Stoltenberg: quel "profeta di sventure" che guida la Nato
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Stoltenberg: quel "profeta di sventure" che guida la Nato

Non dismette l’elmetto e prosegue nell’incendiare le polveri, prospettando scenari apocalittici. Stiamo parlando del segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. 

Stoltenberg: quel "profeta di sventure" che guida la Nato
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

31 Gennaio 2023 - 18.22


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Lo “Stranamore” di Bruxelles non demorde. Non dismette l’elmetto e prosegue nell’incendiare le polveri, prospettando scenari apocalittici. Stiamo parlando del segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. 

“Pechino osserva con attenzione cosa sta accadendo oggi in Ucraina e questo potrà influenzare le sue decisioni future: ciò che accade oggi in Europa potrà accadere domani in Asia”. Così Stoltemberg nel l corso del suo punto stampa con il premier giapponese Fumio Kishida.  Giappone e Nato concordano che la sicurezza nell’area transatlantica e dell’indopacifico è “interconnessa” e che la guerra in Ucraina non è una sfida “solo europea”. “La Cina non è un nostro avversario ma bullizza i suoi vicini e minaccia Taiwan, dunque dobbiamo capire e gestire questa sfida”, ha aggiunto il numero uno della Nato.

Il “giallo” della visita

È atteso che il presidente cinese, Xi Jinping, si recherà in Russia in primavera. È quanto ha annunciato il ministero degli Esteri russo, che ha affermato che questo sarà un evento centrale nelle relazioni fra Russia e Cina nel 2023. Lo riporta l’agenzia di stampa russa Tass. “Nel prossimo anno, attraverso sforzi congiunti, la Russia e la Cina saranno in grado di rafforzare e far progredire ulteriormente i legami bilaterali. Come sapete, il presidente russo Vladimir Putin ha invitato il leader cinese Xi Jinping a compiere una visita di Stato nella Federazione Russa in primavera. Riteniamo che questo diventerà un evento centrale nelle relazioni bilaterali nel 2023”, ha dichiarato il ministero degli Esteri russo rispondendo alle domande dei media ricevute durante la conferenza stampa sui risultati delle attività della diplomazia russa nel 2022. Il South China Morning Post scrive che il viaggio di Xi in Russia è atteso intorno all’anniversario dell’invasione dell’Ucraina. Putin aveva invitato Xi durante una videochiamata di fine anno fra i due avvenuta a dicembre. 

La Cina al momento non conferma né smentisce la notizia della visita.  Una portavoce del ministero degli Esteri cinese, Mao Ning, a una domanda in merito ha risposto così: “Cina e Russia mantengono stretti contatti a vari livelli per promuovere lo sviluppo dei due Paesi, contribuendo allo sviluppo globale pacifico. Per quanto riguarda questa visita in particolare, al momento non ho informazioni da condividere”. Lo riporta l’agenzia di stampa russa Tass, ricordando che lunedì il ministero degli Esteri russo ha annunciato che la visita del presidente cinese Xi in Russia è in programma per la primavera e ha affermato che sarà un evento centrale nelle relazioni fra Mosca e Pechino nel 2023.

Pechino accusa Washington

Il ministero degli Esteri cinese punta il dito contro gli Stati Uniti per l’invasione russa dell’Ucraina, sostenendo che Washington ha creato le condizioni che hanno portato alla guerra e condannando le forniture di armi a Kiev, responsabili di aver alimentato il conflitto. “Gli Stati Uniti sono quelli che hanno innescato la crisi ucraina e il principale fattore che l’ha alimentata: hanno continuato a vendere armi pesanti e armi d’assalto all’Ucraina, cosa che ha solo prolungato e intensificato il conflitto”, ha dichiarato ai giornalisti Mao Ning, portavoce del ministero degli Esteri cinese. Le sue dichiarazioni sono giunte in risposta a una domanda sulle accuse americane secondo cui le società cinesi avrebbero offerto sostegno alla parte russa. Affermazioni, ha denunciato, che sono solo “sospetti ingiustificati” e “un ricatto infondato”. La Cina, ha messo in chiaro, “non starà seduta a guardare gli Stati Uniti danneggiare i diritti e gli interessi legittimi delle società cinesi”.  Per Pechino le accuse americane di appoggio cinese alla Russia sono “paranoia”. “La Cina non getterà mai legna sul fuoco e mai sfrutterà la crisi”, ha sottolineato Mao Ning. Washington invece “deve smetterla di inviare armi se vuol mettere fine al conflitto”. La portavoce del ministero degli Esteri cinese ha anche lanciato un avvertimento agli Stati Uniti sul loro sostegno a Taiwan, avvisandoli che non dovrebbero oltrepassare alcuna “linea rossa”. 

