Ceceni, "siriani", mercenari Wagner: gli squadroni della morte al soldo dello Zar
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Ceceni, "siriani", mercenari Wagner: gli squadroni della morte al soldo dello Zar

Il gruppo Bustan assieme al cosiddetto “Quinto corpo d’armata” hanno rappresentato il braccio diretto della Russia nelle forze armate siriane.

Ceceni, "siriani", mercenari Wagner: gli squadroni della morte al soldo dello Zar
Combattenti siriani lealisti di Assad
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

15 Marzo 2022 - 12.46


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I bambini siriani, i bambini yemeniti, i bambini palestinesi. E i bambini ucraini. Chi fa una gerarchia di quelli che sentiamo più vicini, è semplicemente un indegno. 

Quei bambini dimenticati

A ricordarli è  l’Unicef. 

“Secondo le notizie che abbiamo ricevuto – recita un comunicato dell’Agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia –  solo ieri sarebbero stati uccisi 3 bambini a causa di un ordigno inesploso nella città di Aleppo. A 11 anni dall’inizio della crisi in Siria, violenze, sfollamento e mancanza di accesso a servizi essenziali continuano a ostacolare le vite dei bambini. Lo scorso anno, circa 900 bambini in Siria hanno perso la vita o sono stati feriti. Questo porta il numero totale di bambini uccisi o feriti, dall’inizio della crisi, a circa 13.000. Mine antiuomo, residuati bellici esplosivi e ordigni inesplosi sono stati la causa principale di questi incidenti nel 2021, rappresentando circa un terzo di tutti i ferimenti e le morti registrati e lasciando molti bambini convivere con una disabilità.

“Circa 5 milioni di bambini sono nati in Siria dal 2011. Non conoscono altro che guerra e conflitto. In molte parti della Siria, continuano a vivere con la paura di violenze, mine e residuati bellici esplosivi,” ha dichiarato Bo Viktor Nylund, Rappresentante dell’Unicef, l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia.  in Siria.

La crisi continua a lasciare sui bambini siriani ferite psicologiche. Lo scorso anno, un terzo dei bambini in Siria ha mostrato segnali di stress psicologico, compresi ansia, tristezza, stanchezza e difficoltà ad addormentarsi.

Sebbene l’Unicef non disponga di cifre precise sui bambini che convivono con disabilità, è evidente che questi bambini portano un doppio fardello quando si tratta di violenza, minacce alla loro salute e sicurezza, fame, rischio di abusi e perdita dell’istruzione. La mancanza di mobilità e difficoltà a fuggire da pericoli incrementano ulteriormente gli ostacoli che incontrano. Per le loro famiglie, come per la maggior parte delle famiglie, opportunità di lavoro limitate, prezzi alle stelle, livelli di povertà senza precedenti, gravi carenze di beni e servizi di base, rendono difficile per i bambini con disabilità ottenere le cure di cui hanno bisogno. “Come tutti i bambini, anche quelli con disabilità hanno il diritto di essere seguiti e sostenuti. L’Unicef rimane impegnato a sostenere questi bambini, senza stigmatizzazione e ovunque si trovino nel paese”, ha dichiarato il Rappresentante Nylund.

In tutta la Siria, e nei paesi vicini che ospitano circa 5,8 milioni di bambini bisognosi di assistenza, l’Unicef e i partner continuano a lavorare per proteggere i bambini e per aiutarli ad affrontare l’impatto del conflitto. Questo include il miglioramento del supporto psicosociale per aiutare i bambini e chi si prende cura di loro a riprendersi dai traumi, oltre a fornire supporto e servizi salvavita ai bambini che lottano fisicamente e psicologicamente.

Alcuni dati: 

Più di 14,6 milioni di siriani hanno bisogno di assistenza umanitaria. Questo include 5,3 milioni di sfollati interni. Nel 2021, l’Unicef ha raggiunto 11,3 milioni di persone, compresi 7,3 milioni di bambini, con assistenza umanitaria in tutta la Siria.L’Unicef e i partner hanno fornito a 220.892 bambini servizi di salute mentale e supporto psicosociale attraverso spazi a misura di bambino e team mobili.La formazione sul rischio di ordigni esplosivi ha raggiunto più di 874.400 bambini e 176.300 persone che se ne prendono cura.Il programma integrato di protezione sociale per i bambini con disabilità, iniziato nel 2016, ha raggiunto 11.639 bambini con disabilità nel 2021

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“Sono contento di poter andare di nuovo a scuola, divertirmi con i miei amici e imparare”, racconta Azzam, 12 anni. Azzam Ha perso una gamba a causa del conflitto e frequenta una scuola sostenuta dall’Unicef, che promuove l’apprendimento inclusivo. Fa anche parte del programma integrato di protezione sociale dell’Unicef che sostiene lui e la sua famiglia attraverso un’assistenza regolare in denaro e un sostegno individuale da parte di un operatore.Questo programma integrato offre alle famiglie vulnerabili l’opportunità di pagare per le necessità di base dei loro figli con disabilità e mette in contatto i bambini con i servizi di base. “Abbiamo una lunga strada da percorrere per aiutare più bambini con disabilità e altri bambini colpiti dalla guerra, in modo che possano raggiungere il loro pieno potenziale e crescere protetti dai pericoli, sani e istruiti”, ha concluso il Rappresentante Nylund”, conclude il comunicato di Unicef.

