Russia vs America, nella guerra del gas l'Europa è alla canna
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Russia vs America, nella guerra del gas l'Europa è alla canna

Quella che si sta materializzando ad Est è anche, e per certi versi soprattutto la “guerra del gas”. Una guerra che vede contrapposte Russia e America con l’Europa come campo di battaglia

Russia vs America, nella guerra del gas l'Europa è alla canna
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

28 Gennaio 2022 - 17.53


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Come volevasi dimostrare. Quella che si sta materializzando ad Est è anche, e per certi versi soprattutto la “guerra del gas”. Una guerra che vede contrapposte Russia e America con l’Europa come campo di battaglia

Vista da Mosca

La Russia , sembra convinta che il tempo giochi a suo favore, e aspetta di vedere se “l’unanimità totale” tra Europa e Usa di cui ha parlato il presidente Joe Biden reggerà all’innalzamento costante della tensione. O se invece cominceranno a prevalere in campo europeo i timori per un’incrinatura negli importanti rapporti economici con Mosca e, soprattutto, per un possibile venir meno degli approvvigionamenti di gas russo.

 Il Paese più esposto appare la Germania. E tra l’altro l’agenzia russa Tass ricorda che a breve è previsto un incontro online tra grandi imprese tedesche e Putin, proprio come quello, condannato dalla Ue, che ha visto protagonisti alcuni dei maggiori gruppi industriali italiani. Ma Mosca fa pressioni soprattutto perché venga attivato il Nord Stream 2, il gasdotto costato 11 miliardi di dollari che raddoppierebbe le importazioni dalla Russia, mentre gli Usa si oppongono alla messa in funzione. La ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock ha detto al Bundestag che se (e solo se) l’Ucraina verrà invasa, la Germania appoggerà sanzioni che blocchino anche il nuovo gasdotto.

Vista da Washington

Biden ha assicurato nei giorni scorsi che sta lavorando a un piano attraverso la collaborazione con altri produttori, come il Qatar, per far fronte alle esigenze energetiche europee nel caso le esportazioni russe venissero meno. Ciò rafforza i sospetti di qualcuno a Mosca chel’obiettivo degli Stati Uniti sia sottrarre alla Russia il mercato europeo. Il presidente americano ha anche chiamato quello ucraino, Volodymyr Zelensky, per ribadire “la prontezza degli Stati Uniti con i suoi alleati e partner a rispondere risolutamente se la Russia invade ulteriormente l’Ucraina” e “l’impegno Usa verso la sovranità e l’integrità territoriale ucraina”. 

 La situazione sarà lunedì sul tavolo del Consiglio di sicurezza dell’Onu, convocato dagli Stati Uniti. “Non è il momento di aspettare e stare a vedere cosa succede. Ora è necessaria la piena attenzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, attendiamo con impazienza una discussione diretta e mirata”, ha detto l’ambasciatrice Usa all’Onu, Linda Thomas-Greenfield. Secondo il Pentagono, nelle ultime 24 ore si è registrato un nuovo incremento di forze combattenti schierate dai russi, ancora una volta, nella parte occidentale del loro Paese e in Bielorussia.

L’Europa alla canna del gas

Secondo gli ultimi dati Eurostat disponibili, nel 2019 l’Unione Europea importava il 41,1 per cento del suo gas naturale dalla Russia.

Se il governo russo decidesse come rappresaglia di interrompere le forniture di gas, in risposta a un duro scontro politico o addirittura militare con l’Europa, le conseguenze sarebbero quindi estremamente serie. Questo è un argomento spesso usato dai più scettici in Europa nei confronti di uno scontro con la Russia, che ha delle ragioni ma fino a un certo punto. Il sistema di scorte europeo è infatti piuttosto resiliente e, come ha scritto l’Economist, sarebbe in grado di sostenere un taglio alle forniture anche abbastanza prolungato. Ma la dipendenza dell’Europa dal gas russo è innegabile, e senza dubbio uno scontro sulle forniture energetiche causerebbe seri problemi.

L’Italia messa male

L’Italia, poi, è particolarmente dipendente dal gas russo.

Secondo i dati del ministero della Transizione ecologica, nel 2020 il 43,3 per cento del gas naturale importato dall’Italia proveniva dalla Russia, che è di gran lunga il primo fornitore di gas nel paese. Nelle forniture italiane hanno anche un grosso peso l’Algeria (22,8 per cento), la Norvegia e il Qatar (entrambi attorno al 10 per cento). Se la Russia decidesse di interrompere del tutto le forniture di gas, l’Italia perderebbe quasi la metà delle sue importazioni.

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Nel 2020, in Italia, il gas naturale corrispondeva al 31 per cento del totale dell’energia consumata nel paese. È quasi tutto gas importato: la produzione interna corrisponde a meno del 10 per cento del totale.