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La settimana scorsa, fonti dell’amministrazione statunitense avevano dichiarato che gli Usa avevano determinato che alcune aziende cinesi fornivano assistenza di tipo «non letale» alla Russia nella guerra in Ucraina, e nei giorni scorsi gli Stati Uniti hanno deciso di imporre sanzioni al Changsha Tianyi Space Science and Technology Research Institute – noto anche come Spacety China, con uffici a Pechino e in Lussemburgo – accusato di avere fornito immagini satellitari dell’Ucraina ai mercenari russi del gruppo Wagner. 

Guerra diretta

Usa e Cina potrebbero entrare in guerra tra loro nel giro di due anni, nel 2025. È il monito ai propri sottoposti lanciato dal generale Michael Minihan, capo del comando mobilità aerea che sovrintende alla flotta di aerei da trasporto e rifornimento. Lo scrive il Washington Post. L’alto ufficiale invita i suoi uomini ad accelerare la loro preparazione per un potenziale conflitto, citando le aspirazioni del presidente cinese Xi Jimping e la possibilità che gli americani non prestino l’attenzione dovuta. Se non quando sarà troppo tardi, a conflitto avviato. «Spero di sbagliarmi ma il mio istinto mi dice che combatteremo nel 2025», ha scritto in una nota già distribuita ai suoi collaboratori.

«Xi – prosegue – si è assicurato il suo terzo mandato e ha istituito il suo consiglio di guerra nell’ ottobre 2022. Le elezioni presidenziali di Taiwan sono nel 2024 e offriranno a Xi una ragione. Le elezioni presidenziali negli Stati Uniti sono nel 2024 e offriranno a Xi un’America distratta. La squadra di Xi, il motivo e l’opportunità sono tutte allineate per il 2025», conclude.

Il memo di Minihan incoraggia le migliaia di truppe sotto il suo comando a prepararsi alla guerra in molti altri modi. «Correte deliberatamente, non in modo avventato – scrive – Se vi sentite a vostro agio nel vostro approccio all’addestramento, allora non state correndo abbastanza rischi», ma dovete essere «più aggressivi». Il promemoria, riportato per la prima volta venerdì da Nbc News, è datato primo febbraio è stato distribuito ai comandanti subordinati di Minihan. Una portavoce dell’Aeronautica militare, il maggiore Hope Cronin, ne ha confermato l’autenticità, scrivendo in una dichiarazione condivisa con i media dopo che la nota ha iniziato a circolare sui social media che l’ordine di Minihan «si basa sugli sforzi fondamentali compiuti l’anno scorso dal Comando della mobilità aerea per preparare le Forze di mobilità aerea a conflitti futuri, qualora la deterrenza dovesse fallire». Ma un funzionario della Difesa, parlando a condizione di anonimato, ha affermato che i commenti di Minihan «non sono rappresentativi del punto di vista del dipartimento sulla Cina».

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Una puntualizzazione che non rassicura. E non solo a Pechino. L’esternazione di Stoltenberg si muove sulla direttrice del generale Minihan. 

Sguardo ad Oriente

Di grande interesse è un report di Federico Giuliani per InsideOver

Annota tra l’altro Giuliani: “Se la Russia, “la più diretta e significativa minaccia per gli alleati”, è il nemico del presente, la Cina, etichettata per la prima volta come “sfida sistemica”, rischia di diventare lo spauracchio del futuro. Il nuovo Strategic Concept della Nato, partorito lo scorso luglio nel vertice di Madrid, ha tracciato le linee guida, stabilito le priorità e individuato le minacce principali dell’Alleanza atlantica. Che, in questo turbolento periodo storico, coincidono appunto con Mosca e Pechino. È in un contesto del genere che Jens Stoltenberg ha effettuato un tour asiatico, in programma dal 29 gennaio al primo febbraio. Il viaggio di Stoltenberg in Estremo Oriente assume una rilevanza altamente strategica. Lo si capisce, tanto più, rileggendo alcune delle sue ultime dichiarazioni. Il Segretario della Nato ha affermato che la Russia non mostrerebbe segnali di preparazione alla pace e che si starebbe preparando ad una lunga guerra. “Per questo, è urgente intensificare ulteriormente il sostegno militare, in modo che l’Ucraina vinca e liberi il territorio occupato”, ha detto Stoltenberg, specificando che è necessario mandare più armi a Kiev. 