I tagliagole arruolati

C’è tanta Siria sul fronte Est. 

Dopo il sostegno dei miliziani inviati dalla Cecenia dal suo leader Ramzan Kadyrov, stretto alleato di Vladimir Putin, il sostegno all’invasione ordinata dal Cremlino arriva anche da sud. I Paesi di provenienza non sono stati specificati, ma ciò che è certo è che un’ampia fetta di miliziani arrivi dalla Siria, storico alleato di Mosca che è riuscita a mantenere al potere Bashar al-Assad proprio grazie all’intervento militare per evitare che i ribelli, in parte composti anche dai miliziani jihadisti di Stato Islamico e al-Qaeda, rovesciassero il regime. In quel modo, la Russia riuscì a salvare la leadership del presidente e garantirsi il controllo degli scali di Tartus e Latakia, fondamentali sbocchi sul Mediterraneo. A confermare parzialmente questa ipotesi arriva il riferimento all’Isis proprio di Shoigu: “Riteniamo ovviamente che sia giusto esaudire queste domande – ha detto aprendo quindi ufficialmente al sostegno mediorientale -, in quanto queste persone non vogliono denaro ma parlano dal cuore” e hanno combattuto i jihadisti. Con il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, che ha puntualizzato: “Il ministro della Difesa Shoigu ha parlato principalmente di quei candidati che hanno presentato domanda dal Medio Oriente, dalla Siria. Di conseguenza, non si è parlato di volontari russi”.

Sono più di 40mila i miliziani siriani arruolati finora dalla Russia in Siria, secondo quanto riferito dall’Osservatorio nazionale per i diritti umani che si avvale da anni sul terreno di una fitta rete di fonti locali. L’Osservatorio precisa che finora però nessun combattente siriano è stato trasferito al fronte ucraino dai rappresentanti militari russi. “Finora si sono iscritti alle liste di arruolamento più di 40mila combattenti”, ha affermato l’Osservatorio, sostenendo che questi non sono “volontari” bensì si sono iscritti dietro promesse di ricevere “un salario e privilegi”. 

Da Bustan Al Pasha al fronte ucraino

Di grande interesse, su questo tema, è un report per InsideOver a firma Mauro Indelicato.

“C’è un quartiere ad Aleppo  – scrive Indelicato – che, nel dicembre 2016, è stato tra gli ultimi a cadere in mano governativa. É quello di Bustan Al Pasha, ripreso dall’esercito siriano il 12 dicembre, dieci giorni prima della definitiva resa degli islamisti presenti nella metropoli siriana.  Cosa c’entra questo quartiere con Kiev e la battaglia attualmente in corso in Ucraina? Bustan ha rappresentato uno snodo importante per la presa di Aleppo e per la guerra in Siria, tanto da dare il nome a un movimento paramilitare siriano sorretto dal cugino del presidente Assad,  Rami Makhluf. Il gruppo Bustan assieme al cosiddetto “Quinto corpo d’armata” hanno rappresentato il braccio diretto della Russia nelle forze armate siriane.

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Oggi è proprio da queste formazioni che Mosca avrebbe pescato i sedicimila volontari da portare sul campo ucraino. Da Aleppo a Kiev, in un unico filo comune che lega le due più importanti operazioni russe degli ultimi anni. Un filo che coinvolge anche l’altra parte della barricata. Perché se è vero che i gruppi siriani addestrati dai russi sono pronti a combattere con Mosca in Ucraina, è anche vero che le formazioni sconfitte ad Aleppo e attualmente presenti a Idlib vorrebbero prendersi la loro rivincita proprio a Kiev.

Chi sono i combattenti siriani pronti ad aiutare la Russia

Venerdì Vladimir Putin ha annunciato l’arrivo dalla Siria di almeno sedicimila volontari. Quanto di volontario ci sia nel loro spostamento verso il teatro di battaglia ucraino è tutto da verificare, c’è un fatto però: dal medio oriente diversi gruppi a breve verranno aiutati da Mosca a raggiungere il Donbass e tutti i vari fronti più caldi dell’Ucraina. Dopo l’annuncio del presidente russo, il primo pensiero è andato al Quinto corpo d’armata. Si tratta di un’unità addestrata dai generali del Cremlino. La Russia, come si sa, dal settembre 2015 è impegnata in Siria in una delicata operazione che ha portato progressivamente il governo di Bashar Al Assad a riconquistare buona parte del territorio. Quando i russi sono arrivati in Siria la situazione per Damasco era disperata. I gruppi islamisti pressavano da nord verso le roccaforti alauite di Latakia, Aleppo invece era quasi del tutto in mano a formazioni jihadiste, la regione del Ghouta e la periferia della capitale da tempo erano fuori dal controllo governativo. Da est infine pressava l’Isis, con i miliziani dello Stato Islamico capaci di arrivare fino alle rovine romane di Palmyra.