In Europa la situazione è più varia, ma la dipendenza dal gas russo è comunque notevole. Il grande paese più esposto è certamente la Germania, che importa dalla Russia circa la metà del suo gas, mentre in altri stati più piccoli, come l’Austria e la Slovacchia, la dipendenza è ancora maggiore.

Gli altri

La Francia è invece relativamente meno esposta, soprattutto grazie al suo ampio uso dell’energia nucleare.

L’Economist qualche giorno ha provato a raccogliere dati e analisi per cercare di capire cosa succederebbe se la Russia decidesse davvero di interrompere le sue forniture di gas per i prossimi tre mesi (con l’arrivo della primavera, la necessità di gas per scaldare gli edifici si riduce, e il suo valore come arma di ricatto si annulla). Il risultato è che, benché l’interruzione sarebbe un colpo duro sia per l’economia russa sia per quella europea, non sarebbe catastrofico per nessuna delle due.

Per Gazprom, la società di stato russa che gestisce l’estrazione e l’esportazione del gas naturale, interrompere le vendite di gas all’Europa significherebbe perdere tra i 203 e i 228 milioni di dollari al giorno: in tre mesi, le perdite ammonterebbero a 20 miliardi. È una somma enorme, che però sarebbe abbastanza facile da ripianare per la Russia, la cui banca centrale ha riserve per 600 miliardi di dollari.

Per Gazprom, tuttavia, interrompere le forniture costituirebbe anche un gravissimo problema di reputazione: anche a crisi terminata, diventerebbe molto più difficile stipulare nuovi contratti non soltanto con i paesi europei, ma anche con altri grossi paesi come la Cina, che potrebbero voler evitare di fare affari con un partner inaffidabile. Inoltre grandi e importanti progetti infrastrutturali, il gasdotto Nord Stream 2 potrebbero considerarsi cancellati se davvero la Russia decidesse di colpire l’Europa tagliando il gas: il business di Gazprom in Europa e non solo sarebbe compromesso, forse definitivamente.

Per l’Europa, invece, l’interruzione delle forniture di gas russo non significherebbe trovarsi senza elettricità e riscaldamento da domani. Tutti i paesi, anche l’Italia, hanno significative scorte di gas, che si sono ridotte negli ultimi tempi ma che potrebbero comunque consentire di sopperire alle mancate importazioni russe per qualche mese (tra i due e i quattro, a seconda delle stime e a seconda della rigidità dell’inverno).

Inoltre, l’Europa potrebbe attivarsi piuttosto rapidamente per cercare forniture alternative. Una delle più probabili è il cosiddetto GnL, cioè lo stesso prodotto compresso, raffreddato e reso liquido, che può essere trasportato via nave e non ha bisogno dei gasdotti. L’Europa ha un’ampia capacità largamente inutilizzata di rigassificatori (gli impianti che servono a riportare il Gnl allo stato gassoso per essere utilizzato come fonte energetica) che consentirebbero di ridurre in parte gli effetti del taglio delle forniture russe.

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La denuncia dell’Iea

Il capo dell’Agenzia Internazionale dell’Energia accusa la Russia di aver strozzato le forniture di gas all’Europa in un momento «di forti tensioni geopolitiche», lasciando intendere che Mosca ha creato una crisi energetica per fini politici. Secondo il Financial Times il turco Fatih Birol, direttore esecutivo dell’Iea, a nome dell’organizzazione da lui guidata ha lanciato pesanti accuse alla Russia che starebbe trattenendo almeno un terzo del gas che potrebbe inviare in Europa. «Crediamo che ci siano forti elementi di tensione nel mercato europeo del gas a causa del comportamento della Russia», ha detto Birol. «Vorrei far notare che i bassi flussi di gas russo verso l’Europa di oggi coincidono con l’aumento delle tensioni geopolitiche sull’Ucraina. La Russia potrebbe aumentare le consegne in Europa di almeno un terzo, questo è il messaggio chiave». I commenti di Birol arrivano mentre le famiglie europee si preparano a forti aumenti nelle loro bollette dopo che i prezzi all’ingrosso di gas ed elettricità sono saliti a livelli record. La Russia ha a lungo insistito sul fatto di aver adempiuto a tutti i suoi contratti di fornitura a lungo termine per l’Europa, ma è stata accusata da politici e analisti di trattenere le forniture dallo scorso anno, limitando le vendite spot che una volta erano facilmente disponibili.

Geopolitica energetica

Molto interessante è il quadro analitico fornito da Maurizio Ricci su La Repubblica.

Annota Ricci: “In Germania si va verso un aumento delle bollette del 60 per cento. In Italia, del 40 per cento. In Polonia, del 54 per cento. Punto uno: per questi aumenti possiamo ringraziare specificamente Vladimir Putin. Punto due: la scommessa di Putin è assai azzardata e potrebbe ritorcersi contro la Russia.