Considerando che i governi europei, e gli Stati Uniti stessi, hanno progressivamente iniziato a chiudere i rubinetti dei rifornimenti, in parte perché le scorte di armi stanno effettivamente finendo, e in parte a causa di decisioni politiche (vedi il caso Germania con i tank Leopard), la Nato potrebbe pensare di sfruttare lacarta asiatica

La Corea del Sud, prima tappa della trasferta del segretario dell’Alleanza Atlantica, ha venduto alla Poloniamiliardi e miliardi di dollari tra armamenti e attrezzature militari, che Varsavia ha immagazzinato in chiave anti Mosca.  Le radici dell’accordo sulla vendita delle armi alla Polonia sono da ricercare nell’amministrazione democratica guidata dall’ex presidente Moon Jae In, che, durante il suo mandato, si è impegnato a rafforzare le industrie della difesa sudcoreane cercando di stipulare contratti esteri. Il successore, il conservatore Yoon Suk Yeol, sta continuando a promuovere queste esportazioni, che hanno letteralmente spiccato il volo in seguito al conflitto ucraino. 

Per Seoul si tratta di mero pragmatismo: la vendita delle armi serve per ricavare ingenti entrate e, al tempo stesso, ricevere il supporto necessario da Washington nel caso in cui le tensioni regionali con Corea del Sud, Cina e Giappone dovessero superare la linea rossa. Gli Stati Uniti e la Nato si aspettano però che Seoul mantenga le sanzioni contro la Russia e continui a fornire tutta l’assistenza necessaria. […]. Per quanto riguarda il Giappone, oltre agli stessi temi coreani, c’è la questione relativa al riarmodel Paese. La Nato, sempre più diffidente nei confronti della Cina, dovrebbe confermare il rafforzamento della cooperazione in materia di sicurezza nella regione indo-pacifica. 

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Lo scorso dicembre Tokyo ha rivisto tre documenti chiave per la Difesa, tra cui la Strategia di sicurezza nazionale, definendo la Cina come “la più grande sfida strategica” e chiarendo, per la prima volta, l’intenzione di voler acquisirecapacità di contrattacco. Certo, in tutto questo va detto che Washington dovrà dimostrarsi abile nello smussare le profonde rivalità che separano Seoul e Tokyo.

L’importanza dell’Asia

Nel contesto della guerra in Ucraina, tanto per isolare Mosca quanto per convincere la Cina a far pressioni sul Cremlino, e ancor di più nel contenimento di Pechino, i Paesi asiatici sono insomma attori fondamentaliper la Nato. 

Per rafforzare il controllo sull’intero indo-pacifico, inoltre, l’Alleanza Atlantica potrà giocare di sponda con altre tre alleanze: il Quad, formata da Stati Uniti, Giappone, India e Australia, e l’Aukus, composta da Stati Uniti, Regno Unito e Australia, senza dimenticare il gruppo dei Five Eyes, un’alleanza di sorveglianza che comprende Australia, Canada, Nuova Zelanda, Regno Unito e Stati Uniti. 

Al fine di tessere una ragnatela– al momento solo diplomatica – tanto anti cinese quanto anti russa, la Nato cercherà di proiettare la sua ombra sempre più distante dall’Europa e vicina all’Oriente. Lo stesso Stoltenberg, del resto, ha definito la partnership sino-russa, attiva anche in ambito militare, come una “sfida sistemica alla sicurezza globale”, annunciando supporto “ai partner dell’Asia-Pacifico” in virtù di “valori condivisi”. 

La sfida dell’Occidente all’”amicizia senza limiti” di Russia e Cina passerà sempre di più da una stretta interdipendenzacon i principali alleati statunitensi situati nell’Indo-Pacifico. Sia chiaro: quanto detto non significa che la Nato miri ad espandersi al punto di includere l’Asia nella sua zona di competenza. Evidenzia, semmai, come i 30 membri dell’Alleanza Atlantica siano preoccupati per le minacce alla sicurezza internazionale provenienti dall’Asia. Le stesse minacce che, dall’Estremo Oriente, si espandono in Europa e Nord America. In un mondo di missili a lungo raggio, operazioni informatiche e catene di approvvigionamento sempre più vulnerabili, i timori dei Paesi euro-atlantici sono ormai globali”.

Fin qui Giuliani. Quello che si sta delineando con sempre maggiore nettezza è la creazione di una “Super Nato” che ritrova ragione di sé nello scontro globale non solo e tanto con la Russia quanto con il “Gigante cinese”. In questo, Stoltenberg si rivela sempre più come l’”uomo di Washington” insediato a Bruxelles. 

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