Al gelo, senza luce né acqua: la strategia del terrore russo in Ucraina
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Al gelo, senza luce né acqua: la strategia del terrore russo in Ucraina

Costringere al gelo milioni di persone, senz’acqua, senza luce. E fare di un popolo una moltitudine di profughi. E’ la nuova strategia del terrore praticata dai russi in Ucraina.

Al gelo, senza luce né acqua: la strategia del terrore russo in Ucraina
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

26 Novembre 2022 - 12.49


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Ridurre allo stremo la popolazione. Costringere al gelo milioni di persone, senz’acqua, senza luce. E fare di un popolo una moltitudine di profughi. E’ la nuova strategia del terrore praticata dai russi in Ucraina.

La strategia del terrore

 I ripetuti attacchi aerei che stanno prendendo di mira le infrastrutture civili in tutta l’Ucraina, lasciano milioni di persone senza elettricità, acqua e riscaldamento, compromettendo la capacità di fornire questi servizi in tutto il Paese. Metà delle infrastrutture energetiche al momento sono state colpite o danneggiate e ieri si sono registrate gravi interruzioni anche in Moldavia, che ospita oltre 95 mila rifugiati, il numero più alto in rapporto alla popolazione, tra i Paesi alla frontiera. L’attacco ai civili e alle infrastrutture civili costituisce una chiara violazione del diritto umanitario internazionale.

 Intanto le temperature stanno già scendendo sotto lo zero e potrebbero arrivare a -20°C in alcune zone, mentre la popolazione sta rimanendo senza beni di prima necessità.

 È l’allarme lanciato oggi da Oxfam e altre 22 organizzazioni internazionali e ucraine al lavoro per soccorrere la popolazione, insieme alla ferma condanna per gli ultimi attacchi missilistici da parte delle forze della Federazione Russa, che secondo le stime più recenti hanno già causato almeno 10 vittime e 50 feriti tra la popolazione.

 Enorme l’impatto su donne e bambini

 Gli attacchi missilistici quasi quotidiani hanno inoltre un impatto enorme sul sistema sanitario, lasciando traumi indelebili nella popolazione, soprattutto sui bambini che in questo momento, in molti casi, non possono andare a scuola. Aumenta allo stesso tempo il rischio di episodi di violenza su donne e ragazze, gravate sempre di più dal peso del lavoro domestico e di cura non retribuito, per compensare le interruzioni nell’erogazione dei servizi essenziali alla popolazione. 

 Il rischio di nuovi sfollamenti di massa

 Gli attacchi di questi giorni hanno poi reso necessaria la chiusura di tre centrali nucleari. Senza una tregua immediata – sottolineano le organizzazioni firmatarie dell’appello – il Paese rischia di restare paralizzato e la popolazione senza quasi alcun accesso ai servizi essenziali. Cosa che potrebbe costringere sempre più persone a lasciare il Paese, causando nuove ondate di profughi.

 Sempre più difficile portare aiuti

I bombardamenti senza sosta stanno rendendo quasi impossibile portare aiuti essenziali alla popolazione nelle aree più colpite, alcune zone sotto occupazione sono tagliate fuori da mesi.  Le organizzazioni umanitarie al lavoro sul campo sono perciò costrette a decidere di giorno in giorno come intervenire per non mettere a rischio la sicurezza dei propri operatori. Anche le comunicazioni telefoniche e via internet indispensabili per coordinare lo sforzo umanitario, sono sempre più difficili.

 L’appello alle parti in conflitto e al Consiglio di sicurezza dell’Onu

 Di fronte all’emergenza che sta colpendo la popolazione in tutto il Paese le organizzazioni umanitarie lanciano un appello urgente per: un’immediata cessazione degli attacchi contro la popolazione e le infrastrutture civili, operando una rigorosa distinzione tra obiettivi civili e militari, in particolare nelle aree urbane e densamente popolate; la creazione di canali di accesso (sicuri) per fornire aiuti umanitari anche lungo e attraverso le linee del fronte, in grado di garantire la sicurezza degli operatori umanitari, per portare aiuti essenziali alla popolazione nelle aree colpite, a partire dalle fasce di popolazione più vulnerabili; il rispetto del diritto umanitario internazionale nel garantire, senza condizioni e distinzioni, la sicurezza dei civili; il rispetto del mandato dato ai membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nell’assicurare la protezione dei civili e mantenere la pace e la sicurezza internazionali.