Sul punto uno, la condanna – netta e decisa – viene da Fatih Birol, il direttore generale della Iea, l’agenzia per l’energia dell’Ocse, quindi l’uomo che più da vicino a Occidente, dal punto di vista tecnico, segue il mercato dell’energia, gas compreso. Oggi, dice Birol, i depositi di metano della Ue sono pieni al 50 per cento, quando, normalmente, in gennaio sono al 70 per cento della capacità. Metà di quel 20 per cento che manca è il metano che, abitualmente, viene da Gazprom. In pratica, è tutto il metano che, di solito, il gigante russo tiene in Europa. Birol vuol dire che Putin ha stracciato i contratti di fornitura, regolarmente firmati con i paesi europei? Niente affatto.

I contratti di Gazprom vengono regolarmente onorati, ma molte compagnie europee non si procurano tutto il metano che poi vendono attraverso contratti di lunga durata. A seconda di come va la domanda, rimpolpano le proprie disponibilità, approvvigionandosi sul mercato (quello principale è a Rotterdam) settimana per settimana, secondo le richieste. E’ questo extra – che però fa parte del normale andamento del mercato e consente anche lauti profitti a chi ha gas da vendere: i prezzi attuali sono quattro volte quelli di un anno fa – che sta venendo a mancare. Birol calcola che, appunto su questo mercato spot, Gazprom ha ridotto le sue vendite del 25 per cento. In buona sostanza, mentre l’Europa si dibatte nella crisi del gas, Putin trattiene un terzo del metano che potrebbe fornire, rinunciando ad un cospicuo guadagno extra.

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Secondo gli analisti di Bruegel – un think tank di Bruxelles – a fine dicembre Gazprom esportava in Europa circa 8 miliardi di metri cubi a settimana, quando, negli anni precedenti arrivava anche fino a 20 miliardi. E’ dall’inizio dell’estate – proprio quando si è fatta più acuta la domanda delle compagnie europee per ripristinare i propri stoccaggi dopo la stagione invernale – che Putin sta razionando le forniture. Il gas che arriva attraverso il gasdotto che attraversa la Polonia è un ottavo del normale, ma è sopratutto sull’arteria che attraversa l’Ucraina (il gasdotto Yamal) che la fornitura è scesa alla metà dei livelli massimi. E’ solo sul Nordstream 1 (il gasdotto che attraversa il Baltico, in attesa di autorizzazione il raddoppio) che le forniture hanno un andamento normale.

E’ nella triangolazione Yamal (Ucraina) e Nordstream 1 e 2 (Baltico) che si spiega la strategia del Cremlino, ma la partita è molto complessa e chiama in causa i rapporti internazionali con Kiev, la Nato, Washington, Berlino e Bruxelles. La guerra del gas  – rimarca ancora Ricci è solo un corno della strategia che, sull’altro lato, vede ammassarsi le truppe russe ai confini con l’Ucraina , anche a costo di uno scontro diplomatico con la Casa Bianca.

Braccio di fero diplomatico

Erano passate poco più di 12 ore dalla consegna delle risposte americane e Nato alla richiesta di maggiori garanzie avanzata dalla Russia. . Risposte che avrebbero dovuto rappresentare un nuovo punto di partenza di un dialogo volto a una rapida de-escalation al confine tra la Federazione e l’Ucraina. Invece, nella mattinata di ieri  dall’esecutivo di Mosca è arrivata quella che è a tutti gli effetti una bocciatura: “Nato e Stati Uniti, nelle risposte trasmesse ieri sera a Mosca sulle garanzie di sicurezza, non hanno chiarito le preoccupazioni principali espresse dalla Russia”, ha dichiarato il ministro degli Esteri, Serghei Lavrov, aggiungendo che le risposte sono una base che “permette di avviare una conversazione seria, ma su argomenti secondari“, mentre “in questo documento non vi è alcuna reazione positiva sulla questione principale” che per noi è la “chiara inammissibilità di un’ulteriore espansione della Nato a est e del dispiegamento di armi d’attacco che potrebbero minacciare il territorio della Federazione Russa”. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha poi precisato che le risposte sono state lette personalmente dal presidente Vladimir Putin: “Noi, lo ripeto ancora una volta, non ci affretteremo nelle valutazioni, ci vuole tempo per analizzare e, alla fine, perché il nostro presidente formuli la posizione appropriata”. Ma ha confermato i dubbi espressi da Lavrov.

Parole che non sono piaciute a Washington che evidentemente si aspettava maggior apertura da parte di Mosca. 

Lo scontro continua, mentre l’Europa rischia di finire alla canna del gas. 

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