko (dopo la perquisizione, il sequestro e la convocazione delle autorità giudiziarie per un interrogatorio)  ora è a casa sua, a Kiev, libero, e questa è una buona notizia. È in attesa di un pronunciamento del Tribunale sul sequestro o dissequestro di computer e telefono e documenti, con richiesta di arresti domiciliari da parte del procuratore, e forse c’è un’altra indagine in corso, per altre dichiarazioni pubbliche di Yurii contro la mobilitazione obbligatoria e a favore dell’obiezione di coscienza: e questa non è una buona notizia. La data di una nuova udienza non è ancora stata fissata. Yurii, segretario esecutivo del Movimento Pacifista Ucraino, prosegue la sua battaglia giudiziaria, accusato di “giustificare la guerra di aggressione russa”. I Servizi di Sicurezza ucraini, che hanno avviato l’indagine, si basano su alcuni scritti resi pubblici da Yurii. Si tratta di una persecuzione non sostenibile, senza prove concrete, e non dimostrabile. Per questo Yurii, con noi, ha piena fiducia nella giustizia, e soprattutto nel rispetto e l’applicazione della Costituzione ucraina e del diritto internazionale che tutela la libertà di parola e il diritto umano di rifiutarsi di uccidere anche in tempo di guerra.

La “Campagna di Obiezione alla guerra”, promossa dal Movimento Nonviolento, ha sostenuto concretamente il Movimento Pacifista Ucraino, nei suoi bisogni e necessità di organizzazione e di strumenti di comunicazione. Su richiesta di Yurii Sheliazhenko ci siamo fatti carico dei costi per la difesa legale degli obiettori di coscienza ucraini processati, così come, su richiesta di Olga Karatch del movimento Our House, degli obiettori di coscienza bielorussi che rischiano l’estradizione dalla Lituania.

Siamo al fianco di Yurii Sheliazhendo e di Olga Karatch, difensori dei diritti umani, che oggi stanno difendendo se stessi dagli attacchi per il loro impegno nonviolento contro la guerra. La Campagna, quindi, chiede ulteriori contributi per proseguire il lavoro internazionale di sostegno ai movimenti pacifisti e nonviolenti di Ucraina, Bielorussia e Russia.

A supporto di Yurii e delle sue posizioni, che condividiamo pienamente, pubblichiamo uno stralcio tratto dalla rivista tedesca “Wissenschaft und Friend” che ha pubblicato un articolo di Yurii Sheliazhenko che illustra il suo pensiero sulla guerra di aggressione della Russia, a scanso di ogni possibile equivoco.

E poi pubblichiamo una intervista esclusiva a Yurii, pubblicata sul numero 3 del 2023 di Azione nonviolenta dal titolo: “Fermiamo la guerra che si poteva evitare. La nonviolenza per salvarsi tutti insieme” che chiarisce il pensiero e le proposte nonviolente che vengono dai pacifisti ucraini.

Guerra e intervento nonviolento. Monitorare l’escalation del conflitto Russia-Ucraina e trovare possibili vie per la pace”

Il conflitto è un puzzle accumulato di molteplici affermazioni conflittuali su una serie diversificata di problemi. Diversi attori di entrambe le parti del conflitto Russia-Ucraina hanno indicato e contestato alcune questioni territoriali, di sicurezza e di identità. La maggior parte di queste rivendicazioni sono state espresse in relazione alle sovranità nazionali.

Le questioni territoriali sono legate alla sovranità sulle terre dell’Ucraina orientale e meridionale. Le regioni di Crimea, Donbass, Kherson e Zaporizhzhya fanno parte del territorio ucraino riconosciuto a livello internazionale, ma la Russia le considera suoi territori storici e le ha ufficialmente incorporate

dopo controversi referendum. In passato, la sovranità condivisa era un’opzione. Per decenni, la Russia era pronta a lasciare le enclave filo-russe all’interno dell’Ucraina, a condizione che l’Ucraina fosse

alleata della Russia e che la popolazione di queste enclave rappresentasse gli interessi russi nella politica ucraina. Anche nelle prime fasi della guerra, dopo l’annessione della Crimea, la Russia era disposta a condividere la sovranità sul Donbass con l’Ucraina secondo gli accordi di Minsk. Tuttavia, l’escalation del conflitto e lo sradicamento delle influenze russe in Ucraina hanno escluso l’opzione della sovranità condivisa, a meno che i sistemi politici di Russia e Ucraina non subissero profondi cambiamenti. A parte la soluzione della sovranità condivisa, la Russia o l’Ucraina potrebbero cedere il controllo territoriale, il che potrebbe essere possibile solo dopo gravi perdite sul campo di battaglia e un possibile cambio di regime, ma queste prospettive sembrano molto improbabili. Entrambi i regimi sono riusciti a convincere le popolazioni che il controllo territoriale ha un’importanza esistenziale per la loro nazione, ed entrambi hanno un forte sostegno geopolitico in un mondo polarizzato con scommesse di valore ad alto rischio piazzate su di loro. Per gli Stati Uniti e gli alleati della Nato, la difesa dell’integrità territoriale dell’Ucraina è una prova del loro status di potenza militare leader e forza di polizia globale, mentre per la Cina e altri attori non occidentali un cauto sostegno alla Russia è un’opportunità per sfidare il fastidioso dominio degli Stati Uniti.

Immaginando un’alternativa a questa sempre più pericolosa anarchia sovrana, potremmo pensare a un movimento nonviolento globale verso l’unificazione pacifica delle società civili, concentrandoci sul valore dei diritti umani e su questioni urgenti invece di narrazioni guerrafondaie sulla sovranità e l’integrità territoriale. L’emergere di una società civile planetaria potrebbe curare i nazionalismi pandemici del sangue e del suolo e rendere inutili le dispute territoriali”.

Firmato

Yurii Sheliazhenko

Un articolo potente, di grande coraggio e lucidità analitica, che contrasta la retorica riarmista dispensata h24 dalla stampa mainstream. Considerazioni che rompono con una narrazione manichea, molto in voga in Europa, che liquida tutto con le categorie di aggredito e aggressore. Yurii Sheliazhenko ci dice che la storia è più complessa e che l’impraticabilità di una sovranità condivisa sul Donbass non è responsabilità solo della Russia. E poi l’utopia che si fa azione, pratica di vita: “L’emergere di una società civile planetaria potrebbe curare i nazionalismi pandemici del sangue e del suolo e rendere inutili le dispute territoriali”.

Yurii e Olga ci stanno provando. Per questo sono nel mirino dei signori della guerra, a Mosca, a Kiev, a Washington, nel mondo. 

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