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 Le organizzazioni firmatarie dell’appello:

ActionAid

Action contre la Faim

arche noVa

Caritas Ukraine

Caritas Zaporizhzhia

Christian Aid

Corus International

Finn Church Aid

HealthRight International

Help Ukraine. Donbass

NGO “Institute of psychosomatic and traumatherapy”

INTERSOS

IRC International Rescue Committee

Medicos del Mundo

Mercy Corps

NGO “Girls” (ГО ‘Дівчата’)

NGORC

Norwegian Refugee Council

OXFAM

Plan International

Première Urgence Internationale (PUI)

Solidarités International

War Child

 “Stiamo intervenendo per far fronte ai bisogni di una popolazione sempre più stremata dalla prosecuzione del conflitto. – spiega Paolo Pezzati, policy advisor di Oxfam per l’emergenza ucraina – In questo momento quasi 18 milioni di persone in tutta l’Ucraina hanno bisogno di aiuti umanitari, 13 milioni di persone hanno bisogno di assistenza igienico sanitaria e acqua pulita, 1 famiglia su 3 sta rimanendo senza cibo, cifra che sale ulteriormente nelle regioni sud-orientali particolarmente colpite dalla guerra”.

Nelle aree di Odessa, Kiev, Mykolaiv, Chernihiv e Znytormyrska, Oxfam con organizzazioni della società civile ucraina, ha già raggiunto oltre 146 mila persone dallo scorso marzo.

“Ricostruire le infrastrutture idriche dentro il Paese è fondamentale per la sopravvivenza di migliaia di persone, come pure fornire beni di prima necessità e kit igienico-sanitari e aiutare chi è costretto a lasciare il Paese a farlo in sicurezza, offrendo sostegno psicologico alle persone più fragili e traumatizzate – aggiunge Pezzati – Ma i bisogni continuano a crescere di settimana in settimana e adesso con l’arrivo dell’inverno la situazione rischia di precipitare ulteriormente”.

Dall’inizio del conflitto, quasi 14 milioni di persone, un terzo della popolazione ucraina, sono state costrette a lasciare le proprie case e per il 90% sono donne, bambini, anziani o persone con disabilità. In più di 7 milioni sono fuggiti in Polonia, Romania e Moldavia o sono transitati verso altre destinazioni in Europa. Al momento nei tre paesi si trovano oltre 1,5 milioni di rifugiati, accolti non solo nei centri temporanei predisposti dalle autorità, ma in gran parte in abitazioni private.

Una condizione che accomuna la maggioranza dei rifugiati ucraini in tutti i Paesi europei, Italia inclusa, e che li pone in una condizione molto incerta con la prosecuzione del conflitto. In Moldavia si registra una delle situazioni più difficili: circa 85.000 persone vivono in alloggi privati, ospitati o pagando l’affitto, nel 71% dei nuclei familiari non c’è nessuno che lavora e quasi otto famiglie su dieci hanno dichiarato di aver speso tutti i risparmi per coprire i propri bisogni principali già tra aprile e maggio.

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 “Vivo in Moldavia insieme ai miei 3 figli dal 3 marzo. Tutto è una sfida, soprattutto il fatto che non ho reddito e prospettive future. Non ho idea di come sopravvivremo senza aiuti”, racconta Natalia, 35 anni, fuggita da Kiev.

“Vivevamo in un garage”: le difficoltà dei rifugiati in Italia, tra precarietà abitativa e difficoltà di accesso ai servizi

“Con i miei figli e mia sorella ci siamo ritrovati a vivere in un garage a Roma dove non c’era il riscaldamento. Alla fine dell’estate di notte faceva più freddo, c’erano infiltrazioni d’acqua se pioveva. Ero molto preoccupata per i bambini.”,racconta così Marina, i suoi primi tre mesi in Italia, dopo esser fuggita dai bombardamenti nei sobborghi di Kiev attraverso la Polonia, per raggiungere l’Italia.

Precarietà abitativa e difficoltà di accesso ai servizi socio-sanitari riguardano ancora buona parte degli oltre 170 mila rifugiati ucraini arrivati in Italia. Basti pensare che a settembre solo il 20% dei rifugiati ucraini accolti nel nostro Paese aveva trovato un alloggio stabile offerto dalle istituzioni nei sistemi di accoglienza o tramite alloggi messi a disposizione dalla Protezione Civile.

Un aiuto da Bruxelles

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato – in una telefonata con il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky – l’invio di generatori e trasformatori per fare fronte all’emergenza elettrica che il Paese sta vivendo in seguito ai raid russi.   

“Attraverso il Centro di coordinamento della risposta alle emergenze dell’Ue, la Commissione sta attualmente preparando la consegna all’Ucraina il più rapidamente possibile 200 trasformatori di medie dimensioni e un grande autotrasformatore dalla Lituania; un autotrasformatore di medie dimensioni dalla Lettonia e 40 generatori pesanti dalla riserva “rescEU” situata in Romania. Ciascuno di questi generatori può fornire energia ininterrotta a un ospedale di piccole e medie dimensioni”, ha spiegato von der Leyen.   