La Russia dunque doveva riorganizzare lo stremato ed esausto esercito siriano. Oltre ad addestrare le truppe usate fino a quel momento, i vertici militari del Cremlino hanno deciso di puntare su formazioni paramilitari in grado di rispondere direttamente agli alti comandi russi. Il motivo di questa scelta era duplice: da un lato c’era l’esigenza di rafforzare il versante filogovernativo, dall’altro occorreva avere dei reparti in grado di rispondere direttamente a Mosca. Il Quinto Corpo d’Armata è stato creato in questo contesto.

Addestrato dai russi e dotato delle armi più moderne, i suoi uomini sono stati tra i protagonisti della ripresa di Aleppo. Assieme ai combattenti del gruppo Bustan, anch’essi più vicini alla Russia che a Damasco. Unità quindi non completamente organiche all’esercito siriano, ma formate quasi esclusivamente da siriani. Fatta eccezione per alcune avanzate compiute nella provincia di Idlib tra il 2018 e il 2020, dopo Aleppo il fronte occidentale siriano ha visto l’affermazione di una guerra a bassa intensità. Il gruppo Bustan si è sciolto nel frattempo anche per le diatribe interne alla famiglia Assad che hanno portato all’allontanamento di Rami Makhluf.

Molti sono transitati all’interno del Quinto Corpo d’Armata, altri hanno lasciato la divisa.

Il Quinto Corpo ha continuato a essere operativo in altri scenari siriani. É da qui che la Russia pescherà i suoi volontari. Un dedalo di combattenti ben addestrati e ben armati e, soprattutto, con molta esperienza alle spalle nei combattimenti urbani. Ossia il tallone d’Achille in questo momento di Mosca nella guerra ucraina. Per chi dalla Siria andrà a combattere nel Donbass e alle porte di Kiev, sarebbe stato promesso, secondo indiscrezioni non confermate dal Cremlino, un pagamento di circa mille dollari al mese.”.

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Fin qui Indelicato.

Di fronte all’assenza di conferme provenienti dalle varie città siriane, c’è chi ipotizza che le affermazioni o di Putin servano per ora a gettare benzina sul fuoco della retorica di guerra. Quel che è certo è che la Russia è presente militarmente in Siria dal 2015 e che da mezzo secolo è legata al governo di Damasco da un’alleanza strategica militare, politica e diplomatica. L’intervento di Putin nel conflitto mediorientale ha consentito negli anni scorsi al contestato presidente Bashar al Assad di rimanere al potere dopo undici anni di conflitto armato e di essere confermato capo di Stato almeno fino alle prossime elezioni del 2028. A chi pensa che Assad possa ora ricambiare il favore a Putin, analisti locali ricordano che i combattenti siriani che potranno essere inviati in Ucraina non appartengono all’esercito regolare di Damasco, bensì a una pletora di milizie, non necessariamente controllate dal governo, create in questi anni dagli stessi quadri russi in Siria e da signori della guerra locali, affiliati alle forze di Mosca. Tra questi si contano migliaia di ex miliziani della disciolta Bustan, un’organizzazione paramilitare creata negli anni scorsi da Rami Makhluf, cugino del presidente Assad estromesso dal potere un anno e mezzo fa. Con la caduta in disgrazia di Makhluf, i giovani e meno giovani miliziani di Bustan si sono arruolati in altre compagini armate, ma molti altri sono rimasti senza stipendio. Accanto a loro figurano anche i combattenti del 5/o corpo d’armata siriano, organizzato e finanziato dalla Russia, e operativo in diversi teatri della guerra siriana. Secondo alcune fonti, gli emissari russi – tra cui si annoverano rappresentanti della Wagner – hanno proposto agli aspiranti mercenari siriani un contratto da mille dollari al mese, per un impegno continuativo in Ucraina di sette mesi. Altri hanno riferito di accordi più modesti: 400 dollari al mese, senza impegno di rimanere a lungo al fronte.

Non solo ceceni e “siriani”

La recente diffusione di video di combattenti delle ex repubbliche sovietiche dell’Asia centrale in Ucraina ha provocato però la reazione del governo uzbeko che ha smentito l’arruolamento di propri soldati a fianco della Russia. Ma altri miliziani provenienti da Tagikistan e dal Kirghizistan sarebbero stati ingaggiati attraverso il sito che offre lavoro UzbekMigrant. Secondo quanto rivelato dal Times, mercenari africani sarebbero inoltre partiti alla volta di Kyiv per unirsi alla Wagner  con l’obiettivo di prendere di mira la leadership ucraina, Zelensky compreso.

Jihadisti, mercenari, tagliagole, stupratori seriali. Anche questo è la sporca guerra d’Ucraina. Sporca come lo era quella in Siria. Come lo è quella nello Yemen e nelle altre guerre “dimenticate” che non hanno mai strappato non stop televisive o paginate sui giornali. Dimenticate per l’informazione mainstream, ma non per Globalist. Che  queste guerre non ha mai smesso di raccontarle. Ed è un vanto. Non solo professionale.

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