“Ho espresso al presidente Zelensky la piena solidarietà dell’Ue nei confronti dell’Ucraina, che soffre per mano del deliberato e barbaro bombardamento delle infrastrutture civili del paese da parte di Putin. Condanno fermamente questi attacchi. La Russia deve essere ritenuta responsabile di ciò che costituisce un crimine di guerra”, ha evidenziato. “Stiamo intensificando i nostri sforzi e collaborando con i partner per fornire il supporto di emergenza di cui l’Ucraina ha bisogno per ripristinare e mantenere l’elettricità e il riscaldamento per la popolazione civile”, ha aggiunto. “La Commissione europea sta inoltre lavorando a un nuovo hub energetico “rescEu” (Meccanismo Unionale di Protezione Civile 2021-2027 ndr) in Polonia per consentire donazioni da parte di terzi e contribuire alla loro consegna in Ucraina in modo coordinato, in particolare con i nostri partner del G7. Abbiamo anche contattato le aziende interessate in vari paesi per richiedere apparecchiature vitali ad alta tensione, inclusi ulteriori autotrasformatori, e ci stiamo coordinando con i partner per trasportarle rapidamente in Ucraina”, ha annunciato la presidente dell’esecutivo europeo.

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Una lettera da incorniciare

E’ quella indirizzata da i Papa Francesco al popolo ucraino il 24 novembre, redatta a nove mesi dall’inizio della guerra.  Ne scrive su Vita Veronica Rossi: “Nel vostro cielo rimbombano senza sosta il fragore sinistro delle esplosioni e il suono inquietante delle sirene”, scrive il pontefice a chi vive le atrocità degli scontri, “Le vostre città sono martellate dalle bombe mentre piogge di missili provocano morte, distruzione e dolore, fame, sete e freddo. Nelle vostre strade tanti sono dovuti fuggire, lasciando case e affetti. Accanto ai vostri grandi fiumi scorrono ogni giorno fiumi di sangue e di lacrime”. Bergoglio si dice vicino agli abitanti dell’Ucraina, con cui e per cui piange ogni giorno. “Come possono degli uomini trattare così altri uomini?”, si chiede.

Un pensiero particolare va ai bambini uccisi, feriti o rimasti orfani, strappati dalle loro madri, come Kira a Odessa, Lisa a Vinnytsia, e centinaia di altri bimbi “Ora essi sono nel grembo di Dio, vedono i vostri affanni e pregano perché abbiano fine”, continua, “Ma come non provare angoscia per loro e per quanti, piccoli e grandi, sono stati deportati? È incalcolabile il dolore delle madri ucraine”. Il Papa ricorda poi tutti quei giovani che, invece di inseguire i loro sogni, hanno dovuto imbracciare le armi, controvoglia, e difendere la loro patria; si rivolge anche alle donne, alle mogli, agli anziani e agli adulti in generale, che cercano di proteggere i loro cari. Ma non dimentica nemmeno i profughi e gli sfollati interni, strappati dalle loro case e dai loro affetti, e le Autorità, che si trovano a governare un Paese in un momento tragico della sua storia e sono chiamate a prendere delle decisioni lungimiranti, che promuovano la pace e la ripresa dell’economia.

Francesco guarda con rispetto alla forza d’animo di chi si trova, suo malgrado, gettato nelle tenebre della guerra. “Cari fratelli e sorelle, in tutto questo mare di male e di dolore – a novant’anni dal terribile genocidio dell’Holodomor–, sono ammirato del vostro buon ardore. Pur nell’immane tragedia che sta subendo, il popolo ucraino non si è mai scoraggiato o abbandonato alla commiserazione. Il mondo ha riconosciuto un popolo audace e forte, un popolo che soffre e prega, piange e lotta, resiste e spera: un popolo nobile e martire”.

Il pontefice, con la sua lettera, ribadisce la sua vicinanza e quella di tutta la Chiesa agli abitanti dell’Ucraina, soprattutto nei mesi invernali, quando la rigidità del clima rende la resistenza ancora più complessa. “Tra poche settimane sarà Natale e lo stridore della sofferenza si avvertirà ancora di più”, afferma, “Ma vorrei tornare con voi a Betlemme, alla prova che la Sacra Famiglia dovette affrontare in quella notte, che sembrava solo fredda e buia. Invece, la luce arrivò: non dagli uomini, ma da Dio; non dalla terra, ma dal Cielo”. 

Una luce che in Ucraina si va spegnendo. E non è una metafora. 

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